E così, dopo l’immeritato pareggio in riva al lago più romanzato d’Italia, il Bari ha toccato quota sei gare senza vittoria, un obiettivo che continua a mancare dopo le ottime e confortanti prove di inizio torneo che si sono protratte fino a circa un mese fa.
Troppe? Poche? Giuste? Non lo sappiamo. Quel che sappiamo per certo è che una squadra come il Bari è pur una neopromossa e col suo status, così come per tutte quelle che mettono il muso in una categoria superiore, deve pensare a salvarsi, senza tante carambole pretestuose anche se si chiama Bari. Occorre farsene una ragione tutti quanti, perché la pretesa della promozione in A è solo un esercizio pericoloso che può nuocere e devastare il sentimento verso i colori. E prima ce ne facciamo tutti una ragione, meglio è per tutti perché altrimenti si corre il rischio di fare rovinose cadute. Non vogliatemene, ma io me la son già fatta da tempo. Poi, è chiaro, tutto ciò che verrà sarà tanto di guadagnato. Entriamo nell’ottica che le aspettative per quest’anno devono essere quelle che la squadra deva farci divertire e, magari, arrivare ai playoff ma, ripeto, senza abbassare la guardia e guardandosi sempre le spalle.
A Como un altro primo tempo orribile, come accadde a Benevento, contro il Sud Tirol e come accaduto anche a Frosinone e soprattutto contro l’Ascoli quando il Bari rinunciò letteralmente a giocare. I soliti maligni sono convinti che sia arrivato l’ordine di scuderia di rallentare il passo perché De Laurentiis quest’anno non vuole andare in A. Io non amo i complotti da sempre, li respingo al mittente. Sostengo, piuttosto, che ci sia stata un’involuzione tattica notevole, ma anche al fatto che le squadre, dopo il periodo brillante, han cominciato a conoscerci, vedasi Cheddira che, se escludiamo il rigore di Venezia, è dal primo ottobre che non va più in gol su azione. E un motivo ci sarà. Cheddira ormai lo hanno conosciuto e di conseguenza ne han preso le giuste misure. Certo, qualche altro gol continuerà a segnarlo, ma mettiamoci l’animo in pace che non sarà più quello di inizio torneo. Non è pessimismo ma realismo. Succede sempre così nel calcio a meno che non ci si chiami Maradona, Pelè, Messi, Del Piero, Baggio, Pirlo, Ronaldo o Van Basten, le cui rese sono sempre state continue, ma parliamo di fuoriclasse, non di belle speranze che crescono in seno a squadre più o meno di provincia di domenica in domenica. E non parliamo nemmeno di alibi degli assenti perché non reggerebbe la tesi.
A Bari, per antonomasia, si ha l’obbligo di essere protagonista in serie B e lo trovo giusto e sacrosanto, l’ambizione deve essere una regola non un optional, però la realtà dice che è bene badare al sodo, magari ritrovando l’entusiasmo perduto anche perché in società sono stati chiari, obiettivi, onesti e sinceri: nessuno ha proclamato la serie A quest’anno, nessuno, ed occorre apprezzare la sincerità. O avreste preferito sentir sbandierare proclami propagandistici di promozione come han fatto precedenti presidenze? E ditelo allora. E la tifoseria ha il dovere di prenderne atto; poi, ripeto, tutto può accadere.
Io non credo che i De Laurentiis abbiano dato ordini di rallentamento perché la serie B come per la C è un campionato a perdere, e conoscendo il loro modo di fare impresa, trovo inverosimile che la famiglia intenda sperperare soldi. Loro, piuttosto, badano all’utile, non alla perdita, e con l’utile investono (bene), così come han fatto a Napoli dove hanno avuto il coraggio di disfarsi di Koulibaly, Insigne, Mertens, Hamsik, Higuain, per poi stazionare comunque tra le prime quattro e, da quest’anno, al primo posto in serie A con buone aspettative di scudetto, perché anche questi sono fatti, non considerazioni.
Qualcuno potrà eccepire sul fatto che Botta venga utilizzato per una parte di gara, pretendendo di vederlo giocare dal primo minuto: evidentemente Mignani lo vede meglio di noi e dei tifosi in settimana, e probabilmente conosce bene i motivi per i quali non potrebbe rendere dal primo minuto, fatto sta che fino adesso la scelta dell’allenatore di farlo entrare a gara inoltrata è stata giusta e decisiva; fateci caso: quando ha giocato sin dal primo tempo, Botta è quasi sempre scomparso dai radar.
Non ha convinto, ancora una volta, Salcedo nel ruolo di trequartista. Bellomo non è trequartista, non sa farlo, lui è mezzala d’attacco, piuttosto copre di più, azzecca qualche volta cross vincenti, soprattutto su calci piazzati, e fa equilibrio, questo sì, ma non venitemi a dire che è un trequartista a tutto tondo perché non ci crederei mai, poi i trequartisti puri, ormai, sono in via d’estinzione, se non sono proprio estinti del tutto. Tutti tentano di farlo ma in pochissimi ci riescono, Galano idem.
Continua a far fatica Scheidler nel ruolo di centravanti, forse bisogna ancora aspettarlo, forse non ha alle spalle un proposta di gioco importante che lo metta in condizione di far male, perché questo Scheidler è assolutamente impalpabile. Antenucci ha fatto un passo indietro: poco movimento, palle perse, ammonizione ingenua, poca cucitura col centrocampo e con l’attacco, insomma una giornata no che ci può stare dopo quanto ha dato fino adesso. In difesa, al di là di qualche buon disimpegno e di qualche buona chiusura, si continuano a concedere centimetri agli avversari che continuano a colpire tranquillamente di testa, con tutti e quattro i centrali schierati di volta in volta. Maiello così così, Mallamo, che pure “fa” equilibrio, non è lo stesso dello scorso anno, non è mai incisivo, non lascia il segno, Folorunsho nervoso, poco incisivo, ieri un giallo anche per lui, nessun commento per i nuovi entrati, escluso Botta di cui ho parlato.
Ma forse c’è da pensare anche che quest’anno, che dovrebbe essere di transizione, si cercherà di gettare le basi per un percorso da protagonisti nell’immediato futuro per alcuni giocatori come Scheidler, Dorval e Salcedo, perché guardando certe mosse tecniche mi viene in mente anche questo.
Però, “No surrender”, canta il Boss, Bruce Springsteen.
Massimo Longo