L’abbraccio di Michele Mignani con il team manager Gianni Picaro ha sintetizzato la tensione e l’emozione per il risultato conseguito giovedì a Cagliari. Un risultato che non ha premiato a pieno il Bari che ha letteralmente dominato fuori casa il Cagliari di Ranieri che, debitamente pompato, veniva dato per favorito, anzi, sembrava che dovesse fare un sol boccone del Bari, tanta era la superiorità tecnica nei confronti dei biancorossi. Ed invece, almeno per quanto concerne questo primo round, i fatti hanno detto il contrario, vale a dire che il Bari ha surclassato i sardi sbagliando almeno sei occasioni clamorose per andare a rete.
Porta stregata, meriti indubbi del loro portiere Radunovic che le ha prese tutte, ma proprio tutte, diversamente dalla difesa che è apparsa perforabile così come tutto il Cagliari che, contrariamente a quanto detto da tutta la stampa nazionale, è apparso assolutamente battibile. Forse sembrerà riduttivo e forse tanti non concorderanno con me, ma almeno dopo quanto ho visto giovedì, il Cagliari senza Lapadula, Luvumbo e Nandez (quando sta in forma), non è nulla. Poi, certo, presi singolarmente, son tutti forti ma quella vista giovedì non mi è parsa una squadra imbattibile. Ovvio che ciò non vuol dire che il Bari liquiderà facilmente i sardi domenica sera al San Nicola, tutt’altro; occorrerà giocare con giudizio e stare molto molto attenti perché la squadra cagliaritana è comunque una signora squadra che giovedì ha potuto far poco solo ed esclusivamente per meriti del Bari che ha saputo giocare in modo ordinato, senza svenarsi particolarmente, mostrando giudizio, gestione, determinazione e voglia di non farsi mettere sotto i piedi da un avversario titolato. Insomma il contrario di quanto avvenne a Bolzano, segno che evidentemente in quella occasione si era sbagliato l’approccio, del resto sbagliando si impara, soprattutto il Bari che non era, ai nastri di partenza, una squadra di rango, esperta di questo campionato decisamente difficile sia da decifrare sia da giocare. Il Bari è andato avanti, si, con la qualità di tanti, ma anche grazie al suo carattere sbarazzino, con l’entusiasmo della promozione in B.
La strada per la A è ancora irta di ostacoli, non culliamoci per favore; giovedì il Bari ha compiuto un primo passo giocando una grande partita, non meritava assolutamente di perdere, anzi meritava di vincere a mani basse, però se non altro si è tornati a casa (delirio in aeroporto all’arrivo della squadra) con una dose massiccia di autostima e di fiducia, ingredienti che serviranno come il pane domenica sera.
Certo, non tutti hanno giocato bene, qualcuno non ha reso come ci si auspicava, però nel complesso ho visto un Bari compatto, fortissimamente voglioso di non farsi mettere sotto i piedi da una squadra sulla carta più forte (si, solo sulla carta), ma anche un Bari sprecone, perché avrebbe potuto pareggiare molto prima, magari realizzando il rigore sbagliato da Cheddira, ancora una volta l’ombra di quello ammirato fino a novembre prima dei mondiali. Dispiace dirlo, dispiace criticarlo, ma non posso mettere la testa sotto la sabbia, né la polvere sotto al tappeto: il giocatore da mesi è in netta involuzione e i motivi non sappiamo quali siano. Perché va bene ribadire che ha segnato 17 gol, e per quanto meriti tanti applausi soprattutto pensando che per lui e per molti altri, era il primo anno di serie B, è altrettanto vero che da mesi non è più lui, troppi sbagli, troppi gol sbagliati in occasione delle pochissime opportunità, troppe palle perse e mal controllate, rarissime le sue fughe lasciando sui piedi gli avversari, altrettanti rarissimi i gol, con Lapadula che lo ha rimontato, adesso sbaglia pure i rigori. Eppure non mi pare di vederlo immalinconito, non mi pare il Donda nelle sue peggiori giornate quando dal suo sguardo traspariva saudade, e nemmeno Botta, anche lui, secondo me, alle prese con una botta di saudade, lo vedo allegro, sereno, con quegli occhiali da studente, ma forse, chissà, soffre internamente di qualcosa. Poi, si, va bene, vogliamo applaudirlo lo stesso? Certo, ci mancherebbe, merita tutto il sostegno possibile, ma mi è lecito sostenere che mi aspettavo un girone di ritorno quanto meno sovrapponibile a quello di andata e non solo in termini di gol ma soprattutto come gioco, lo stesso intravisto fino a prima dei mondiali? Insomma. Questa è la realtà dei fatti. E pensare che ho pensato, chissà, magari si starà preservando per i playoff. Macché.
Domenica occorrerà rimanere concentrati perché al San Nicola il Bari sarà atteso dal secondo round solo che avrà dalla sua parte qualche privilegio in più, a partire dai due risultati su tre, dall’autostima suddetta, e soprattutto dai sessantamila tifosi pronti a spingerli alla vittoria finale. Almeno speriamo.
Ranieri, giovedì sera, è stato obiettivo e onesto, del resto non avevo dubbi, lui è un allenatore troppo navigato per dire bugie, non è Bisoli insomma. Ha detto che il Bari non meritava di perdere, meritava di pareggiare (ed io non sono d’accordo perché meritava di vincere ampiamente ma questa è una valutazione soggettiva) così come saggiamente ha preferito non dir nulla sui rigori concessi dal var. Anche in questo caso ha mostrato savoir faire, altri avrebbero imprecato contro arbitri, contro tutto, contro il PD, contro la Meloni, contro Mattarella, contro il Palazzo, contro i comunisti, contro il sistema calcio, contro i 5 stelle imprecando al governo ladro, quello del “son tutti uguali, tutti rubano alla stessa maniera”.
E poi Mignani. Adoro l’immagine sua quando i pantaloni si alzano sopra i piedi, quando prendono le sembianze di calzoni alla zuava. Ne fanno di lui un personaggio unico. Giovedì ha dimostrato ancora una volta il suo valore in barba a chi non lo riteneva capace. Ha mandato in campo Ceter che è stato devastante in area, sbagliando anche un paio di gol (peccato, se lo sarebbe meritato visto l’impegno profuso nel corso del campionato), Bellomo che ha regalato fantasia e creatività, facendo alzare ulteriormente la squadra, Folorunsho che ogni volta che entra il Bari fa gol, lo ha fatto con il Sudtirol e lo ha rifatto giovedì procurandosi il rigore, e infine Mirco Antenucci. Mi permetterei subito di citare la celebre canzone di De Gregori dove lo stesso cantautore invita un ipotetico giovane calciatore, Nino, a non aver paura di calciare un rigore perché non è da questi particolari che si giudica un giocatore, che, invece, si giudica dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia. Ecco Antenucci è la sintesi di tutto questo, l’identikit del personaggio di De Gregori anche se con 30 anni in più, un giocatore leader, neo psicologo, che ha raddrizzato una gara stregata realizzando un gol su rigore al 95′ che sicuramente in tanti avrebbero sbagliato considerato l’altissimo tasso di tensione e di paura che avrebbe avvolto come miele chiunque. Lui no. Mirco ha dimostrato professionalità, carattere, di non aver paura, qualità, capacità di levare le castagne dal fuoco in ogni momento difficile.
Mirco: che Dio lo preservi per l’eternità.
Ad un passo dal Paradiso, dunque, si fa fatica a stare nella pelle, si sente vicinissimo l’obiettivo. Non illudiamoci, però, il Cagliari non entrerà in campo con l’idea di non farcela, saprà organizzare la partita, non avrà nulla da perdere. Non sarà un passeggiata, insomma.
Però torno a parlare del Bari per concludere: giovedì sera ho visto una squadra commovente, un caterpillar, un carro armato come lo ha definito Polito, una squadra che va avanti anche al cospetto delle avversità, con grande determinazione. Questa squadra merita il massimo.
Io che seguo il Bari da 60 anni, non mi vergogno a dire che sul piano complessivo è forse la migliore squadra vista fino adesso, forse più di quella di Conte e di Ventura e pure di quella di Protti e di Catuzzi, sebbene parliamo di epoche diverse, con situazioni differenti e soprattutto con un calcio diverso. Magari qualcuno non sarà d’accordo, ma questa squadra è davvero una macchina da guerra che va avanti senza guardare in faccia nessuno e senza fermarsi mai, senza paura, e quando cade, si rialza subito con grande carattere.
In genere abbiamo assistito a squadre biancorosse che quando sbagliavano gol ne subivano uno, quello del ko, ed invece quest’anno non accade. Un segnale preciso che è il suo anno. Giovedì, ve lo dico sinceramente, conoscendo come vanno le cose al Bari da sempre, ho pensato: ecco, adesso subiamo il gol della beffa. Ed invece no, ancora una volta sono stato smentito. Ed io sono felice quando i fatti mi smentiscono.
Il Bari è da serie A, ragazzi, la squadra ha trovato il mix giusto per fare il grande slam, una squadra pronta atleticamente (a differenza del Cagliari che a mezz’ora dalla fine è andata in affanno), e mentalmente, che non lascia spazio ai dubbi.
Ma, ripeto, piano con l’entusiasmo. Un pareggio non vale la promozione in A. Mi viene in mente la celebre frase “Parigi val bene una messa”, io mi permetto di sostituire Parigi con Cagliari. Occorrerà ben altra partita, l’ultima battaglia.
Domenica sera al San Nicola, caro nostro Bari, si parrà la tua nobilitate.
Massimo Longo