
“Ogni menzogna cadrà per il suo proprio peso e rimarrà soltanto ciò che l’amore toccò con la sua lingua.” (César Brie)
Un cantiere abbandonato a Villagrazia, il luogo dal quale partì Paolo Borsellino per andare incontro alla morte. Questa l’ambientazione inconsueta de Nel tempo che ci resta – Elegia per Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, testo e regia di César Brie, prodotto da Campo Teatrale / Teatro dell’elfo e che andrà in scena domenica 30 marzo alle ore 19.00 nel Nuovo Teatro Comunale di Ruvo di Puglia nell’ambito della stagione 2024/2025, realizzata in collaborazione e con il sostegno del Comune di Ruvo di Puglia, che chiude il triennio dal titolo “Lo stato dell’Arte”. Uno spettacolo che rientra nell’ambito delle celebrazioni della Giornata nazionale della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti di mafia, alle quali l’intera comunità di Ruvo di Puglia aderisce ogni anno con numerosi appuntamenti di condivisione e di riflessione sul tema.
Uno spettacolo di 90 minuti attraverso il quale il grande drammaturgo argentino di fama mondiale ricorda i due magistrati vittime delle stragi di mafia del maggio e del luglio del 1992: una elegia dedicata a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino, al loro privato e la loro umanità che continuano ad emozionare; al loro esempio e alla loro onestà che continuano ad illuminare e sostenere chi dopo più di 30 anni ancora chiede verità e giustizia.
All’interno del cantiere di Villagrazia, un uomo fa rotolare per terra delle arance. Tra le lamiere appaiono quattro figure che il profumo delle arance ha tolto dalle ombre. Si chiedono dove sono, quale è la terra in cui si trovano. Si riconoscono. Sono le anime di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e Agnese Piraino Leto. L’uomo che ha lanciato le arance si presenta: è Tommaso Buscetta, il pentito di mafia. Le anime delle due coppie e del pentito si raccontano in questo cantiere abbandonato. Ricordano, denunciano, si interrogano, in un amaro viaggio attraverso quello che è successo prima e dopo la loro morte. La lotta alla mafia, le vittime, i tradimenti, i pensieri, le vicende personali e pubbliche; la trattativa l’isolamento, le menzogne, il senso di dovere e l’amore si intrecciano in questa ricostruzione di ciò che è accaduto e di ciò che continuerà ad accadere.
I personaggi di quest’opera sono cinque e sono tutti morti. Agnese, la moglie di Paolo, è stata l’ultima ad andarsene. Per vent’anni aveva cercato inutilmente la verità. Prima di lei se n’era andato il pentito che aveva fornito le chiavi a Giovanni e Paolo per capire la mafia dall’interno. Dieci anni prima della sua uscita di scena, nell’arco di due mesi, in quella sciagurata estate del ‘92, erano stati uccisi Giovanni e Francesca e poi Paolo. Si ritrovano da morti, in un cantiere abbandonato, tra resti di macerie e lo sfondo del mare, per raccontarsi e raccontarci cosa è successo prima e cosa è accaduto dopo. I morti non serbano rancore, ricordano con precisione, intrecciano fatti, accadimenti, segnali, indizi. Avevano visto e previsto tutto, anche la cattiveria e il tradimento.
Lo spettacolo è frutto di una ricerca di più di due anni sulle figure di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Tommaso Buscetta. Dalle loro biografie emerge la storia della mafia siciliana dal dopoguerra fino agli anni ’90 e la denuncia dell’intreccio tra criminalità organizzata, affari, politica, servizi segreti deviati. Allontanandosi dall’idea di creare un documentario teatrale, lo spettacolo si presenta piuttosto come un’elegia, un atto d’amore e di gratitudine nei confronti di chi ha dedicato e oggi continua a dedicare la sua vita alla collettività e a una concreta testimonianza di coerenza, etica e giustizia. Il racconto della tragedia che ha segnato le vite dei due magistrati e delle loro famiglie non dimentica, nello spettacolo, i momenti di luce, di gioia, di ironia: l’amore di Giovanni e Francesca, di Paolo ed Agnese; gli scherzi tra i due amici; la serenità della loro infanzia.
“Abbiamo fatto una lunga ricerca iniziata durante un seminario – spiega César Brie – Cercavamo immagini su alcuni temi quali: tradimento, inganno, omertà, mafia, giustizia. Nei seminari non parlavamo direttamente dell’argomento mafia. Volevamo agire in modo libero senza immergerci subito negli stereotipi e nei cliché che accompagnano l’immaginario legato alla mafia. Il lavoro di ricerca è proseguito con un gruppo più ristretto: cinque attori e alcuni aiutanti, lavorando sempre alla creazione di immagini e investigando sugli oggetti. Lamiere, panche, grandi pezzi di legno, corde elastiche, arance, camice, cravatte, bidoni vuoti, dei tanti, questi gli oggetti rimasti per il montaggio delle scene. Abbiamo lavorato anche su proiezioni di diverso genere, su diversi materiali e in diversi momenti. Abbiamo scartato la maggior parte del materiale prodotto. Nel frattempo abbiamo studiato la storia di Falcone, Borsellino e Buscetta, la storia del depistaggio, la storia della mafia e abbiamo ridotto il campo alle cose che ci sembravano essenziali. Abbiamo letto e guardato testimonianze video fino a bruciarci gli occhi. Poi abbiamo scritto il testo, operazione difficile poiché non potevamo inventare fatti e dovevamo allo stesso tempo trovare un linguaggio che illuminasse questa storia da un angolo diverso. Il nostro scopo – prosegue il regista – non è fare un documento ma costruire un fatto artistico dove verità, poesia, rigore e indagine possano unirsi. Questo spettacolo, dunque, non è la biografia di Falcone e Borsellino ma un omaggio, un monumento a questi due uomini e a questo ex uomo d’onore che li accompagna, li ama, e che come noi viene sedotto dalla loro caparbietà, intelligenza, onestà e purezza”.
César Brie nasce a Buenos Aires, Argentina. Arriva in Italia a 18 anni con la Comuna Baires, gruppo teatrale di cui è cofondatore, recitando in più produzioni, dirette da Renzo Casali e Liliana Duca. Con questo gruppo ha cominciato a sviluppare un’arte apolide, a stretto contatto con le molte realtà incontrate in una vita passata per scelta in esilio. Dopo il 1975 crea a Milano il Collettivo teatrale Tupac Amaru, tra gli spettacoli prodotti A Rincorrere il Sole, Ehi, in collaborazione con Danio Manfredini e E tentavano infine di scappare. Dal 1981 al 1990 lavora insieme a Iben Nagel Rasmussen nel Gruppo Farfa e poi nel Odin Teatret nelle vesti di autore, regista e attore. Tre, tra i titoli di questi anni: Matrimonio con Dio e Talabot con la regia di Eugenio Barba e Il Paese di nod, regia e drammaturgia di César Brie. Poi da solo Il Mare in Tasca, Torneranno i miei figli e con Naira Gonzalez Romeo e Giulietta. A seguito di queste esperienze nel 1991, fonda in Bolivia il Teatro de Los Andes col quale crea spettacoli che partono dalla storia o dai classici, ma calati profondamente nell’attualità: una serie di lavori esemplari destinati a girare il mondo (Ubu in Bolivia, Solo gli ingenui muoiono d’amore, I Sandali del Tempo, Dentro un sole giallo, Fagile, Otra vez Marcelo… l’Iliade, L Odisea). Su L’Iliade hanno scritto “Ci sono spettacoli – pochi, imprevedibili – che incantano e s’imprimono nella memoria come un’esperienza irripetibile. Gli spettatori se li raccontano a distanza di anni alimentandone il mito. L’Iliade del Teatro de Los Andes è uno di questi (….). Presentato in mezzo mondo, ha ovunque trascinato pubblico e critica in un consenso unanime, facendo gridare al capolavoro. Quasi duecento repliche in due anni. Tutti i temi del teatro di Brie sembrano fondersi qui in una profonda riflessione sulla violenza e sul tempo, nel tentativo di rivedere la tragedia antica alla luce della propria storia”. (Fernando Marchiori). César Brie partecipa anche ad altre produzioni, come autore o regista: Il cielo degli altri, realizzato in Italia con gli attori del Teatro Setaccio; Zio Vanja di Anton Cechov, di cui cura la regia insieme a Isadora Angelini; Todos los ausentes, realizzato a Santiago del Cile con l’attore Hector Noguera del Teatro Camino; scrive I clienti, con la regia di Giancarlo Gentilucci per Arti e Spettacolo. Dal 2010 in Italia crea Albero senza Ombra e 120 chili di jazz, Karamazov, Il Vecchio Principe, La Mite, Viva l’Italia, L’avvoltoio. Campo Teatrale produce alcune delle sue ultime regie: Indolore, La volontà e Prima della bomba.
Nel tempo che ci resta – Elegia per Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Una produzione Campo Teatrale / Teatro dell’elfo
Testo e regia César Brie
Con César Brie, Marco Colombo Bolla, Elena D’Agnolo, Rossella Guidotti, Donato Nubile
Assistenti alla regia Adele Di Bella e Francesco Severgnini
Scene a cura della Compagnia TAPPETO Giancarlo Gentilucci
Assistente scene e costumi Camilla Gaetani
Luci Stefano Colonna
Musiche Paolo Brie | Variazioni su temi di Verdi arrangiamenti musicali Matias Wilson
Foto Laila Pozzo
Si ringrazia per i costumi Teatro dell’elfo
Info, biglietti e abbonamenti
Botteghino del Nuovo Teatro Comunale di Ruvo di Puglia, dal martedì al giovedì dalle 17 alle 20, o prima di ogni spettacolo. Tel. 080.3603114