La settimana sportiva: l’analisi di Sassuolo – Bari

Che il Bari partisse sfavorito non era certo una novità. Troppo forte il Sassuolo, troppo netta la differenza di organico tra le due squadre. Ma è proprio questa disparità a rendere ancora più significativo il punto conquistato dai biancorossi al “Mapei Stadium” di Reggio Emilia. Un pareggio che rappresenta un piccolo trionfo, soprattutto alla luce delle difficoltà strutturali che attanagliano il Bari, costretto a navigare in un campionato in cui la multiproprietà ne vincola le ambizioni.

Il Bari ha disputato un primo tempo quasi perfetto, mostrando ordine, aggressività e concentrazione. Il Sassuolo, abituato a dettare il ritmo, si è trovato spiazzato dalla compattezza degli uomini di Longo, che hanno saputo anche pungere in avanti. Il vantaggio biancorosso non ha sorpreso più di tanto: dopo diverse occasioni sfiorate, il gol di Lasagna ha premiato la buona prova degli ospiti. Il mantovano ha spezzato un digiuno di 105 giorni, una liberazione più che una semplice marcatura.

Ma oltre alla cronaca della partita, c’è un altro livello di lettura: il confronto tra due realtà profondamente diverse. Da un lato, il Sassuolo, simbolo di una gestione aziendale lungimirante, con una società solida alle spalle e un modello di calcio costruito con razionalità e investimenti mirati. Dall’altro, il Bari, che porta con sé una storia calcistica importante, ma è spesso frenato da limiti economici e vincoli societari. Per molti tifosi è difficile accettare che un club di una città come Bari, con il suo seguito e la sua tradizione, debba subire il dominio di una realtà calcistica come Sassuolo, che fino a pochi decenni fa non aveva alcun blasone.

Nel secondo tempo, però, il copione è cambiato. Il Bari ha progressivamente perso campo, lasciando spazio a un Sassuolo sempre più pressante. E quando i cambi hanno iniziato a pesare, la differenza tra le due squadre è emersa in modo evidente. Grosso ha potuto inserire Mulattieri, Verdi, Volpato e Pierini, giocatori che potrebbero tranquillamente militare in Serie A. Longo, invece, ha dovuto affidarsi a Saco e Tripaldelli, con esiti tutt’altro che positivi. Il Sassuolo ha alzato il ritmo, ha trovato il pareggio e ha anche sfiorato la vittoria in un finale in cui Radunovic ha dovuto sfoderare un intervento decisivo.

Alla vigilia, un punto in casa della capolista sarebbe stato accolto con soddisfazione. Ma il modo in cui è maturato lascia qualche rammarico. Il Bari ha dimostrato di potersela giocare, ma ancora una volta ha mancato il colpo del ko. Nel calcio moderno, le partite si decidono spesso negli ultimi venti minuti, ma soprattutto nei cambi del secondo tempo, e qui il divario tra le due squadre si è rivelato incolmabile. “Ciò che ci manca ci tormenta più di ciò che possediamo ci soddisfi”, scriveva Schopenhauer, e il Bari lo ha sperimentato sulla propria pelle: i titolari sono all’altezza della situazione, ma la panchina non offre soluzioni adeguate.

La statistica è impietosa: nel secondo tempo, il Bari non ha mai tirato in porta. Ha gestito il possesso, ma senza cattiveria, senza l’idea di poter raddoppiare. Un limite evidente, che si ripresenta con costanza in questa stagione. E così, al di là del valore dell’avversario, la rimonta subita rientra in un copione già visto. “Non si deve mai interrompere il nemico quando sta facendo un errore”, ammoniva Napoleone, e Grosso ha sfruttato al meglio le incertezze biancorosse.

La gestione dei cambi è un problema cronico di questa stagione. Se il Sassuolo ha potuto attingere a una panchina ricca di talenti, il Bari si è trovato ancora una volta a dover sostituire giocatori fondamentali con alternative non all’altezza. L’ingresso di Saco, ammonito dopo appena sette secondi, e di Tripaldelli, che non ha inciso, ha abbassato il livello della squadra. Anche Novakovich, insieme a Falletti, sono stati inconsistenti, lasciando la sensazione di un due uomini in meno in attacco. Per arrivare quarti o quinti in classifica serve un organico di venti giocatori forti, ma il Bari non ce l’ha e pertanto speriamo in qualche santo taumaturgico se arriva tra il settimo e l’ottavo posto.

Nonostante tutto, il risultato rimane positivo. Il Sassuolo non è riuscito a imporsi, il Bari ha dato prova di compattezza e organizzazione. E, per quanto il secondo tempo abbia mostrato il “lato oscuro della luna” biancorossa, per dirla alla Pink Floyd, la prestazione generale lascia intravedere segnali incoraggianti in ottica playoff.

C’è però un’altra riflessione da fare. Esattamente 16 anni fa, l’8 marzo 2009, il Bari espugnava il “Braglia” di Modena, allora casa provvisoria del Sassuolo, con un gol splendido di De Vezze. Quel Bari aveva meno talento di oggi, ma forse più determinazione. E proprio qui si annida il nodo cruciale della stagione: la squadra di Longo ha i mezzi per competere, ma spesso manca della spinta decisiva per chiudere le partite. Il rischio è quello di ripetere l’errore di tante altre stagioni: giocare bene, ma non ottenere i risultati necessari per il salto di qualità.

Come scriveva Pirandello, “la vita o si vive o si scrive”. Il Bari domenica ha provato a vivere la partita, ma nel finale si è limitato a raccontarla, lasciando che fosse l’avversario a scrivere l’ultimo capitolo. Un punto guadagnato? Sì. Ma anche due persi, se si pensa a ciò che poteva essere e non è stato. Un punto che, tuttavia, può valere tanto, soprattutto se servirà a dare maggiore consapevolezza per le prossime sfide decisive.

Massimo Longo

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