
Tratto dal romanzo omonimo di Rosella Postorino (edito Feltrinelli) vincitore del Premio Campiello nel 2018, l’opera ultima cinematografica di Silvio Soldini “Le assaggiatrici” concentra tutta la sua forza proprio sull’argomento principale: “l’assaggio”.
Soldini, un po’ distante dal suo genere, affronta il tema della guerra ambientato lontano dall’Italia, in lingua tedesca e con attori tedeschi e in costume; ci troviamo, infatti, in Germania durante gli ultimi anni della Seconda Guerra mondiale e con un Hitler rinchiuso nella sua “tana del lupo“, circondato dai suoi soldati più fedeli e terrorizzato dall’idea di poter essere avvelenato durante uno dei suoi pasti luculliani.

Ecco che, storia tristemente vera, costringe sette giovani e sane ragazze tedesche ad assaggiare il suo cibo tutti i giorni a pranzo e a cena ininterrottamente; tra loro c’è Rosa Sauer, sfuggita ai bombardamenti di Berlino e riparata a casa dei genitori del marito, ormai creduto caduto al fronte.
Da qui s’innesca una sorta di “dualismo emotivo”, in quanto il film passa da momenti intensi e cruciali, che vedono le povere donne giocare alla roulette russa con il cibo preparato per il führer, ad altri decisamente più leggeri, come l’attrazione illogica che nasce proprio tra Rosa e uno degli Ufficiali delle SS.

Tutto poi scorre lentamente e in maniera cadenzata e volutamente ripetitiva (a tratti ricorda il “Perfect Days” di Wim Wenders, ma con risultati emotivi ben diversi, naturalmente, anche se il riferimento più scontato è al “Salò” di Pasolini) facendo scorrere gli anni e gli ‘assaggi’ fino all’arrivo degli Americani, ponendo il pubblico a vivere il momento anche dal punto di vista dei tedeschi, che, per alcuni aspetti, erano anch’essi vittime e prigionieri nella propria terra.
Di grande impatto la fotografia dai colori accesi, fortemente simbolica e di supporto alla trama, in cui le donne hanno un ruolo fondamentale; il cinema di Soldini, infatti, ha da sempre prestato molta attenzione all’universo femminile: come non ricordare lo splendido “Pane e tulipani” e, soprattutto, il suo documentario “Un altro domani”, in cui ha affrontato il tema della violenza domestica, riflettendo sul corpo violato delle donne.

Il risultato è all’altezza delle aspettative perché il film è teso, compatto e riesce a scavare nella psicologia delle donne costrette a fare i conti con quelli che credevano alleati, ma si sono rivelati dei veri e propri nemici.
Si consiglia la visione del film dopo la lettura del romanzo della brava Postorino, per avere a disposizione tutti gli elementi necessari per apprezzarlo nella sua totalità.
Samantha Pinto