Lo scorso martedì 31 gennaio, presso il Teatro Forma di Bari, è andato in scena uno spettacolo straordinario della vocalist Maria Pia De Vito.
Il concerto è stato organizzato dall’Associazione “Nel gioco del Jazz”, per la rassegna Creatures, che vanta come direttore artistico Roberto Ottaviano, fresco vincitore del titolo di miglior musicista dell’anno della rivista specializzata Musica Jazz. A lui le nostre più vive congratulazioni.
Per iniziare a parlare di Maria Pia De Vito, napoletana di nascita, vorrei partire dal numero di dicembre 2010 della rivista francese Jazz Magazine, dedicato alle voci femminili del jazz internazionale, scegliendo 101 cantanti, e selezionandole in sette categorie, ed indicando per ciascun nominativo il CD esemplare. Strano a dirsi, ma nella categoria “voci originali” dove, insieme a Joni Mitchell, Patricia Barber ed Esperanza Spalding, sono state inserite ben tre cantanti italiane: Maria Pia De Vito, Tiziana Ghiglioni e Cristina Zavalloni (una quarta voce femminile italiana, in altra categoria, era Roberta Gambarini). Il CD scelto per la De Vito era Phonè, inciso nel 1998. Nonostante il tempo trascorso, quella produzione resta un po’ una sintesi delle sue ricerche musicali, trasversali tra il jazz e la musica popolare (non solo napoletana) e sostenuta magistralmente da John Taylor al piano, Gianluigi Trovesi ai clarinetti, Enzo Pietropaoli al contrabbasso e Federico Sanesi alle percussioni.
Da allora la discografia della De Vito appare smisurata, e la sua voce corre veloce, sia se usata per cantare, sia per esprimersi con vocalizzi o con l’elettronica. L’ultima produzione è del 2020 con il CD Dreamers, anche in versione live (allegata alla rivista Musica Jazz), e con omaggi al compianto David Crosby, ma anche a Joni Mitchell, Bob Dylan, Paul Simon e Tom Waits.
Le collaborazioni con altri musicisti sono tantissime, a cominciare da Ralph Towner, John Taylor, Rita Marcotulli (con una più che ventennale amicizia), Ernst Rejiseger, Enrico Rava, Paolo Fresu, Norma Winston, Luca Aquino, Gabriele Mirabassi e tanti altri. Faccio anche notare che molti di questi artisti abbiamo avuto la fortuna di poterli ascoltare sullo stesso palco, spesso grazie proprio all’associazione barese Nel Gioco del Jazz.
Oltre alla sua attività musicale, Maria Pia da anni è Direttrice Artistica del Festival Bergamo Jazz. Altro progetto molto particolare ed accattivante è un DVD prodotto in collaborazione con la splendida contrabbassista Silvia Bolognesi dal titolo “Suoni dal carcere” registrato in duo nel 2012 nel Carcere Borbonico di Santo Stefano (struttura penitenziaria in disuso, nell’arcipelago delle isole Ponziane, che, durante il periodo fascista, era utilizzato per ‘ospitare’ detenuti politici condannati al confino, tra cui Sandro Pertini.
Altra esperienza da segnalare, la sua partecipazione, nel 2012, a “Area Reunion” quando, nel tentativo di riproporre le creazioni musicali del gruppo degli Area, Patrizio Fariselli, Sergio Tofani e Ares Tavolazzi, vollero chiamare proprio Maria Pia De Vito a sostituire la voce indimenticabile di Demetrio Stratos. Per quanto posso dire, nonostante il compito pesantissimo, la De Vito non ha assolutamente sfigurato.
Sul palco del Teatro barese, per questo “This woman’s work“, progetto interamente dedicato alle donne presentato in prima assoluta il giugno scorso alla Casa del Jazz di Roma, sono saliti Evita Polidoro alla batteria, Mirco Rubegni alla tromba, Giacomo Ancillotto alla chitarra elettrica, Mattero Bortone al basso elettrico e all’elettronica, per quella che può di fatto definirsi una prima nazionale, visto che solo il giorno prima il gruppo ha inciso il disco omonimo di prossima pubblicazione.
Presentato come un’idea nata durante il lockdown e maturata negli anni successivi, il progetto è dedicato ad una serie di scrittrici e poetesse come Virginia Woolf, Rebecca Solnit, Margaret Atwood e tante altre, che ben descrivono la situazione femminile e tutte le strategie di sopravvivenza. Una voce deliziosa per uno spettacolo affascinante. Lode per tutti i musicisti sul palco, con un Giacomo Ancillotto sempre impeccabile, un Matteo Bortone incessante nel tessere un tessuto di sottofondo, ed autore di molti dei brani presentati, una Evita Polidoro sempre incalzante e uno straordinario Mirco Rubegni, che per tutto il concerto ha accompagnato con la sua tromba la voce della De Vito, creando ricami preziosi. Vorrei ricordare le sue splendide collaborazioni con Gianluca Petrella e la Cosmic Reinassance, nonché la presenza costante e preziosa con i Funk Off, la street band più famosa al mondo.
Oltre ad una bellissima versione di Lonely woman di Ornette Coleman, ed altri omaggi, il concerto è stato aperto e chiuso con un brano di Tony Williams, “There comes a time”, portato alla ribalta dall’orchestra di Gil Evans. A tal proposito suggerisco di cercare in rete una versione straordinaria della Gil Evans Orchestra con Sting, realizzata ad Umbria Jazz 87, con uno struggente accompagnamento di George Adams al sax tenore. Mi sono emozionato allora, e mi sono emozionato per la versione della band della De Vito.
Sembra inutile sottolinearlo, e invece fa bene l’artista partenopea a ricordarci che, oggi più che mai, l’attenzione di tutti noi deve essere rivolta a tutte le donne nel mondo che lottano per i loro diritti, e a tutti coloro che le sostengono.
Non potevamo iniziare meglio il nuovo anno. Grazie all’associazione “Nel Gioco del Jazz”.
Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro