“I migliori giorni”, il film di Massimiliano Bruno e Edoardo Leo dal cast stellare: quattro episodi dagli ottimi spunti iniziali ma dai finali irrisolti

La storia del nostro cinema è costellata di film a episodi, che hanno spesso rappresentato importanti esempi di commedia all’italiana. L’episodio permette di condensare in un arco temporale, sia filmico che narrativo, delle storie rappresentative, nella nostra tradizione, della più fulminea satira sociale e politica. Non sono come i racconti e le novelle rispetto al romanzo, ma piuttosto come piccole commedie in cui la scena teatrale si trasforma nella possibilità della cinepresa di darci la sfaccettature di una visione complessiva o dei particolari della rappresentazione. Permettetemi una citazione dotta: Rossellini disse “… la misura breve si adagia perfettamente all’elemento cinema; si può raccontare qualcosa, se necessario, anche in cinque o dieci minuti, evitando così quelle parti morte, che inevitabilmente sono presenti in ogni film”.

Un film a episodi come I Mostri rappresenta uno dei più alti esempi della commedia all’italiana che prende di mira i difetti degli italiani. Così “I migliori giorni” di Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo ha l’evidente ambizione di rappresentare, in quattro episodi, altrettante situazioni in cui esplodono le contraddizioni del nostro vivere presente e hanno, come normalmente non hanno, il lieto fine imposto dalla necessità di non angosciare il cinespettatore medio.

Così gli sceneggiatori Massimiliano Bruno, Edoardo Leo e Beatrice Campagna imbastiscono i quattro momenti in cui storie apparentemente diverse, ma unite dal filo unico del cinismo, anche degli autori, e della amoralità spicciola, si potrebbe dire, giornaliera che inoltra i personaggi sul percorso della violenza non sempre solo verbale.
Nei due episodi diretti da Edoardo Leo, Vigilia di Natale e San Valentino, vengono messi in scena i conflitti aperti o sotterranei della famiglia. Più ampia nel primo episodio e ristretta ai soli due componenti base nel secondo.
Il primo è interpretato dallo stesso Leo, bravo come sempre, da una splendida Anna Foglietta (non sbaglia una sola interpretazione, sia una escort o, come in questo film, una deputata in carriera), e da un sempre in parte Massimiliano Bruno, pur in una certa costanza, troppo, di ruoli. Sono accompagnati dalla presenza discreta di Marco Bonini e da quella simpatica di Pietro de Silva, un particolarmente improbabile segretario di partito.

In San Valentino si sviluppa un ballo a quadriglia contrapposta in cui l’inseguitore diventa inseguito e i ruoli si confondono in maniera non banale ma che, francamente, andava coltivata con dialoghi meno basici. Valentina Ludovini affascina come sempre anche se forse carica un po’ troppo, così come Greta Scarano, che incanta ma parla un po’ troppo sincopato; ogni volta sembra che si debba caricare la molla e poi vengono fuori le parole a raffica. Maria Chiara Centorami interpreta con freschezza una giovane donna infatuata di un vuoto, narciso e in parte fallito Luca Argentero, che sembra rifare se stesso ai tempi del Grande Fratello.

Gli altri due episodi, diretti da Massimiliano Bruno, sono quelli che, nell’idea, offrono i maggiori spunti critici sul comportamento sociale e sulla cattiveria presente nella società contemporanea. Pur in presenza di una regia solida, le aspettative sono un po’ tradite dallo sviluppo delle vicende e da una rappresentazione un po’ superficiale della critica ai comportamenti amorali. Mentre l’episodio Notte di Capodanno, non sempre brillante, ha un suggello finale di grande impatto, quello intitolato 8 Marzo ci trascina ad ascoltare un pippone talmente banale che alcune amiche sedute accanto a me in sala si sono sentite offese.

Onestamente gli attori di Notte di Capodanno non brillano: Max Tortora sembra appesantito e Paolo Calabresi, pur bravo, ha dato prove migliori di sé. Molto più scorrevole e ben costruito l’ultimo episodio, a parte il pippone: Claudia Gerini, pur nella costanza delle sue smorfie, porta avanti un personaggio battagliero e ben costruito. Le si contrappone un ottimo, come sempre, Stefano Fresi, un cinico produttore esecutivo televisivo. La litigata è una bella prova d’attore di ambedue. Spicca per mutismo il povero Tiberio Timperi che sembra veramente uno di passaggio.

Il film nell’insieme è animato dalle migliori intenzioni, che trapelano da tante piccole inquadrature, ma non riesce a mantenere le promesse iniziali di ciascun episodio. Soprattutto, come ormai troppo spesso accade nel nostro cinema, si creano le situazioni, si sviluppano e poi non si sa più come chiuderle.

Maurizio Filardo e Gianluca Misiti costruiscono una colonna sonora adeguata al film.
Lo trovate nei cinema.

Marco Preverin

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.