“L’Uomo Calamita” ci ri-guarda: lo spettacolo del supereroe assurdo che combatte l’assurdità della guerra ha fatto tappa a Ruvo di Puglia

C’è a Gaza un gruppo di circensi che cerca di distrarre i bambini dalle bombe, si chiama Free Gaza Circus e offre spettacoli gratuiti e supporto psicologico ai più piccoli, bambini nati tra le macerie delle guerre. C’è in Italia una compagnia di teatro-circo che si chiama Circo El Grito che ha portato a Ruvo di Puglia, grazie alla compagnia La luna nel letto, lo spettacolo L’uomo calamita ispirato alle gesta della brigata partigiana I Leoni di Breda Solini formata unicamente da sinti italiani fuggiti dal campo di concentramento di Prignano sul Secchia, in provincia di Modena, dove erano stati rinchiusi nel settembre del 1940. Il fascismo, infatti, ancor prima delle leggi razziali, iniziò a legiferare contro gli spettacoli girovaghi delle etnie sinti e rom, con le leggi razziali e l’entrata in guerra ordinò di rastrellare e concentrare tutti i circensi e dal giugno del ’40 proibì i circhi. Così i circensi della brigata di giorno svolgevano spettacoli di strada, di notte compivano azioni di sabotaggio contro i nazifascisti.

Siamo alla replica numero 124 di questo spettacolo nato nel 2013 da Giacomo Costantini e Wu Ming2, messo in scena nella sua forma iniziale nel 2017 con la volontà di “leggere un libro sotto uno chapiteau” ovvero di unire le strutture narrative proprie della letteratura ad uno spettacolo circense, di far “evadere un testo letterario dai luoghi bellissimi della letteratura”. Sulla scena spoglia di artifici scenografici tre uomini: il narratore, l’Uomo Calamita, il musicista; rispettivamente Wu Ming2, Giacomo Costantini e Fabrizio “Cirro” Baioni che ha composto e suonato dal vivo tutte le musiche con il suo set di batteria, trigger, drum machine e laptop. Mentre il reading di Wu Ming2 e i numeri dell’Uomo Calamita si adattano alle musiche e alle metriche dei brani, lo spettacolo va avanti per quasi un’ora e mezza in cui il pubblico resta senza fiato, in un crescendo di acrobazie sempre più rischiose, mentre il cantastorie racconta degli abitanti di Corniolo (un posto forse mai esistito) e della compagnia di circensi che, depredati dei loro diritti, si uniscono alla resistenza partigiana in Emilia.

L’Uomo Calamita è oggettivamente uno spettacolo che tiene lo spettatore sul filo di lana della meraviglia e dell’ansia, durante lo spettacolo si percepisce chiaramente il cambio di intensità e velocità degli applausi: all’inizio forti e pieni diventano sempre più nervosi e leggeri via via che l’Uomo Calamita si dondola su una sedia a cinque metri d’altezza o schiaccia la mano senza sapere se si infilzerà con un bel coltellaccio o, infine, rimane per quattro minuti sott’acqua a testa in giù ammanettato e immerso in una vasca ben chiusa da un lucchetto.

Ma c’è una domanda che mi sono fatta per tutta la durata dello spettacolo “com’è possibile che non tratteniamo il fiato quando guardiamo le torture, vere, delle guerre che ci circondano?” Se c’è una riflessione che questo spettacolo ha piantato in me è proprio questa, questo assurdo cortocircuito per cui gli intestini si svuotano temendo che un acrobata si sfracelli al suolo ma riusciamo tranquillamente a pranzare mentre ci dicono che nella striscia di Gaza sono morti più di 16.000 bambini fino ad agosto del 2024, più di 10.000 donne e che, secondo una studio di Lancet, dal 7 ottobre 2023 fino al 30 giugno 2024 i morti sono stati tra i 55.298 e i 78.525 …ma per noi sono solo numeri, non hanno occhi, carne, ossa, fegato, polmoni, cuore, mani, braccia, piedi, non sono qui davanti a noi, non ci guardano, non ci riguardano.

Gli spettacoli come questo non devono allontanarci dalla realtà, al contrario hanno l’obiettivo di “non dimenticare”, che non significa semplicemente ricordarci che siamo stati un paese al soldo del nazifascismo, non significa solo complimentarci con la nostra storia, festeggiare il 25 aprile, amare i partigiani e pensare che è tutto passato, significa invece inciampare ancora nei molteplici errori della nostra storia patria, sapere che in questi tempi di nazionalismi e respingimenti è molto facile cadere – di nuovo – nell’isolazionismo culturale e nell’indifferenza verso l’altro, verso chi non è come noi, noi che non abbiamo nessun merito per esser capitati dalla parte giusta della storia. Gli spettacoli come questo dovrebbero ricordarci che in mille altri posti del mondo ci sono persone torturate sul serio, acrobati che non riescono a stare in equilibrio sotto i calci e le deprivazioni, ci sono storie di resistenza contro regimi autoritari, ci sono figli rimasti senza genitori, genitori rimasti senza figli.

Mentre scrivo gli sfollati della striscia stanno tornando alle loro “case” cioè tra le macerie, gli acrobati del Free Gaza Circus provano ancora a danzare sotto la miseria umana, come l’Uomo Calamita che, anche senza tendone, anche ferito, riesce a fare magie.

Circo El Grito nasce a Bruxelles nel 2007 dall’incontro tra l’acrobata aerea uruguaiana Fabiana Ruiz Diaz e l’artista multidisciplinare italiano Giacomo Costantini. Considerati tra i pionieri del circo contemporaneo in Italia, la compagnia presenta spettacoli che si muovono al confine fra circo, danza, musica, teatro e letteratura. Dalla Biennale Internazionale del Circo di Bruxelles all’Auditorium Parco della Musica di Roma, El Grito ha diffuso i propri spettacoli in tutta Europa declinando il circo contemporaneo nei suoi tre luoghi simbolo: la strada, il teatro, lo chapiteau.

Giacomo Costantini: insieme a Fabiana Ruiz è considerato dalla stampa uno dei pionieri del circo contemporaneo in Italia. È un circense che sul finire degli anni ’90 inizia una ricerca sulla sintesi tra diversi ambiti artistici che lo porterà a occuparsi di drammaturgia circense contemporanea e quindi a firmare diverse regie di circo e di opera lirica. Filosofo appassionato di fisica teorica, ha studiato e applicato al circo la Teoria dei Sistemi Complessi Articolari Chiusi del Prof. Brunelli.

Wu Ming 2: Docente di “Teorie pratica della narrazione” presso l’Università di Urbino e l’Università di Bologna, ha scritto insieme al collettivo Wu Ming: Q, Altai, L’Armata dei Sonnambuli, Proletkult e svariati altri romanzi editi da Einaudi e tradotti in oltre 10 lingue. Collabora con Circo El Grito dal 2015 allo studio del rapporto tra circo e letteratura.

Cirro: è il progetto musicale solista ideato da Fabrizio Baioni che, per l’occasione, ha riarrangiato i pezzi dell’album Sequoya Teeth”. Baioni è batterista e autore dei Drunken Butterfly, Leda, Bushi, Spirale, Bruxa. Ha suonato per Il Teatro degli Orrori, Marina Rei, Serena Abrami.

Simona Irene Simone

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