Il tempo è fatto di attimi: l’incontrastata classe della divina Ute Lemper ha conquistato il cuore dei baresi nella tappa del tour mondiale “Time traveler”

Si possono festeggiare i propri 60 anni ed i 45 anni di carriera e di successi in giro per i teatri del mondo cantando, recitando e ballando come se se ne avessero molti di meno? La divina Ute Lemper ce ne ha dato una tangibile dimostrazione al Teatro Piccinni di Bari ove, in esclusiva regionale, ha ripercorso con il suo amato pubblico un viaggio nel tempo rivivendo i momenti artisticamente più salienti con un’energia assolutamente invidiabile, amplificata dalla sua presenza scenica ricca di vibrante comunicativa.

La stagione teatrale “Altri Mondi”, organizzata dal Comune di Bari – assessorato alla Culture in collaborazione con Puglia Culture ha accolto – fuori abbonamento – una delle tappe del tour “Time Traveler”, un progetto che ruota attorno al motto coniato dall’artista tedesca “Forever is made of moments”, il sempre è fatto di attimi. Ed è facile pensare che gli attimi cui l’artista si riferisca non sono che i palchi e le città in cui, da Weimer, Londra, Parigi, Berlino, New York e Buenos Aires (solo per citarne qualcuna) hanno preso forma frammenti di vita quasi a comporne un inusuale puzzle composto da ricordi bellissimi (“la memoria è come un filtro e, spesso, solo così dei momenti diventano ricordi bellissimi”).

Ute Gertrud Lemper, tedesca classe 1963, si forma come attrice tedesca prendendo parte a numerosi musicals entrati di diritto nella memoria collettiva di classici intramontabili legati al Broadway Theatre ed Hollywood quali Cats, Chicago, Cabaret ( e non solo) grazie ai quali si è fatta rapire dalla musica jazz e dalle improvvisazioni di scat (tecnica vocale che consiste nell’imitare il fraseggio strumentale) cui si è di poi dedicata con successo.

Sul palco l’elegante repertorio si snoda con il prezioso apporto musicale di Vana Gierig, al pianoforte, Giuseppe Bassi al contrabbasso e Mimmo Campanale alla batteria che con grandi e riconosciute doti incorniciano un recital senza tempo in cui la voce “di miele”, dall’accento tedesco che risente del vissuto oltre oceano della Lemper, si mostra in una veste assolutamente raffinata .

E’ il testo sul leggio, recitato con misurata enfasi, a segnare il passo della serata, ed a consegnarci stati d’animo, idee, episodi che hanno ispirato e segnato la vita della poliedrica artista. Le parole, scelte con cura e declinate in un perfetto italiano (che perde solo un po’ della sua musicalità per effetto della pronuncia alla tedesca) dispiegano un’azione introspettiva toccante perché oltre a mostrarci la bellezza, la varietà e la ricchezza di esperienze vissute e maturate su palchi prestigiosi, ci restituiscono anche il lato oscuro della medaglia, quello fatto di paure legate alla politica del paese di origine, al confronto con culture diametralmente opposte ad esso con sui si è dovuta costantemente misurare, allo spirito di adattamento ed alla crescita ed all’educazione dei suoi quattro figli.

Ed il rewind di questi 60 anni (più uno, in realtà), tra luci soffuse d’effetto e l’apporto musicale impeccabile, ci riserva tessere con le quali la carismatica Lemper – di nero vestita ed una chioma composta color oro – viene avviato invidiabilmente ora in inglese, ora in tedesco, ora in francese ed anche in spagnolo. Il ché ci rende inevitabilmente la cifra della sua carriera e della sua maturità artistica.

La scaletta musicale è stata costruita su brani composti da Weill, Piazzolla, Brel, Gershwin, Waits ed Albertstein e tanti altri dei quali sono meno noti i nomi degli autori ma celeberrime le musiche. “As times goes by”, è una di quelle il cui testo fu scritto per un musical nel 1931 da Herman Hupfe ma la cui fama giunse anni dopo, nel 1942, con il film Casablanca; la melodia è legata in particolare alla famosa scena in cui Ingrid Bergman chiede al pianista Sam di suonarla. Chi non ricorda, infatti, il ritornello “You must remeber this, a kiss is just a kiss.” che, nello splendido timbro della Lemper ci ha fatto riprovare le stesse emozioni legate ad uno dei capolavori della cinematografia.

I racconti si fanno più emozionanti allorquando è a Marlene Dietrich (cui spesso viene paragonata per le evidenti somiglianze non solo somatiche) che dedica il suo più accorato ricordo di venticinquenne, ed in particolare alla telefonata che ricevette dalla divina nel 1987 (che al tempo ne aveva 87) durante il suo soggiorno parigino. Ci narra che la chiacchierata, dai toni malinconici e che destò in lei una grande sorpresa e commozione, ebbe la durata di tre ore durante le quali la Dietrich le affidò il compito morale di continuare la sua “missione” (di combattere in nazismo) ma di stare attenta a non commettere i suoi stessi errori. L’evento la colpì tanto da dedicarle un album di cover nel 1992 che dedicò anche ad un’altra divina, Edith Piaf.

Ma la serata, oltre ad altri celebri pezzi come, tra gli altri, “All that jazz” – tratto dal musical Chicago e noto cinematograficamente per il film autobiografico del regista coreografo Bob Fosse, passando per una versione intima, quasi sussurrata di “Just a gigolò – di Louis Prima – e di “Ne me quitte pas” di Jacques Brel, o “La vie en rose” della più grande cantautrice in assoluto ed interprete della chanson francese, EdithPiaf, si arricchisce, e non poco, di brani che compongono l’album che dà il nome al tour (e viceversa) dei quali non sapremmo eleggerne uno migliore dell’altro poiché ispirati a testi di Neruda, Coelho e Bukowski.

E con “Blowing in the wind” la serata volge nostalgicamente al termine (“Sometimes music and dreams are more beautiful than reality”) non prima di congedarci definitivamente dalla Lemper – ma anche da Mimmo Campanale, Giuseppe Bassi e Vana Gerig che hanno “prestato” all’artista la loro arte valorizzandone la performance – con un acclamatissimo bis che catapulta noi tutti nelle emozioni più disparate che solo un testo ed una musica come quella di “Caruso” è in grado di generare, anche con gli accenti della nostra interprete, e che accogliamo come un omaggio alla nostra unica capacità di accoglienza.

Gemma Viti

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