Ancora una volta il Duke jazz club si conferma luogo privilegiato per ascoltare musica di altissimo livello. E lo ha fatto ospitando un quartetto di straordinari musicisti coordinato dal batterista lucano Giovanni Scasciamacchia, con Andrea Pozza al pianoforte, Aldo Zunino al contrabbasso, e la presenza davvero straordinaria del tenor sassofonista americano Scott Hamilton, una vera leggenda del suo strumento.
Considerato uno dei migliori sassofonisti tenori al mondo nel jazz mainstream, casse 1954, lo abbiamo visto arrivare sul palco con un bastone ed il primo pensiero che abbiamo potuto fare è stato quello di un musicista d’altri tempi, ma non appena ha scambiato il bastone con il sassofono, ci siamo dovuti ricredere. Tra l’altro, un bellissimo strumento (un Selmer super Balanced Action del 1953), intarsiato e consunto, testimone di tantissime battaglie. Un vero cimelio. Trasferitosi dal nord degli Stati Uniti a New York nel 1976, ha avuto l’occasione di collaborare con tantissimi musicisti, tra cui spiccano i nomi di Roy Eldridge, Benny Goodman, George Wain, Gerry Mulligan, Woody Herman (citando solo i nomi noti a tutti), entrando spesso in sala di incisione con loro. Più di cento invece le incisioni a suo nome.
Il suo stile è decisamente classico, non tralasciando lo swing, riferendosi a capiscuola quali Ben Webster, Coleman Hawkins o Lester Young. L’ascolto del concerto è stato piacevolissimo e molto attuale, facendoci ascoltare numerosi splendidi assoli e dialogando con tutti i musicisti presenti sul palco, che di certo hanno estrazioni diverse. Oggi è considerato uno dei pochi musicisti portavoce della tradizione del sax tenore nel jazz.
Il suo modo di suonare è stato così descritto dal suo amico (e sassofonista anch’egli) Dave Gelly: “un assolo di Scott è come ascoltare un grande oratore: prima viene la voce, l’inimitabile e sicuro suono del suo sax tenore, poi lo stile informale e infine la sorprendente fluidità e padronanza del linguaggio del jazz”. Descrizione perfetta ancora oggi per descrivere il suo stile.
Grazie alla sonorità inconfondibile del suo sax ha ricevuto il premio “Ronnie” per il Sassofonista Internazionale di Jazz dell’Anno nel 2007 con i primi Jazz Awards assegnati dal Ronnie Scott.
Interprete di una musica elegante, basata su un impeccabile fraseggio e un sound che già negli anni Settanta (quando la tendenza era quella di proporre alternative sonore particolarmente aggressive) lo impose per la dolcezza del suo sassofono e l’immaginazione creativa.
Scott Hamilton ed Andrea Pozza hanno realizzato due incisioni in duo molto significative (I could write a book del 2013 e Who cares? del 2014). I due artisti si conoscono da vent’anni e si esibiscono regolarmente assieme con concerti in tutta Europa. Un dialogo tra pari, in cui non emerge una leadership, ma un grande interplay e sintonia che i due grandi musicisti hanno costruito nel corso degli anni. La particolarità di queste realizzazioni, per la casa discografica Fonè, è il recupero delle atmosfere musicali originali, registrando in presa diretta (e con strumentazioni estremamente raffinate) realizzate all’interno del Palazzo di Scoto di Semifonte, a Certaldo (in Toscana), sfruttando l’acustica del luogo e senza effettuare alcuna manipolazione elettronica del segnale, né alcuna artificiosa correzione.
Andrea Pozza avevamo già avuto modo di ascoltarlo qui al Duke a gennaio 2022. Allora era ancora d’obbligo l’uso delle mascherine. Era un po’ come mettere un bavaglio alla musica. Grazie a Dio abbiamo nuovamente avuto il piacere di ascoltarlo e di apprezzarlo. Inizia giovanissimo lo studio del pianoforte dedicandosi contemporaneamente al jazz e alla musica classica. Si diploma al Conservatorio Niccolò Paganini di Genova nel 1987. Debutta al Louisiana Jazz Club di Genova a soli 13 anni ed è l’inizio di un’intensa attività concertistica che gli darà l’opportunità di collaborare con alcuni musicisti americani sia in club che in festival in Italia e all’estero.
Andrea Pozza ha insegnato al Conservatorio di Milano ed attualmente è docente di “Pianoforte Jazz” e “Tecniche di Improvvisazione Jazz” al Conservatorio Niccolò Paganini di Genova.
Aldo Zunino nasce a Genova nel 1963 (sul palco del Duke ha festeggiato il suo sessantesimo compleanno) e inizia la sua carriera professionale nel 1985 suonando in tutta Italia con i più rappresentativi musicisti del territorio. Nel 92 vince il premio”AICS JAZZ” ed inizia la sua attività didattica nelle scuole del Louisiana Jazz Club e Ellington club. Ha partecipato a Festival internazionali quali: Umbria jazz, Leverkusen, Burghausen, Ivrea, Le Mans, Ascona, Fano, Estival, Villa Celimontana, Roccella Jonica, Umbria Jazz Balkanic, Varsavia, Cracovia, North Carolina, Barcellona, Vigo, Ouro Preto ecc.
Smisurato è l’elenco delle sue collaborazioni. Tra i più significativi: Gianni Basso, Enrico Rava, Maurizio Giammarco, Franco Cerri, Gil Cuppini, Gianni Cazzola, Tullio De Piscopo, Massimo Urbani, Dado Moroni, Paolo Fresu, Emanuele Cisi, Piero Odorici, Benny Golson, Clark Terry, Tommy Flanagan, Clifford Jordan, Kenny Barron, Harry “Sweets” Edison, Nat Adderley, Cedar Walton, Lester Bowie, Horace Parlan, Tony Scott, Art Farmer, Lee Konitz, Uri Caine.
Di Andrea Pozza e di Aldo Zunino ho sempre apprezzato la pazienza con cui ogni notte del Festival Umbria Jazz, insieme ad altri straordinari musicisti (Piero Odorici, Daniele Scannapieco), hanno infiammato il pubblico notturno con interminabili jam session.
Il batterista Giovanni Scasciamacchiaè il coordinatore del gruppo. Nasce a Bernalda nel 1977. La sua formazione da “autodidatta” avviene negli anni attraverso l’ascolto attento della musica, soprattutto quella dei Grandi del Jazz. Sarà proprio la grandezza e la bellezza di questo genere che lo porterà ad esprimere pienamente il suo talento.
Numerosissimi i concerti nei Jazz Club e Festival Jazz in Italia e all’estero. Ha collaborato e collabora con Steve Grossman, Dado Moroni, Rosario Giuliani, Fabrizio Bosso, i fratelli Deidda, i fratelli Scannapieco, Andrea Pozza, Pietro Lussu, Emanuele Cisi, Max Ionata, Marco Tamburini, Gaetano Partipilo e tantissimi altri. E’ tra i batteristi più richiesti dai grossi nomi italiani e stranieri. Ormai è di casa al Duke, ma questo non significa che non merita tutta la nostra attenzione. Sempre preciso, elegante, senza mai prevaricare sugli altri strumenti. E come diceva il buon Guido (ottimo padrone di casa), nella presentazione del gruppo, di una educazione senza pari.
I brani ascoltati sono di estrazione più disparata, dal classico “Three little words”, a “Groove yard” di Carl Perkins, al brano “Pure immagination” tratto dalla colonna sonora del film Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, a “The end of a beautifull friendship”, al celeberrimo brano “Tin Tin Deo”, composto da Dizzy Gillespie e Chano Pozo, a “Sophisticated lady”, brano di Duke Ellington, giusto per omaggiare il nome del Duke Jazz Club.
Senza dubbio è stata una serata magica, animata da musicisti straordinari. Oltre alla nomea che ognuno si porta dietro, l’affiatamento tra Pozza ed Hamilton è stato eccellente, sostenuto da una sezione ritmica impeccabile, senza pari. Ad animare una serata non priva di emozioni, negli ultimi brani del concerto Guido Di Leone è stato invitato a salire sul palco, e nell’ultimo, Andrea Pozza è stato sostituito al pianoforte dal “nostro” Bruno Montrone.
Nonostante la giovane età (classe 1987), già nel 2016 Bruno Montrone aveva partecipato ad una tournée italiana con Scott Hamilton, suonando in varie città, Bari compresa. Sono passati ben sette anni da quella occasione. Bruno resta un giovane pianista, ma la sua tecnica e la padronanza nel tenere la scena hanno fatto passi da gigante. Come si usa dire dalle nostre parti: “lo abbiamo visto crescere”. Anche in questa occasione non si è lasciato intimorire.
I brani eseguiti in quintetto sono stati “East of the sun (and west of the moon)” e “On green dolphin street”. Nel bis finale il contrabbasso è passato dalle mani di Aldo Zunino a quelle di Giampaolo Laurentaci per un blues davvero accattivante.
Come concludere il resoconto di questo concerto straordinario? Il Duke jazz club di Bari resta un punto d’incontro ed un passaggio obbligato per tanti musicisti. Senza nulla togliere ai musicisti pugliesi che sono sempre di più apprezzati ovunque, questo concerto in particolare ha visto l’incontro di musicisti provenienti da aree geografiche differenti, con storie diverse alle spalle, che sono stati capaci di entusiasmare il pubblico con una musica che sì, affonda le radici nella tradizione, ma è stata presentata con una veste attuale più che mai. Un plauso a tutti i musicisti. Un plauso a Guido di Leone (come musicista e come padrone di casa).
Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro
Peccato mi sono perso questa serata. Di Hamilton presi un CD diversi anni fa e lo riascolto spesso con molto piacere perché ha quella delicatezza nel suonare che ti rilassa. Bravo Gaetano per la recensione che non tralascia nessuno dei super musicisti. Complimenti.