
Quella contro la Carrarese è una sconfitta pesante, che lascia il segno e ribadisce, se mai ce ne fosse stato bisogno, i limiti strutturali di questo Bari. Ancora una volta, è stato evidente: quando si insiste nel proporre i trequartisti, la squadra gioca in costante inferiorità numerica.
Il 3-4-2-1 è uno schema che non regge, inadatto agli uomini di Longo perché i sedicenti trequartisti non danno il valore aggiunto, né danno l’idea di giocare di fantasia. Continuare a riproporlo significa accanirsi contro il buon senso, ostinarsi in un errore già ampiamente dimostrato. E come ammoniva Seneca, “perseverare nell’errore non è segno di costanza, ma di ostinazione”. Basta con le scuse.
Le scelte tecniche e di mercato, estive e invernali, hanno prodotto risultati disastrosi. Puntare su Falletti e Pereiro si è rivelato un azzardo fallito. Ammetterlo richiederebbe solo un minimo di onestà intellettuale. Pereiro ha offerto qualche lampo isolato nel primo tempo, ma sono state giocate estemporanee, effimere – roba di 60-80 secondi – poi, il nulla. E proprio da un suo errore è nato il vantaggio toscano. Falletti, invece, continua a vagare in campo, regalando metri e palloni agli avversari, come un personaggio beckettiano alla deriva. Il 3-5-2, con tutti i suoi limiti, resta l’unica via percorribile. I trequartisti, nella loro attuale forma, non portano né imprevedibilità, né incisività.
I subentrati, poi, hanno inciso in negativo: Lasagna è ormai oltre ogni commento, parlano per lui le prestazioni, non riesce pIù nemmeno a mantenere un pallone tra i piedi. Al contrario, i cambi della Carrarese hanno dato freschezza e ritmo: Cherubini e Milanese, che non sono Del Piero o Pirlo se non la pellicina della loro unghia, entrambi subentrati, hanno acceso la partita e dimostrato che una squadra viva può cambiare volto in corsa.
Nel secondo tempo il Bari è letteralmente scomparso. Una squadra senza idee, senza intensità, senza gamba. Forse è un problema mentale, tattico, caratteriale e mettiamoci anche il problema fisico-atletico perchè secondo me, c’è anche questo fattore oltre alle responsabilità tecniche.
Il livello medio della classifica quest’anno è più basso che mai, e l’ottava o nona posizione attuale non inganni: non racconta un percorso positivo. Basti pensare che domenica il difensore Simic è stato il giocatore offensivo più pericoloso. È tutto dire. Anche alcune certezze come Dorval, Benali e Maita sono apparse spente, impalpabili.
La Carrarese ha corso il doppio, con lucidità e fame. Il Bari, al contrario, sembrava inchiodato al terreno, un blocco di marmo delle Apuane. Non quello pregiato, però: più calcare che Carrara. Una squadra priva di reazione e orgoglio. “È la vita che ci appare finta, o siamo noi che recitiamo la parte sbagliata?”, si chiedeva Pirandello. Una domanda che oggi calza a pennello anche per questo Bari.
Non c’è più spazio per esperimenti o illusioni. La salvezza è l’unico obiettivo credibile. Parlare di playoff è esercizio retorico privo di senso. Prima serve una squadra, una vera. Longo prenda atto della situazione, prima di incappare in ulteriori brutte figure. La rosa è quella che è, ma non è il caso di peggiorarla con scelte tecniche discutibili
All’orizzonte ci sono trasferte difficili e avversari motivati, mica satolli come i nostri giocatori, ma se questo è il Bari c’è poco da sperare se non guardarsi alle spalle, perché se pensiamo che il Bari dovrà incontrare il Catanzaro in Calabria dove vincere o prendere punti è assai arduo soprattutto con la squadra calabrese alle prese con il consolidamento dei playoff, col Palermo che, consolidamento playoff a parte, puntualmente quando vede il Bari si esalta, col Pisa che non fa sconti se non, se tutto va bene, regalare un punticino con la promozione in tasca, col Cittadella e col Sudtirol che si giocheranno le ultime chance per la salvezza, con la classica gara tranello di Cosenza dove i padroni di casa, non avendo nulla da perdere, giocheranno senza pensieri e assilli e, dunque, rischiano di vincere al cospetto di questo Bari inconsistente senz’anima, senza dimenticare il Modena che è nel limbo tra l’ultimo posto per i playoff e quello della tranquillità, si comprende bene che il Bari rischia parecchio.
Il secondo tempo ha superato ogni soglia di decenza sportiva. Giocatori immobili come statue, senza mordente, senza intensità. E la tecnica? Dissolta, evaporata. Così la Carrarese, reduce da un filotto negativo, ha trovato nel Bari il partner perfetto per ritrovare fiducia. La storia si ripete: il Bari, come un moderno Sisifo, spinge faticosamente la propria pietra in salita per poi vederla rotolare di nuovo a valle. La solita crocerossina per gli infermi.
Longo appare in confusione totale. Parla di pesi psicologici, di problemi mentali, eppure la gara era cominciata con ordine. Poi, come spesso accade, si sfalda tutto con la puntuale rimonta. Scarica responsabilità senza fare nomi, cita il blasone del Bari aggrappandosi ad un alibi poco credibile, ma poi sembra quasi accusare i tifosi per i fischi, come se il dissenso fosse ingiustificato. Ma per favore.
È vero, la rosa è mediocre. Contratti a termine, prestiti senza motivazione, scelte sbagliate: tutto questo ha creato un gruppo svuotato. Ma che almeno si abbandoni l’idea del 3-4-2-1 e si torni a un modulo più equilibrato, anche solo per galleggiare.
Servono sei, forse sette punti per salvarsi. Poi, a giugno, qualcuno dovrà avere il coraggio di dire che sono stati presi molti giocatori sbagliati. E si ripartirà con nuovi prestiti, nuovi ragazzini, nuovi Saco, Obaretin a cui seguirà un altro campionato mediocre in attesa del 2028. Siamo pronti anche a tollerare l’ennesimo anno incolore. Ma, per favore, oggi, l’unica cosa che conta è salvarsi. Di Ternana ne è bastata una. Poi, come scriveva Montale, “non chiederci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.” Ecco, ci accontenteremmo di qualche punto, anche storto. Purché arrivi.
Massimo Longo