C’è finalmente un tempo in cui la rumorosa folla ferragostana lascia le città di mare libere di respirare. È allora che borghi come quello antico di Monopoli tornano alla sua essenza, ben conosciuta a chi la ama da decenni.
Se quasi tutti vengono ben volentieri a suonare in Puglia, c’è chi, come Fiorella Mannoia e Danilo Rea, ci tornano e ritornano perché qui ormai hanno un mondo i cui colori valicano quelli della performance, e ne hanno ben donde, aggiungerei.
Fiorella Mannoia peraltro è reduce dalla sua Notte della Taranta. In qualità di Maestra Concertatrice, ha “morso” 200mila persone, un pubblico proveniente da tutto il mondo per la catarsi danzante dell’appuntamento annuale di Melpignano.
Il mio primo concerto di Danilo Rea è stato poco più di otto anni fa, quando portò “Beatles in Jazz” al Petruzzelli. Se con i grandi della musica italiana e del jazz internazionale ha suonato da sempre e ininterrottamente, mi sono convinta che Rea non abbia suonato con i Beatles solo perché loro non sono stati abbastanza tenaci per incontrarlo.
Proprio ai grandi della musica italiana è dedicato “Luce”, il tour estivo del duo Mannoia/Rea, organizzato nella tappa monopolitana dall’associazione “Il Tassello Mancante”, unitamente a Vurro Concerti, responsabile della sezione pugliese del tour, ed in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Monopoli. La cornice è quella di Cala Batteria, con una vista meravigliosa sul porto. E proprio dal mare, con un trattamento che si addice ai Santi patroni come i monopolitani e noi baresi sappiamo benissimo, arrivano i due artisti.
Il palco, seguendo l’attuale tendenza candlelight della scenografia, nonché il tour title, è disseminato di candele color champagne, che con le lucine della barca e delle quinte, creano un’atmosfera di confidenza col pubblico, intima e assieme grandiosa.
Non solo: oltre al più che sold out dei posti in area concerto, come sui palchetti di un grande teatro, sui fianchi della baia si sono assiepati altri spettatori, che non hanno fatto mancare il loro entusiasmo.
Il concerto inizia e finisce con brani propri di Mannoia, da “Oh che sarà”, per chiudere con “Quello che le donne non dicono”, interpolato con considerazioni un po’ più attuali sul consenso femminile, su quello che le donne finalmente iniziano a dire.
In mezzo, tributi a celeberrimi brani della storia della canzone italiana, dal cantautorato di De Gregori alla maestria di Battiato e Cocciante, da Battisti a Paolo Conte. Uniche concessioni all’internazionalità, “Besame Mucho” e “Quizás, quizás, quizás”. L’energia della Mannoia, sfolgorante nel consueto abito rosso, si sprigiona, diverte, danza, canta col pubblico. Rea, con la sua pianistica generosa, talora prova a nascondersi, a fare passi di lato, a dare profondità e livelli esecutivi, per drappeggiare il suono, dopo le frasi musicali più famose dei successi scelti, ma il pubblico sa in ogni momento del concerto dove trovarlo e ascoltarlo con ininterrotta attenzione.
L’intento artistico del concerto lo dichiara proprio la splendida Fiorella: riscoprire e far scoprire la tradizione cantautorale italiana come atto di resistenza alla mediocrità musicale dilagante, sebbene personalmente io sia convinta che cercando nella bulimia di talent, TikToker e altri prodotti da fast food musicale, ci sia ancora tanto da dire da parte di chi scrive, suona, canta, produce e diffonde musica.
Come scritto all’inizio, infatti, c’è finalmente un tempo. E, come in “C’è tempo”, brano in scaletta, bisogna avere fiducia:
“È tempo che sfugge, niente paura
che prima o poi ci riprende
perché c’è tempo, c’è tempo, c’è tempo
per questo mare infinito di gente”.
Beatrice Zippo
Foto di Beatrice Zippo