I messaggi potentissimi e universali di Banksy, l’artista anonimo più ricercato al mondo, e di altri ribelli in mostra a Casa Alberobello

Casa Alberobello (nel centro del paese dei trulli) anche quest’anno, dal 15 aprile al 30 settembre 2025, apre nuovamente le sue porte all’arte contemporanea, soffermandosi in particolare su quella pubblica e sociale, con una magnifica sintesi di opere di autori fra i più autorevoli del panorama mondiale focalizzandosi su Banksy, l’anonimo più ricercato al mondo i cui messaggi potentissimi e universali sono storia e lasciano memoria, e altre storie di artisti ribelli.

Curata da Piernicola Maria Di Iorio, in esclusiva per il Locus Festival 2025, la mostra, conduce i visitatori in un percorso visivo coinvolgente per l’effetto trascinante che produce.

Situata in spazi urbani, l’arte pubblica e sociale, con il suo stile spesso provocatorio, nasce come “bene collettivo” con l’obiettivo di coinvolgere il pubblico rendendolo consapevole e partecipe delle questioni sociali e politiche attraverso un linguaggio diretto e senza orpelli.

Le opere, non più considerate un atto vandalico, emergono nei sobborghi delle città e interagiscono con lo spazio circostante: così l’arte, mutando ancora la sua funzione, non è più solo considerata un oggetto da ammirare, spesso prerogativa di una ristretta cerchia d’élite, ma diventa un ponte che supera la comprensione della realtà. Attraverso un linguaggio universale, permette la condivisione di fatti storici, ma anche di emozioni che consentono a ciascuno di connettersi con il mondo intero facilitandone la comprensione.

La strada è intesa come una galleria a cielo aperto fruibile gratuitamente da tutti così come il muro usato come tela è il mezzo spesso utilizzato per trasporre argomenti complessi e dolorosi in opere semplici.

Più di chiunque altro Banksy, a cui la mostra maggiormente è dedicata, è colui che ha diffuso questo nuovo concetto di arte e i suoi interventi negli ambienti urbani sono divenuti fenomeni virali e simbolo di momenti storici.

Attivista politico non mosso da scopi di lucro, nei suoi lavori invita a riflettere sull’irrazionalità della guerra e sulle sue vittime più indifese.

Nella sua serigrafia “Happy Chopper” tra elicotteri da guerra ne spunta uno con un fiocco rosa a richiamare l’attenzione sulle vittime civili, soprattutto bambini. In “Flying Copper” un poliziotto in tenuta antisommossa con uno “smile” al posto del volto avverte che dietro le apparenze possono nascondersi minacce e oppressioni.

Nei suoi graffiti utilizza soggetti ripetuti: bambini, membri della famiglia reale, poliziotti, ma anche scimmie, gatti e topi per rappresentare satiricamente la corruzione del sistema.

In “Queen Vic” usa la satira nei confronti della regina Vittoria ritraendola in posizione saffica, appunto a ironizzare sulla sua chiusura mentale e assoluta intransigenza verso gli omosessuali.

Non dipinge direttamente sui muri, ma prepara il suo lavoro in studio con stencil che poi ritaglia e affigge, permettendogli così di agire con ristrettissimi tempi di azione.

In un’epoca in cui tutti venderebbero l’anima al diavolo pur di raggiungere visibilità e fama, Banksy diffonde le sue idee restando anonimo, anche se “l’anonimo più ricercato al mondo”.

Ma chi si nasconde dietro questa figura incappucciata che di notte armato di bomboletta spray esplora angoli di strada, dipinge e scappa divenendo inafferrabile?

La sua identità è ancora oggi ignota, si presume possa essere un uomo sulla cinquantina. Nato a Bristol in Inghilterra, forse Robin Gunningham o Robert Del Naja, ma al di là del fascino che questo mistero crea, di certo le sue opere hanno contribuito ad innalzare l’arte di strada a forma artistica e i suoi messaggi universali e potentissimi sono storia e lasciano memoria.

L’itinerario espositivo sottopone all’attenzione altri artisti che hanno ribaltato il concetto classico di arte.

Ne sono un esempio il tributo a Basquiat dell’eclettico Mr. Brainwas il quale trasforma con audaci collage l’autoritratto di Van Gogh ricoprendolo di simboli e segni o lo straordinario mimetismo camaleontico dell’artista cinese Liu Bolin che attraverso il camouflage si nasconde per diventare cosa tra le cose o l’ecclettico Andy Warhol o ancora Takashi Murakami le cui opere con esplosioni di colore sono icone della società giapponese contemporanea e poi Angelo Accardi, TvBoy, Kaws, Damien Hirst, Obey, Nello Petrucci, Kris Rizek e Mario Schifano, tutti a conferma che l’arte lasciata libera cambia pelle e si nobilita.

Non a caso proprio Banksy ha dichiarato: “L’arte che ammiriamo è il prodotto di una casta, un manipolo di pochi che creano, promuovono, acquistano, espongono e decretano il successo dell’Arte. Quelli che hanno voce in capitolo saranno non più di qualche centinaio. Quando si visita una galleria d’arte si è solo dei turisti che osservano la vetrinetta dei trofei da qualche miliardo”.

Cecilia Ranieri
Foto di Cecilia Ranieri

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