“Quem semeia vento, colhe tempestade; quem semeia amor, colhe saudade.” (proverbio brasiliano)
Quando, nel suo personalissimo quanto ironico vocabolario, Ambrose Bierce scriveva “Clarinetto (s. m.): strumento di tortura praticato da chi ha preventivamente imbottito le proprie orecchie di cotone. Ci sono solo due strumenti più esiziali di un clarinetto: due clarinetti!”, di certo non aveva potuto prevedere l’avvento di Anat Cohen, clarinettista – ma anche sassofonista – entrata di diritto nell’Olimpo del jazz mondiale per il suo sterminato talento, in cui convivono un inconfutabile virtuosismo espressivo ed un’ammaliante vena melodica che le consentono di affrontare i più disparati linguaggi musicali, e – perché no – per la sua personalità estroversa e carismatica unita ad una affascinante presenza scenica.
Nata a Tel Aviv ma newyorkese d’adozione, sorella del trombettista Avishai e del sassofonista Yuval, Anat riesce a spaziare e, soprattutto, a convincere in ogni genere musicale, così come è accaduto quando ha deciso di dare alle stampe “Alegria da casa” (2016) e “Rosa dos ventos” (2017), due ottimi lavori realizzati con il Trio Brasileiro, formato da Douglas Lora alla chitarra classica, Dudu Maia al bandolim ed Alexandre Lora alle percussioni, naturali colonne portanti della serie di concerti che stanno portando in giro per il mondo, giungendo sino all’AncheCinema di Bari per l’evento d’apertura di “Adelante!”, la nuova straordinaria Stagione – l’undicesima – dell’Associazione “Nel Gioco del Jazz”.
Se ci è consentita una piccola digressione dalla mera cronaca del concerto, non possiamo esimerci dal sottoscrivere totalmente il discorso iniziale del direttore artistico Maestro Roberto Ottaviano, per l’occasione sul palco assieme al presidente Donato Romito, quando, con la classe che lo contraddistingue, si è rammaricato nel dover rimarcare l’assenza del pubblico delle grandi occasioni, quello che, al contrario, sta affollando ogni data del tour dei quattro fantastici musicisti, regalando loro ripetuti sold out.
Ebbene, questa volta più che mai, possiamo affermare che gli assenti hanno avuto torto, privandosi di una serata di pura gioia, una vera e propria celebrazione di come possano convivere la cultura ricca e variegata del Brasile ed il miglior jazz nelle mani sapienti di artisti oltremodo dotati che sembra suonino per il puro piacere di condividere il loro amore per la musica e per la vita, che si donavano all’osannate pubblico per mezzo di una perfetta, accattivante ma mai scontata miscellanea di composizioni originali e grandi classici del choro brasiliano, peraltro da sempre definito il cugino carioca del jazz, per quella sua propensione a mescolare tradizioni melodiche ed armoniche europee con ritmi e sensibilità africani.
Ma, in barba al significato della parola “choro” (pianto, lamento), l’esibizione di Anat e del Trio è stata sempre brillante, vivace, divertente, esuberante e variegata per sonorità e atmosfere, anche se, comunque, non disdegnava di proporre taluni emozionanti e deliziosi momenti di pura “saudade”; mostrando un interplay più unico che raro, l’ensemble proponeva brani di sicuro impatto eseguiti in modo più che magistrale, tra cui spiccavano “Murmurando”, “Baião da esperança”, “Pra você, uma flor”, “In the spirit of Baden”, “Valsa do Sul”, “Waiting for Amalia”, “Anat’s lament”, “Santa Morena”, “Choro pesado”, sino alla famosissima “Um a Zero” del grande compositore di choro Pixinguinha, che catturavano indistintamente le orecchie ed i cuori dei presenti, donando a tutti un fugace quanto indimenticabile attimo di calore.
Prossimo appuntamento della rassegna il 6 ottobre con il mito del Tom Harrell Infinity Quintet.
Pasquale Attolico
Foto di Mba’rock Crudele