“La Terra delle Donne” di Marisa Vallone: Premio BiF&st 2023 per la migliore interpretazione femminile a Paola Sini. Meritatissimo!
Quale migliore introduzione alla presentazione di un film che dovrebbero proiettare in tutte le scuole superiori per i contenuti espressi in questo gioiellino cinematografico a firma di una regista alla sua vera opera prima?
Il film è un compendio culturale che non ha eguali: di Storia (siamo nel 1929, anno difficile per tutto il mondo), di tradizioni popolari (quelle antiche ed ancestrali sarde), di magia (quella che amplifica l’immaginifico dello spettatore dal profondo), di Poesia (solenne poema filmico). Una pellicola che, a prescindere dalla formazione culturale, ogni donna dovrebbe vedere per prendere piena autocoscienza del potere della forza interiore innata in proprio possesso. Film scritto, diretto ed interpretato da donne dal carattere determinato (la Sardegna, inoltre, è sempre stata una terra matriarcale) con ruoli maschili destinati ad avere, nello specifico, le (poche) qualità di “necessarie comparse”.
“La Terra delle Donne” tratta di un intreccio di vari e singolari livelli di racconto (non si andranno a spoilerare, ma ve ne sono almeno tre) che un perfetto montaggio (grande e magistrale fatica da parte di Francesco Garrone ed Irene Vecchio) rende uniformi per non sottoesporli rispetto a quello principale. Importante il lavoro di regia, dunque, nel soffermarsi su particolari, aspetti interiori, sfaccettature umane ben analizzate da una sceneggiatura (quella della Sini, brava anche in questo) puntigliosa e curata.
Il tema principale, si diceva: il film trae spunto da una sacra convinzione popolare per cui nel remoto connotato sardo, il settimo pargolo delle famiglie contadine d’inizio novecento, se fosse nato femmina, sarebbe stata una “Coga” ovvero una Strega e per cui isolata da tutto il resto della famiglia e del mondo, buona solo per fare partorire donne e/o preparare fatture e/o annullare – anche no – malocchi. Insomma una “fattucchiera” a tutti gli effetti, figura “religiosa” degli antichi villaggi pagani distante dagli sguardi abituali quotidiani. Maternità negate, condite di ignoranza e testarda determinazione, il filo rosso d’unione che caratterizzeranno i passi catalizzatori della “Coga” che si muoverà all’interno del racconto con quel pizzico di mistero che ne acuirà l’intensità.
Fidela è pertanto la “Coga” interpretata da Paola Sini. Interpretazione che seduce lo spettatore la sua. Altamente interiorizzata, vissuta, resa credibile ed amabile. Molto donna, molto attrice, molto Coga (soprattutto nel suo ancestrale rapporto con gli elementi della natura): perfetta. Ma questo non sarebbe accaduto se lei non fosse stata ben diretta dalla Vallone che ha sagacemente provveduto a tirarne fuori l’intima antica anima di quella terra (sarda la Sini. Parte di quel vissuto è vorticosamente innato). La regista barese, nonostante le difficoltà di dover dirigere i differenti moti interiori intrecciati della “malefica” (si fa per dire) sceneggiatura della “sarda”, ne viene fuori giganteggiando. Ottimo il livello di casting: tutti ben calati i vari interpreti, in ruoli appropriati ed a loro congeniali (godibilissimo il Don Marcello di Alessandro Haber, agrodolce l’interpretazione di Valentina Lodovini).
Tuttavia, se non ci fosse stata una fotografia molto accurata e ricercata, il film non avrebbe espresso quell’aspetto pagano-ancestrale che, come un leggero ma ricco ed antico manto trasparente, avvolge sinuoso l’opera intera. Un plauso a Luca Coassin.
I Tenores sono poi gli artefici principali di quella poesia musicale a cui danno una salda mano nel proporcela, Louis Siciliano, Vittorio Giampietro e Elena Rivoltini (solista).
“La Terra delle Donne”, che a Bari è ancora in programmazione all’imprescindibile Cinema Splendor, è uno di quei film che, come detto, come un lento e solenne poema epico penetra le profondità dell’immaginario con ricercato equilibrio. Questo nella cinematografia non è scontato nè semplice da ottenere. Quando, tuttavia, lo si raggiunge, dona splendore assoluto all’opera tutta intera.
Donne (ma non solo) non perdetevelo: seguite dei segni, le farfalle. Fidatevi.
Vito Lopez