Da oggi, martedì 22 novembre, sino a domenica 27 novembre 2022, al Teatro Metastasio di Prato, va in scena “Libidine Violenta”, il nuovo spettacolo di Enzo Moscato, che ne firma anche la regia.
“Libidine Violenta” nasce come tradinvenzione, per usare l’accezione tipicamente moscatiana del “reinventar tradendo” un antecedente simbolo/segno della (sua) tradizione teatrale, del teatro dell’autore-attore franco-argentino Copì: raffinato cuoco e imbonitore eccentrico delle proprie abbuffate di parole, gran maestro e cerimoniere del rito autocannibalico (e, per sé stesso, comico) dello “scriversi” a teatro per “rimangiarsi” tutto in un boccone dinanzi allo spettatore esilarato, del passaggio dalla drammaturgia alla corporalizzazione di fonemi, semantemi, segni, discorsi, un evento di per sé “altro”, nuovo, contradditorio al solitario atto di sintassi e di retorica.
Una sorta di “passpartout”, legittimo, al delirio. L’eros iconoclasta che soggiace al testo è nel pervertimento di limite e confine di ciò che è dato come tipico a teatro, nel paradosso, ironico e grottesco, di stracciare e ristracciare la propria stessa lingua e farla esplodere attraverso personaggi comici, intenti a reiterare, divertiti, lo sminuzzamento della parola/testo.
A Copì, dunque, ai suoi umorali e umoristici sbalzi di teatro, alle sue più urticanti vette di scrittura (Le Frigo, Il ballo delle Checche, Loretta Strong ed altro, in passim) si è voluto dedicare quest’omaggio di Moscato. Intreccio simbiotico di due autoinsofferenze, intolleranze, idiosincrasie, furori. Fusione e ibridazione non tanto di parole o di atteggiamenti estetici, quanto di due, più che somiglianti, modalità rappresentazionali dell’essere e del farsi tutt’uno con lo scritto: esposizione in pelle e in voce dei grafemi, passerella, effimera e mondana, degli arti, delle membra dei significanti.
Sparute, fantasmatiche carcasse di un processo senza senso, tranne, forse quello dell’autoassaporamento, digestione, consumazione e reincorporazione ossessivi dello stesso.
Un allestimento fastoso ed esaltante, visionario e provocatorio, dai toni ilari e farseschi, tra il ‘camp’ e il postmoderno, per celebrare, attraverso le figure sghembe, frangibili e parossistiche di Moscato e di Copì, la messa a rogo della ‘ragion pura’ a favore della pura ed incoercibile trasgressione pulsionale. In scena, un viaggio allucinante e allucinatorio dentro le pulsioni autofagocitanti della scrittura, le ossessioni di una mente al limite, la fuga dalla follia e dalla solitudine attraverso l’eccesso, il parossismo, la farsa, l’ironia. Reci, un’eccentrica scrittrice, o vecchia cantante fuori moda, dall’ambigua identità sessuale, dichiara di volersi – forse – suicidare perché non riesce a buttar giù le sue scandalose memorie. Ne sussegue un gioco di visioni, ricordi, evocazioni, improbabili balletti, telefonate schizofreniche, incontri misteriosi, tutti partoriti e messi in scena dalla mente sgangherata della Reci e costantemente doppiati, replicati, proiettati, come in un vertiginoso carnevale. Una grande e paradossale abbuffata di parole, per perdersi nel godimento puro dell’irrefrenabile coercizione desiderante della scrittura e rinunciare a dare un senso alla spiazzante brutalità della vita.
Libidine Violenta
testo e regia Enzo Moscato
con Giuseppe Affinito, Luciano Dell’Aglio, Tonia Filomena, Domenico Ingenito, Emilio Massa, Enzo Moscato, Anita Mosca
scene Luigi Ferrigno
costumi Dario Biancullo
luci Enrico de Capoa
assistente scenografo Sara Palmieri
trucco Vincenzo Cucchiara
coordinamento tecnico dell’allestimento Marco Serafino Cecchi
assistente all’allestimento Giulia Giardi
direttore di scena Clara Varriale
elettricisti Simone Picardi
fonico Teresa Di Monaco
cura della produzione Francesca Bettalli, Camilla Borraccino
organizzazione generale Claudio Affinito
ufficio stampa Cristina Roncucci
foto Pepe Russo
video documentazione Pietro Di Francesco
immagine del manifesto Sofia de Capoa
produzione Teatro Metastasio di Prato / Teatro di Napoli-Teatro Nazionale / Casa del Contemporaneo