Il Progetto Colibrì – Biblioteche di Bari è un’utopia possibile, un sistema di presidi culturali, un luogo di cittadinanza attiva. Promosso dal Comune di Bari e finanziato dalla Regione grazie a fondi europei, prevede ben undici biblioteche di quartiere, gestite con standard unitari, ma capaci poi di muoversi autonomamente a seconda delle esigenze contingenti, della sensibilità dei gruppi e delle associazioni alle quali sono affidate, modulando attività e iniziative sui bisogni della comunità di riferimento.
La prossimità è l’elemento qualificante, quello che rende questi luoghi realmente aderenti al territorio e alle persone, capace di stimolare l’aggregazione e l’educazione, con particolare attenzione ai bambini. Undici spazi, dicevamo, nove dei quali già inaugurati negli ultimi mesi.
Un’utopia possibile perché grande e ambiziosa, sé vista nel suo complesso, ma realizzabile se parcellizzata (sul modello delle esperienze inglesi, olandesi e tedesche) e localizzata nel tessuto urbano e sociale. La biblioteca diventa in questa nuova ottica luogo facile da raggiungere, aperta tutti i giorni, in cui curiosare, muoversi, cercare, conoscersi e socializzare. Per questo ogni realtà proporrà iniziative non calate dall’alto, ma generate dal basso, cioè espressione delle esigenze delle comunità reali, dei bisogni dei cittadini di quel particolare territorio. È un desiderio di rigenerazione urbana, di animazione e partecipazione. È la città da vivere “in quindici minuti”, il tempo massimo per raggiungere i servizi essenziali. È il quartiere che assume il volto e il carattere dei suoi abitanti.
Ben vengano allora queste utopie possibili, come la piccola Biblioteca Marconi, inaugurata a fine settembre nei locali dell’omonima scuola (ma con un ingresso indipendente) fortemente voluta dai genitori degli alunni, colorata nei muri e negli occhi di coloro che ne sono custodi. È in questi spazi, piccoli ma accoglienti (110 mq, il vecchio alloggio del custode), che di recente si è svolta la presentazione del libro vincitore del Premio Strega “Come d’aria” con la partecipazione del marito dell’autrice Ada D’Adamo, prematuramente scomparsa.
E sempre nell’ottica dell’apertura al quartiere e ai cittadini, sabato 7 ottobre gli spazi della biblioteca si sono aperti al monologo di Daniela Baldassarra: “Ridere è una cosa seria”, una esplorazione della comicità femminile e “al femminile”, nella lotta alle discriminazioni.
Utilizzando un linguaggio schietto ed esplicito, inteso come conquista di parità nei confronti del genere maschile, la Baldassarra ha raccontato il mondo delle donne alle prese con argomenti tabù, e la loro libertà nel parlarne in pubblico. Gli ottimi tempi comici, le pause “riempite” da un’eloquente mimica facciale, il coinvolgimento del pubblico presente e il dialogo che ne è derivato, hanno dato vita ad una serata senza dubbio divertente, anche se il desiderio di strappare una risata ha talvolta abbassato il livello di ironia e sarcasmo, scegliendo la strada della battuta fin troppo esplicita; un escamotage di cui la Baldassarra non avrebbe bisogno, vista la sua capacità di scrittura, l’efficacia affabulatoria e il feeling che riesce sempre a creare col pubblico.
La biblioteca Marconi è un piccolo gioiello, come del resto gli altri presidi che afferiscono al Progetto Colibrì, e la speranza è che siano davvero avamposto di coesione sociale e culturale, oltre che luogo di condivisione del sapere.
L’auspicio è che questi luoghi siano sentiti come propri, che i singoli (oltre alle associazioni) se ne prendano cura, che la cosa (e la casa) di tutti sia innanzitutto cosa (e casa) di ciascuno. Che ognuno si senta chiamato a custodire, a proteggere, a far crescere questo bene. Che l’entusiasmo di pochi sia infine condiviso da molti, da coloro che spesso restano lontani, dai più piccoli ma anche dai grandi. Che questi spazi siano occasione di incontro e di confronto per tutti, per imparare a respirare al ritmo della parola scritta: quella che fa vivere altre vite, entrare in nuovi mondi, dire quello che si ha dentro e non si riesce a raccontare.
Imma Covino
Foto dalle pagine web dell’artista