La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Sudtirol

E allora, cari signori, gufi maldestri, signori baresi, tifosi di strisciate, che state lì, sempre, col fucile spianato a criticare ogni cosa negativa sul Bari, signori a cui De Laurentiis sta sulle balle solo perché presidente di una “vostra avversaria” vincitrice di uno scudetto, cosa che a voi non vi è andata giù e avete rosicato come non mai, cosa dite?

Siete sempre convinti che De Laurentiis non voglia andare in serie A? Vi sembra che una squadra ridotta in 10 uomini, che gioca in quella maniera come ha giocato venerdì, col furore agli occhi, che ha addirittura trovato il gol della vittoria e che ha sofferto il giusto perché ha saputo fermare tutti gli avversari, non voglia andare in A?

Su, avanti, uscite dalla tana, dite qualcosa, arrampicatevi sugli specchi se avete coraggio, ma voi siete solo dei vigliacchi senza attributi perché tacerete come nel vostro stile. Rimarrete nella vostra tana a rosicare e versare bile perché voi non siete nel diritto di parlare del Bari, pensate alle vostre strisciate e ai vostri debiti e ringraziate la Lega perché vi consentono sempre di iscrivervi ai campionati quando invece siete voi i primi a dover sparire dai campionati per troppi debiti, ma si sa che vi salvano sempre. E tacete sul Bari. Ma ho dei dubbi.

Come cantava Guccini: “Tanto ci sarà sempre lo sapete, un pio o un teorete, un Bertoncelli o un prete a sparare cazzate”. Perché è nel vostro DNA sparare sul Bari perché c’è De Laurentiis al comando ma anche perché è nella vostra indole in quanto tifosi delle strisciate e, dunque, vi sentite nel diritto di criticare la squadra della vostra città. Vergognatevi. Certo, può darsi che il Bari perda la finale, ci sta, nessuno di noi è in grado di pronosticare che il Bari andrà in serie A vincendo la finale, però non vi azzardate a dire che la proprietà non voleva andare in serie A perché l’evidenza ha detto altro. E se lo direte sarete in malafede e, dunque, non credibili ma solo spinti dall’odio e dal rancore tipici dei frustrati. Poi qualcuno sostiene che io sia pro De Laurentiis: siete voi, coi vostri commenti assurdi che mi fate avvicinare alla Società, non certo io ad esserlo. Io da sempre mi reputo super partes. E sempre lo sarò.

Eroici! Questo è l’unico aggettivo che utilizzo per descrivere la partita. Noi in finale, il Sudtirol ridimensionato, aveva fatto fin troppo quest’anno senza giocare a pallone. Mi chiedo, dopo averlo visto per quattro volte, davvero come abbia fatto ad arrivare lassù e non mi riferisco alla gara di ieri dove ha rinunciato a giocare come era giusto e prevedibile che fosse, ma in genere nel campionato. Le stranezze del calcio.

Un’altra occasione per Mignani per dimostrare il suo valore, un allenatore che nel giro di 72 ore è passato da incompetente a genio. La solita mancanza di equilibrio tutta barese per la quale nessuno può far nulla. Il Bari, squadra amata dai suoi tifosi, ha affrontato una semifinale dei playoff contro una squadra avversaria temibile. Sin dall’inizio, l’atmosfera nello stadio era elettrizzante, con i tifosi che sostenevano la loro squadra con passione e fervore. La partita è iniziata con un ritmo frenetico, con il Bari che ha cercato di prendere il controllo del gioco andando vicino al gol in ben tre occasioni. Purtroppo, nel secondo tempo, Ricci è stato espulso dopo una sua ingenuità che stava per costare caro. L’uomo in meno avrebbe potuto abbattere lo spirito della squadra, ma invece ha accresciuto la determinazione dei giocatori sul campo.

Nonostante l’inferiorità numerica, i giocatori del Bari hanno continuato a giocare con coraggio. La difesa ha tenuto saldamente le linee pur senza grandi straordinari a causa della pochezza del Sudtirol, respingendo gli attacchi avversari con una grande organizzazione e determinazione. Il centrocampo ha lavorato instancabilmente per recuperare palle e creare occasioni, dimostrando una grande resistenza fisica. Il tempo scorreva velocemente e la tensione si faceva sempre più palpabile. I tifosi, nonostante l’uomo in meno, hanno continuato a sostenere la loro squadra, cantando e incitando i giocatori a dare il massimo.

Ed è proprio in uno di quei momenti di tensione che è successo l’impossibile. A metà secondo tempo, quando sembrava che le speranze di una rimonta stessero tramontando definitivamente, quando lo scoramento e la delusione stavano per prendere il posto della speranza, il Bari ha colpito con un gran gol di Benedetti dalla distanza. Il gol ha scatenato una gioia incontenibile tra i giocatori, i tifosi e lo staff tecnico ma soprattutto nel San Nicola. E’ stato il gol della vittoria, un gol che ha portato il Bari in vantaggio nonostante l’uomo in meno. Un gol che ha dimostrato la forza mentale e il coraggio dei giocatori, che avevano lottato fino all’ultimo secondo, ma soprattutto che ha messo in evidenza la forza della squadra che ha meritato il terzo posto in B e, chissà, se fosse stato più vigile, può darsi che avrebbe potuto meritare di più, ma tant’è. Bisogna accettare i verdetti del campo.

Negli istanti finali della partita, il Bari ha difeso con un impegno eroico, respingendo ogni attacco avversario anche se Caprile, di fatto, non è stato mai impegnato. Quando finalmente il fischio finale è risuonato, l’intero stadio è esploso in un tripudio di gioia e festeggiamenti. Una vittoria epica, una vittoria che tutti ricorderemo per molto tempo.

Il Bari ha dimostrato che non si arrende mai, che può superare ogni ostacolo e raggiungere traguardi straordinari. Una squadra di eroi, che hanno lottato e vinto nonostante le avversità. La vittoria in quella semifinale dei playoff è stato un momento indimenticabile nella storia del Bari, una testimonianza del potere dello sport e della passione dei suoi tifosi. Una gara da trasmettere ai figli, ai posteri, per la dinamica con l’obiettivo di avvicinarli al Bari e non alle maledette strisciate.

“Venite pure avanti, voi con il naso corto, signori delle strisciate io più non vi sopporto, infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio perché con questa spada vi uccido quando voglio”. Io sono come Cirano di Guccini (cui questa testata giornalistica è dedicata): non sopporto la gente che non sogna. Dunque, continuiamo a sognare.

Massimo Longo

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