Il festival di musica contemporanea “URTICanti…a Pablo”, nel cartellone della sua XVIII edizione ha presentato una prova artistica originale e di tutto rilievo, facendoci conoscere l’esilarante “Contromano Duo” alle prese con uno spettacolo di teatro musicale buffo, che ha visto come protagonisti il compositore Domenico Turi al pianoforte e l’attore/cantante tenore Gianluca Bocchino.
La rappresentazione si snoda attraverso due atti unici: “Non è la Callas”, in omaggio a Maria Callas a 100 anni dalla nascita, su testi di Lella Martinucci, e “Non è un paese per Veggy –Gluten free – suite lirica da tinello”, di Federico Capitoni, entrambi adattati, per solo piano e cantante, dal Maestro Turi su celebri ed intramontabili arie operistiche giocando musicalmente con quelle, tra le altre, di Puccini, Bellini, Leoncavallo e Bizet che ne acquistano così una nuova lettura.
Il Maestro Turi viene presentato, dalle sempre impeccabili padrone di casa Ronchi e Sassanelli, come “figlio di URTIcanti”, per avere lo stesso non solo partecipato a diverse masterclass nel medesimo circuito ma per aver battezzato la sua opera prima nell’edizione del 2006. E’ subito evidente, anche attraverso la presentazione dell’istrionico attore/cantante tenore Gianluca Bocchino, neonata presenza del festival, che la serata avrebbe avuto un volgere di assoluta e spontanea simpatia.
Così è stato! Il primo atto, “Non è la Callas”, è un brillante monologo sull’identità di genere, in cui Bocchino, destreggiandosi tra la recitazione ed il canto, attraverso la storia di un ragazzo che condivide con la di lui madre la passione per la celebre cantante lirica, ci conduce con leggerezza attraverso le sue gioie (poche) ed i suoi dolori (tanti) nella battaglia che pressocchè quotidianamente ingaggia per poter essere libero di esprimere appieno e liberamente se stesso.
La storia scivola bellamente, i dialoghi, semplici ma efficaci sono sottolineati dalla mimica accattivante di Bocchino e dalle sue doti canore, seppur soffocate dalla modalità della narrazione, ed intervallati dalle bellissime e pindariche incursioni pianistiche del maestro Turi. Si ride, tanto, grazie alle capacità diversamente abili degli artisti in scena che si intrecciano con un ritmo sincopato che ci permette di riflettere senza retorica sul tema dei diritti definiti (piaccia o non piaccia) degli LGBQTI+ ancora lontani dall’essere socialmente ed universalmente accolti. Ed è alla figura paterna (non poteva che essere così a mio parere), cui il protagonista rivolge spessissimo il suo “scusa papà”, a cui viene affidata l’incarnazione ideale di quella parte della società cui (a torto) si deve chiedere, appunto, inspiegabilmente ancora scusa per essere felici di essere ciò che si è.
Al volgere della narrazione si applaude, ancora tanto, il ché ci induce alla ulteriore riflessione che l’arte, in qualunque modo sia declinata, non è fine a se stessa, semmai qualcuno lo pensi ancora, essa è strumento e portatrice sana di idee, di visioni e riflessioni sociali.
Comme d’habitude, questa volta lo spazio aperto alle giovani promesse del teatro e della musica, e dedicato a Pablo Picasso, viene affidato a due ragazzi di 13 e 14 anni che si sono cimentati, con evidente emozione, per la prima volta nella recitazioni di poesie del sommo poeta, tra cui la meravigliosa “Non incolpare nessuno”, in cui il passo…”accettati adesso o continuerai a giustificarti come un bimbo”… sembra chiudere il cerchio emotivo dell’opera buffa appena conclusa.
Il secondo atto ,“ Non è un paese per Veggy – Gluten free – suite lirica da tinello”, è interamente dedicato al libretto scritto da Federico Capitoni, noto giornalista, critico musicale e drammaturgo, che evidentemente gioca con il titolo del famoso film dei fratelli Coen “Non è un paese per vecchi”, ed è adattata dal maestro Turi per solo piano e voce/cantante, diversamente dall’originale, portata in scena recentemente a Roma in versione integrale.
Diotallevi è il protagonista principale della storia, ben interpretato da Bocchino, un regista radical chic soprannominato Veggy (da vegano) per via della scelta di eliminare dalla sua routine culinaria qualsiasi alimento (e derivato) di origine animale – da qui il suo nomignolo e l’estensione del titolo della pièce – che ingaggia un’ambiziosa personale battaglia contro l’inquinamento, la deforestazione, il maltrattamento degli animali e oltre, sollecitando il suo prossimo a seguire un corretto stile di vita.
Lo fa cercando di mettere in scena uno spettacolo che, unendo la musica con il parlato, il melologo, appunto, dal titolo “Zucchero di canna”. Purtroppo non vi riuscirà, morirà portando con sé il desiderio di realizzare un “dramma nutrizionista” in uno con i suoi ideali e la convinzione che il nostro, appunto, non è un paese per “Veggy”, ovvero metaforicamente di coloro che vogliono combattere degli stereotipi consolidati e dei meccanismi ormai fin troppo oliati che alcuno spazio lasciano a chi, nel mondo, ha visioni diverse dalla massa.
La bravura di Turi e Bocchino, che ha un che di simpaticamente spontaneo, esalta l’opera-non opera “buffa”, per intenderci, dove l’aggettivo non è da associare ad una meno pregevole rappresentazione propria delle opere liriche destinate ad un pubblico colto e aristocratico, bensì nel genere che nasce per mescolare la musica alla recitazione, nel quale chiunque, indipendentemente dalla propria estrazione sociale, riesce a comprenderne i temi e ad immedesimarsi nei personaggi rappresentati.
Sebbene a tratti, purtroppo, si sia persa la voce narrativa per via di estemporanei problemi audio, anche “la suite lirica da tinello” coinvolge divertendo, con fine intelligenza, risultando una vincente scelta nel cartellone di questo festival che speriamo possa essere un volano per questo vincente duo “contromano”.
Gemma Viti
Foto di Raffaella Ronchi
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