Con “Plan 75”, Chie Hayakawa realizza la sua elegia cinematografica dell’eutanasia in un futuro improbabile (o forse no)

Il Dr. Vivek Murphy, alto ufficiale militare statunitense, nominato dal Presidente Biden e confermato dal senato americano quale US Surgeon General (massima autorità sanitaria statunitense), ha dichiarato recentemente che negli Usa è in corso “un’epidemia di solitudine” non risolvibile con alcun farmaco, in quanto trattasi di condizione psicopatologica quotidiana curabile “solo” attraverso importanti decisioni economico-sociali ovvero strutturate determinazioni di intervento politico (cfr, “La Repubblica”, 03/05/2023, pag.15, sez. Mondo).

Vi è una sottile differenza tra solitudine ed isolamento in quanto si ha a che fare con identità personali tali per cui dietro il termine “solitudine” si celano condizioni emotive ed esistenziali complicate e spesso non volute di “invisibilità sociale, disoccupazione, emarginazione, perdita di legame, vuoto di cultura.”

Questo preambolo “scientifico” è propedeutico all’approccio a “Plan 75“, il film di Chie Hayakawa (Giappone/Filippine/Francia – 2022 – Sci-Fi – Durata: 113′).

Il futuribile lungometraggio (Premio Menzione Speciale a Cannes 2022) è per l’appunto frutto dell’analisi sopra esposta o, per meglio dire, la soluzione ottimale all’emergenza sociale in atto (dati gli elevati e non giustificabili costi di welfare) per cui occorre porre un freno all’invecchiamento della popolazione giapponese alle prese con troppi ed inutili anziani in circolazione, “nemici” dei giovani nella loro disperata ricerca di lavoro. Viene quindi proposta gratuitamente agli over 75 di quel Paese un’eutanasia di Stato a chiunque lo desideri purché regolarmente iscritti al Servizio Sanitario Nazionale con esenzione ticket inclusa.

Il tema non è nuovo nella storia della cinematografia. Si ricordi, ad esempio, “La fuga di Logan” di Michael Anderson (lontano 1976) pellicola per cui il genere umano, costretto a vivere nel sottosuolo terrestre a causa di un disastro ecologico datato AD 2344 (!), è indotto a “sacrificare” i propri simili una volta raggiunto il compimento del 30° anno di età con tanto di orologio corporeo-biologico-automatico di segnalazione in dotazione.

Questo film non è una denuncia politica contro l’eutanasia, bensì una raffinata e poetica rappresentazione ironica dal gusto amaro di generazioni a stridente raffronto tra loro. Tre storie, tre interpreti, tre generazioni accostate tra loro e tutte legate da un unico perfido legame: una tragica solitudine senza via d’uscita alcuna.

La sensibilissima regista Chie Hayakawa, che cura anche la sceneggiatura del film, è attenta nel presentare con perfetto equilibrio ben delineate sfaccettature individuali accomunate da un profondo desiderio di essere trasportate via dal vortice di una profonda ego-agonia in cui sono loro malgrado precipitate. Il mondo esterno sarà pervicacemente ostile a tale recupero e la regista, in questa armoniosa elegia filmica conduce ad un lento risveglio degli animi anestetizzati.

Il film è volutamente lento ma in questo trova una splendente chiave di elevazione poetica soprattutto nel prezioso accompagnamento musicale (magistrale Remi Boubal) che accompagna armonicamente i turbamenti dell’animo degli interpreti e degli spettatori tutti.

Menzione particolare merita l’interprete principale che “strega” spettatori e co-interpreti con la sua misurata ed al tempo stesso toccante interpretazione. Si sta parlando di una perfetta Chieko Baisho che da sola riesce a calamitare le attenzioni degli spettatori inginocchiati e penitenti dinanzi ai suoi piedi.

Fin troppo penetrante questo “Plan 75“. Per cui viene da domandarsi: se e quando toccherà alla generazione odierna decidere tra eutanasia o lotta all’indifferenza sociale, in quale modo si risponderà? Frattanto il film aiuta a prendere amara coscienza dei citati risvolti così da essere pronti, chissà mai, ad una possibile eventualità futura.

Vito Lopez

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