Hu come Hungary, ecco dove ha portato la vibrazione di gioia universale che qualcuno come me usa chiamare jazz ha portato il contrabbassista Marcello Sebastiani agli studi Tom Tom di Budapest, assieme a Gáspár Károly al piano e a Bágyi Balázs alla batteria, a incidere un lavoro che è un equilibrio tra standard degli Anni Trenta (del Novecento, andiamoci piano) e composizioni originali, “Nothing so abstract”, pubblicato dalla sezione Jazz delle edizioni Notami.
In stile “Notami”, il disco propone tracce la cui struttura e le cui caratteristiche su carta (la lunghezza, il concetto da sviluppare) lo rendono amico a chi ama le forme compositive tipiche della sinfonica, come la suite.
“Question”, la traccia di debutto, va per l’appunto subito al sodo, con un pattern sonoro in ensemble che è la fanteria di un esercito di pace, amore e musica jazz, in cui la domanda arriva più o meno ai due terzi del pezzo, e la risposta volutamente latita.
La title track altalena, indugia tra vari metri, vuole la sintesi e il tutto in questa vita, poiché dell’altra nulla si sa. Il risultato non è un idolo attorno cui ballare, ma un brano da poter toccare assieme alle corde del contrabbasso.
“Four Colours” nella ritmica e nella pianistica puntigliosa trova una strada in cui vi è una sostanziale parità tra passione e malinconia, tra tre colori degli strumenti e quello dello spirito e dell’imponderabile (con buona pace di altri esperimenti di “Jazz in four colours”). Finalmente la risposta “Deep Purple” (non a caso il viola è il colore dell’imperscrutabile in molte spiritualità orientali), l’assolo del band leader, un colore cupo, denso, intenso, come il suono del contrabbasso di Sebastiani sa dare a questo standard.
“Just with it” riprende lo slancio in brillantezza attraverso forse l’interplay migliore dell’album, mentre “East of the Sun” ne saggia la stoffa fluida e elegante, accompagnando il cammino verso “One for B.E.”, ancora più pensosa.
Come già “East of the Sun” lasciava presagire, l’album termina all’alba, dolcemente, non a caso il brano scelto per la chiusura è “Softly as in the morning sunrise”. Lo spazio di una notte, la parte più sincera della giornata, è quella in cui se non lasciamo che i sogni ci dicano la verità, verremo divorati dalle paure, grosse quanto astratte. E questo album, di astrazioni, non ne vuole molte.
Beatrice Zippo