La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Como

Partiamo da un presupposto: gare come queste, considerato quanto visto nel girone di andata, il Bari le avrebbe perdute senza se e senza ma. Si ricorderanno le sfide contro l’Ascoli ed il Perugia, ma anche contro il Genoa, ed invece il Bari, da gennaio a questa parte, riesce a non perderle più, e mi riferisco anche alla gara contro il quotato Frosinone. Perché, come vado dicendo da sempre – e non solo io, ma la vecchia legge non scritta del calcio – quando non si può vincere per qualunque motivo, è d’obbligo non perdere, ed il Bari certe gare non le perde più. E su questo mi pare che non ci piova. Certo, rimane l’amaro (a dire il vero amarissimo) in bocca per l’ennesimo primo tempo gettato alle ortiche dove la squadra ha giocato malissimo, ha sbagliato tanto, ha regalato due gol al Como, il secondo in particolare per un pasticcio di Folorunsho, manifestando i soliti limiti organici e tecnici.

Un primo tempo orribile, ma proprio orribile, per cui ci sarebbe da mettere sul banco degli imputati tutti quanti, Mignani incluso, col Bari in trance, indeciso sempre su cosa fare e su cosa non fare, e che ha servito su un piatto d’argento il doppio vantaggio ai lariani che poi, ovviamente, hanno badato bene a gestire la gara senza particolari sbavature almeno nel primo tempo. Poi nel secondo, ecco la solita genialità, il consueto ingegno di Mignani che, ancora una volta, ha azzeccato le mosse mandando in campo Morachioli e Botta che hanno spaccato la partita, quest’ultimo, per amor di verità, sempre evanescente, un po’ di brillantezza, sì, ma nulla di più, è scivolato per diverse volte per terra irritando il pubblico, senza mai servire un solo assist ai compagni, perché Botta è soprattutto questo, lo dice l’evidenza mica io. Si, potrà gestire bene il pallone, alza la squadra, la fa giocare più in attacco, protegge il pallone (spesso perdendolo), qualche volta salta l’uomo, ma poi nel momento di servire l’assist vincente al compagno si perde miserabilmente. E da un trequartista fantasista, se permettete, è lecito attendersi qualcosa in più. Io sono dell’avviso che il giocatore non sia pronto ancora per la B, probabilmente soffre della solita patologia tutta sudamericana, ovvero la famosa “saudade” che ha caratterizzato molto spesso i giocatori sudamericani sbarcati in Italia, e se Mignani lo fa partire dalla panchina e lo utilizza col contagocce un motivo ci sarà, mica è stupido l’allenatore, mi pare. Ripeto, io leggo e fotografo l’evidenza provando a fare considerazioni e a dare risposte, però nessuno può negare che Botta non sia all’altezza della situazione, lo dicono i numeri e i fatti, non io.

Cheddira, idem. Ormai il giocatore è un lontano parente di quello intravisto nel girone di andata, lo vado scrivendo da tempo (chi mi legge lo può confermare) pur rendendomi poco simpatico a molti tifosi. Si, d’accordo, è il cannoniere della B ma ciò non toglie che non si debba meritare talvolta delle critiche.

Dicevo di un Bari double face, ovvero di un Bari che poi, con l’ingresso dei due, ha cambiato pelle pressando il Como nella propria metà campo, dominando e costruendo opportunità per segnare, così come accaduto ad inizio del secondo tempo col solito Morachioli che, ormai, trasforma in oro pressoché tutta la sua produzione tattico-tecnica risultando decisivo quasi sempre, ed infatti c’è stato il suo zampino in occasione di entrambi i gol.

E di Di Cesare “Beckembauer” ne vogliamo parlare? Incredibile Valerio, davvero incredibile, non ho più aggettivi per descriverlo. E pensare che ad inizio torneo, insieme al suo collega di reparto Vicari, lo avevo “punzecchiato” per le troppe palle lasciate in balia delle teste degli avversari in occasioni dei cross e dei corner che tante volte si sono trasformate in gol. Da qualche mese, fateci caso, non si prendono più gol di testa, evidentemente Valerione ha capito dove c’era da migliorare, dove la sua enorme esperienza avrebbe dovuto toccare le corde giuste, e da allora non ha sbagliato più un colpo, se a questo ci aggiungiamo che è alla soglia dei 40 anni, che dimostra un fisico ed una tenuta da ventenne, che si diverte ancora a cercare il gol e che spesso lo trova, beh, che dire ancora. Nulla, solo applausi in piedi.

Molti, alla luce della prestazione di Morachioli, puntano l’indice verso Mignani che, a detta loro, dovrebbe cominciare a pensare di inserirlo sin dall’inizio. Bene, il punto, però, è che Mignani è un integralista almeno da inizio gara in quanto non si discosta mai dal 4-3-1-2 salvo poi cambiarlo in corso d’opera, e col 4-3-1-2 non ci sarebbe spazio per Morachioli essendo, lui, un’ala, oggi chiamato esterno (sinistro). E non è un caso che l’allenatore genovese, una volta entrato il giocatore, cambia il modulo in 4-4-2 coi vari accorgimenti tattici che spesso e volentieri si rivelano vincenti.

L’assenza di Maiello ancora una volta si è fatta sentire e ancora una volta ha coinciso con una ‘non vittoria’ da parte del Bari. Non sarà un caso. Senza Maiello la squadra perde fibra, ragiona poco e a nulla servono i vari Benali e Maita adattati: pur apprezzando l’impegno, Maiello è insostituibile. E allora, mi chiedo, anzi chiedo a Mignani: perché, da adesso fino alla fine, non provare ad iniziare le gare col 4-4-2, visto che questo modulo risulta più compatto, solido e soprattutto vincente? Che lo si utilizzi quantomeno durante l’assenza del “professore” Maiello. Non trovate? Anche perché fino ai (probabili) playoff serviranno forze fresche, idee innovative, arguzia, novità in quanto le squadre ci conoscono e sanno prendere le giuste contromisure. E allora, le forze fresche ci sono, appaiono affidabili, il modulo nuovo pure, perché, dunque, ostinarsi con la prevedibilità che spesso cozza con l’efficacia?

Homo faber fortunae suae, scriveva Appio Claudio Cieco, caro Mignani. Su coraggio, allora, il suo destino è tracciato, la sua carriera è a uno snodo decisivo, i numeri parlano a suo favore.

E poi un’altra considerazione: il Bari, differentemente dal Genoa e dal Frosinone, certe gare, sulla carta abbordabili, le sbaglia sempre, nel senso che non riesce a vincerle in casa se non occasionalmente e magari in doppia superiorità numerica contro l’ultima in classifica al cospetto della quale è impossibile non vincere. E sapete perché? Lo ripeto ancora una volta. Questa squadra non è stata costruita per vincere il campionato a differenza delle due squadre suddette che vincono in scioltezza le gare contro i vari Perugia, Cittadella, Ternana, Ascoli o Modena o, comunque, contro squadre di medio bassa classifica. Il Bari no. Il Bari ha difficoltà nel farle sue. Evidentemente, al di là dell’esperienza e della qualità, le manca l’ingrediente in più per avere un cammino costante in casa, un ingrediente che è la scaltrezza, la scioltezza, o forse la consapevolezza di essere la favorita per la A sin dall’inizio. Ecco cosa manca al Bari, e proprio in virtù di ciò credo che questa squadra vada applaudita e supportata per quel che sta combinando da inizio torneo avendo galleggiato sempre tra le prime sei-sette, addirittura toccando la vetta tre mesi fa (forse quattro non ricordo). E cosa si pretende di più da una neopromossa?

La A è lontana, non impossibile ma decisamente difficile da acchiappare, però il terzo posto è lì alla portata e sapete bene cosa voglia dire arrivare terzi in termini di opportunità per sbarcare in A coi playoff.

E allora cerchiamo, anzi cercate, voi che volete bene al Bari e che non state lì col fucile spianato ad ogni mezzo passo falso a sparare cattiverie, congetture, critiche ad mentula canis, supportate la squadra, fatele sentire il vostro fiato, il vostro amore incondizionato e, se proprio non potete farne a meno, limitatevi ad esternare critiche costruttive e non provenienti dalla frustrazione di chi non sopporta i De Laurentiis per principio o perché privo di vecchi privilegi, perché solo quel tipo di critiche aiuta a migliorarsi, e laddove voleste cercare risposte chiare, evitate di guardare l’orizzonte soffermandovi al tetto, guardate oltre perché le risposte sono lì che ve le date da sole.

Massimo Longo

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