“Gene mangia gene”, il monologo di Rita Atzeri andato in scena a Bari per la rassegna “Incroci”, è un’indagine spietata sul fenomeno del consumismo che sommerge e stordisce ma non penetra

Conclusa la stagione Teatro Studio 2022/2023, la Compagnia Diaghilev continua ad ospitare sul palcoscenico dell’Auditorium Vallisa la rassegna “Incroci. Teatri a confronto“, con spettacoli e workshop teatrali che offrono l’occasione per conoscere altre realtà produttive, sempre nel segno di un’alta qualità interpretativa.

In questo ambito è andato in scena Gene mangia gene, solo di Rita Atzeri, che è autrice, attrice, direttrice artistica de Il crogiolo – centro di intervento teatrale, Compagnia fondata da Mario Faticoni, che di questa pièce è regista, opera a Cagliari, e predilige una linea artistica caratterizzata da produzioni legate alle tematiche dell’impegno civile e sociale, per offrire al pubblico una lettura ironica ma soprattutto critica della realtà contemporanea.

Gene mangia gene è una raccolta di informazioni, un’indagine spietata sul fenomeno del consumismo che ci rende tutti vittime inconsapevoli di manipolazioni e condizionamenti. Una risata amara accompagna il racconto del nostro girovagare nei centri della grande distribuzione, dove la libertà e la consapevolezza della scelta sono solo apparenti, svelando il modo in cui assorbiamo tutta una serie di informazioni che colpiscono le nostre emozioni, distraendoci dai temi realmente importanti del nostro vivere. Insomma un condizionamento sotterraneo, un terrorismo psicologico che ci spinge subdolamente in una certa direzione, quella utile alle logiche del mercato globale che ci vuole passivi e suggestionabili. Un modellamento quotidiano e silente, del quale non ci rendiamo conto, e che in certi casi crediamo anche di riconoscere e dominare. E poi il tema della rincorsa della forma fisica perfetta e della sana alimentazione, il richiamo  alle  manipolazioni genetiche, gli interventi sugli animali e sulle piante per ricavare il più possibile in termini di prodotto, in un discorso di ottimizzazione che da sempre accompagna l’operato di allevatori e coltivatori, e che però oggi assume risvolti etici preoccupanti.

Il monologo della Atzeri è un concentrato di informazioni, frutto di un lodevole lavoro di studio e ricerca, nel tentativo di stimolare e suscitare consapevolezza. Tuttavia il rischio che corre è quello di sommergere lo spettatore, travolto dalla sua esuberanza fisica e verbale, rendendo più difficile l’esercizio dello spirito critico, stordito da uno stile recitativo sempre sopra le righe. La mancanza di cambi di registro vanifica in parte la pregevolezza del contenuto, ed è un peccato, visto l’argomento quanto mai attuale e delicato nelle sue implicazioni economiche, morali e civili.

Probabilmente questa cifra stilistica è stata scelta volutamente e ricalca il nostro stesso modo frenetico e in qualche modo stridente di vivere. Tuttavia ci sembra che alla fine, per assurdo, tolga efficacia alla drammaticità del messaggio e alla sua capacità di penetrare a fondo nelle nostre coscienze lasciandoci, al termine della pur eccellente esibizione, più confusi e scossi che consapevoli.

Imma Covino
Foto dalla pagina web dell’artista

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