“Un cane è come la creta, il nostro lavoro qui è di dargli forma: un cane può essere dinamico, aggressivo, un lottatore, codardo o affettuoso. Richiede lavoro, pazienza ed attenzione da parte nostra. Ogni cane, anche il suo, aspetta che noi gli insegniamo come comportarsi.”
(“Kynodontas”, Yorgos Lanthimos, 2009)
La lunga maratona festivaliera ha trasformato il pubblico in un corpo collettivo, come Tita Tummillo ha affermato prima di questo spettacolo, non senza commozione, di fronte agli avventori, numerosi e in crescita, del panorama vasto, multiforme, totale degli spettacoli proposti, sempre con la massima attenzione alla qualità e al messaggio che ciascuna esibizione vuole trasmettere.
BiG sta per Bari International Gender Festival, kermesse transfemminista di cinema, performance, musica, danza e dialoghi, arrivato alla nona edizione, diretto da Miki Gorizia e Tita Tummillo, promosso e organizzato dalla Cooperativa sociale AL.I.C.E., sostenuto dal FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), Regione Puglia, PACT Teatro Pubblico Pugliese a valere sul Fondo Speciale Cultura e Patrimonio Culturale L.R. 40/2016 art. 15 comma 3, Comune di Bari, Ufficio Tecnico – Tavolo Tecnico LGBTQI del Comune di Bari, Centro Antidiscriminazioni del Comune di Bari, Medihospes, Centro Antiviolenza – Assessorato al Welfare del Comune di Bari, Ambasciata Olandese e Pro Helvetia, in collaborazione con Fondazione H.E.A.R.T.H., Università degli Studi di Bari «Aldo Moro» – Dipartimento ForPsiCOm, Teatri Di Bari, Teatro Kismet e Fondazione Apulia Film Commission.
La venue, familiare, è quella del Teatro Kismet, e proprio stasera il programma del BiG qui incrocia un altro festival, il “DaB, Danza a Bari”, che nella serata ha inaugurato il palco col suo spettacolo “Lingua”. Qui, il palco vibra ancora della forza de “La Merda”, andato in scena qualche sabato fa e de “Il Tango delle Capinere”, dello scorso weekend.
Meno familiare per me, abituata a viverlo da pubblico, è il palco. Proprio attorno al palco veniamo fatti accomodare, in attesa della performance.
“Uovo” è lo spettacolo di Gabriella Maiorino, con Martina La Ragione, Matilde Bignamini, Francesca Mazzoni e Valeria Secchi, e le musiche di Giovanni Cavalcoli.
Le quattro protagoniste escono disegnando lo spazio scenico con la propria nudità. Dapprima placide e sorridenti, iniziano a fomentarsi a vicenda e a inquietarsi, assumendo le movenze, i suoni e gli atteggiamenti da canidi, diventando a tratti anche aggressive, accucciandosi tra le persone e continuando a guaire. Una di loro assume il ruolo della padrona, trasformando il palco in un affollato gioco di ruolo, in cui presto non sarà chiaro chi sarà il padrone di chi, e chi dominerà chi, fino a quando non compare l’uovo, un cibo puro e semplice, pur con la sua origine che qualcuno definirebbe questionabile, eppure così spaventoso, se si pensa che diventa un elemento di ricatto per il corpo femminile. Pur non nascondendo il conflitto e la sua esibizione, nella performance non vi è traccia di dolore, semmai vi è la condivisione e glorificazione divertita dell’uovo, offerto, condito e accompagnato al pubblico stesso con gesti ampi e solenni, prima di dar vita alla parte più convenzionale dello spettacolo, almeno all’apparenza: un saggio di technosamba e di videodance avveniristica, spinta da luci e musiche estremamente accattivanti. L’ultima parte della performance, a completare la totalità cui ambisce, è quella installativa: un bancone da bar viene installato al centro del palco, il pubblico è invitato al centro del palco, due delle protagoniste praticano su di sé il body painting, e parte un banchetto a base di vino, patatine, musica easy listening, e…uovo sodo.
Difficile da identificare, come spettacolo? Semplice: “Uovo” va gustato.
Beatrice Zippo
Foto dal sito del Big
e dal profilo Facebook di Gabriella Maiorino