
Della partita di sabato si può salvare solo il risultato: un pareggio immeritato, ma prezioso. Il Bari, infatti, avrebbe meritato di perdere, non tanto perché la Cremonese abbia dominato in modo schiacciante, ma perché ha saputo imporsi nel gioco, gestendo il possesso con sicurezza e intelligenza tattica. Ha mostrato “codici di geometrie esistenziali”, per dirla con Battiato, mentre il Bari ha faticato a leggere la partita, impantanato in una manovra lenta e prevedibile, senza idee e senza grinta. Il centrocampo, pur con i rientri di Benali e Maita, è apparso confuso e spaesato, incapace di arginare la fluidità della manovra lombarda.
Le responsabilità di Longo sono chiare: mandare in campo giocatori fuori condizione come Lasagna e Pereiro è stato un errore tecnico evidente. Il Bari ha giocato praticamente in nove per tutto il primo tempo, con un attacco sterile e un centrocampo senza mordente. Bellomo, il migliore in campo, è stato l’unico a tentare qualche soluzione dalla distanza, ma è stato sostituito in modo incomprensibile. Se poi aggiungiamo l’infortunio di Vicari, apparso non solo fisicamente in ritardo ma anche mentalmente fragile, il quadro si complica ulteriormente. È lecito domandarsi cosa stia facendo lo staff medico: possibile che non si riesca a valutare con precisione la condizione di un giocatore prima di mandarlo in campo? Vicari è sembrato spaesato, demotivato, quasi rassegnato. C’è un problema fisico non ancora risolto o una fragilità psicologica?
Scelte sbagliate e giocatori non all’altezza
Il primo tempo è stato un monologo della Cremonese, che ha sfiorato il gol almeno tre volte. Il Bari, al contrario, è rimasto passivo, subendo il gioco senza trovare soluzioni. Anche i due trequartisti, Bellomo e Pereiro, hanno faticato a incidere. Bellomo ci ha provato con due tiri dalla distanza, pericolosi ma velleitari: se uno fosse entrato, sarebbe stato il classico “gol della domenica”, più frutto del caso che di una reale costruzione offensiva. Pereiro, invece, è stato un fantasma in campo, incapace di trovare la posizione e di rendersi utile alla manovra. L’ex Cagliari e Genoa, arrivato a gennaio come possibile rinforzo, si sta rivelando un acquisto inutile, ancora troppo indietro nella condizione fisica per dare un contributo concreto.
E qui arriva un problema ben più grande: il mercato invernale. Lo sostengo da sempre, e questa partita lo ha confermato. Il mercato di gennaio raramente cambia il destino di una squadra. A pochi mesi dalla fine della stagione, servono giocatori pronti, non elementi da rimettere in forma. Bonfanti, Pereiro e Maggiore sono la prova lampante di un mercato fallimentare: tutti e tre ancora arrugginiti, fuori ritmo, lontani da una condizione accettabile. Quando entreranno in forma? A fine marzo? E a cosa serviranno allora, con il campionato ormai alle battute finali? Il mercato si fa a luglio, non a gennaio.
E poi c’è Favasuli, un altro nodo dolente. Continuo a pensare che sia stato un clamoroso abbaglio estivo. Due anni fa giocò la partita della vita contro la Ternana nei playout, e quell’exploit fu scambiato per una costante. Ma la realtà è un’altra: il giocatore non è da Serie B. Ci mette impegno, questo va riconosciuto, ma non basta. Non ha la qualità per essere un titolare in questa squadra, e le sue prestazioni lo dimostrano.
L’errore di Radunovic e il pareggio fortunoso
Nel secondo tempo, Longo ha finalmente capito che la squadra così non poteva reggere e ha inserito Bonfanti e Lella. Il Bari ha alzato il baricentro, riuscendo a portare il gioco nella metà campo cremonese, ma senza creare particolari pericoli. La Cremonese ha arretrato, ma non ha mai dato l’impressione di essere in difficoltà. Benali ha provato a sorprendere Fulignati con un tiro ben piazzato, ma il portiere lombardo ha salvato in corner.
Poi, puntualmente, è arrivato l’ennesimo errore di Radunovic. Un altro regalo avversario, il quarto in pochi mesi. Un retropassaggio gestito malissimo, un pallone consegnato sui piedi di Johnsen, che ha crossato per Valoti, il quale ha segnato con una mezza acrobazia. Ormai è una costante. Radunovic è un ottimo portiere tra i pali, ma ha limiti evidenti con i piedi, e nel calcio moderno questo è un problema enorme. Non si tratta di chiedere a un portiere di fare giocate spettacolari, ma semplicemente di non commettere errori evitabili. Un rinvio lungo e preciso sarebbe bastato, ma evidentemente il portiere serbo non ha ancora compreso l’importanza di certe scelte. A questo punto, è doveroso valutare l’alternativa Pissardo. Un turno di riposo potrebbe far riflettere Radunovic e permettergli di lavorare con i preparatori per migliorare questo fondamentale.
Nel finale, però, è arrivato un episodio fortunato: Dorval, con un cross insidioso dalla sinistra, ha messo in difficoltà Bianchetti, che ha clamorosamente spinto il pallone nella propria rete, regalando il pareggio al Bari. Un pareggio che, viste le circostanze, vale come una vittoria.
Razzismo nel calcio: la vergogna continua
L’episodio che ha coinvolto Dorval è inaccettabile. Vazquez, secondo Longo, gli avrebbe rivolto l’insulto “negro di m…”, facendo scoppiare in lacrime il giocatore franco-algerino. È un episodio che non può passare sotto silenzio.
Quante volte ci siamo indignati per episodi simili? Quante volte abbiamo sentito parlare di tolleranza zero, per poi vedere sanzioni ridicole come una multa o una squalifica di poche giornate? Il razzismo nel calcio continua a essere trattato come un problema marginale, quando invece è una piaga profonda.
Pensiamo a Kunta Kinte, il protagonista di *Radici*, la cui unica colpa era voler mantenere la propria identità, e per questo fu umiliato e picchiato. Pensiamo a Nelson Mandela, che ha lottato per tutta la vita contro la segregazione, dimostrando che il vero coraggio non sta nella vendetta, ma nella costruzione di una società più giusta.
Nel 2025, ci ritroviamo ancora a discutere di insulti razzisti per giunta in campo, non provenienti da idioti imbecilli razzisti sugli spalti. Quanto ancora dovremo accettare che un calciatore venga umiliato per il colore della sua pelle? Se vogliamo davvero sradicare il razzismo dal calcio, servono provvedimenti drastici: la revoca del contratto per chi si macchia di questi comportamenti, l’esclusione dai campionati. Se un club perde un giocatore per motivi simili, forse inizierà a prendere seriamente la questione. E l’individuazione dei tifosi resisi autori dei misfatti e portati in galera per 5 anni con il portafoglio e l’eventuale, misero o corposo, conto in banca svuotato: vediamo, lo faranno un’altra volta?
Altrimenti, tutto resterà come sempre: qualche dichiarazione di condanna, una squalifica ridicola, e poi avanti fino al prossimo insulto.
Massimo Longo