La settimana sportiva: l’analisi di Bari – Reggiana

Una Waterloo, una Beresina, una sconfitta alle Termopili, una sconfitta a Canne della Battaglia. Insomma, una sconfitta dal sapore di vergogna dove è stata calpestata anche quel briciolo di dignità che ancora è rimasta nel cuore dei tifosi ormai consci e rassegnati da ciò che aspetta loro quest’anno.

Mai, a memoria d’uomo, ricordo una gara di questo tipo dove il Bari, letteralmente, non ha mai tirato in porta, in casa, al cospetto di una neopromossa e che le stava dietro in classifica a cui gli mancava mezza squadra ed altri due sono usciti per infortunio. Mai, nemmeno ai tempi dei peggiori anni anonimi dei Matarrese. Mai! E poi, non dimentichiamo la puntuale legge di Murphy che si è ancora una volta materializzata a sfavore dei biancorossi, quella che vede il Bari vestire i panni di medico o di crocerossina al capezzale di malati, e sabato la Reggiana era malata di ben otto giocatori, e quando ci sono queste condizioni, di norma, la squadra malata è destinata a perdere con chiunque, ma non col Bari che tende sempre a rivitalizzarle. Da sempre. E questo in una piazza come Bari dove l’entusiasmo e le emozioni dovrebbero essere di casa perché in partite anonime si muovono in sedici mila, non deve mai accadere. Mai! Qui si è spento l’entusiasmo, ed è molto grave. Molto.

Ha vinto la Reggiana, strameritatamene ma è anche stato il trionfo del “Nulla”, quello del celebre film “La Storia Infinita” (The NeverEnding Story), l’oscura entità che distrugge tutto, del pressapochismo, delle matite rosse e blu di un ideale compito in classe svolto sul terreno verde. Forse la più brutta partita di tutti i tempi, nemmeno ai tempi matarresiani di Lipatin e Pizzinat ho intravisto simili prestazioni. Non c’è stato niente da salvare. Sconcertante. E’ stato un mix di tutto, scarsa condizione fisica, mancanza di corsa, sincronismo inesistente, reparti sfilacciati, nessun tiro in porta, nessuna azione pericolosa creata, cattiveria mai vista, idee pari allo zero, insomma lo zero assoluto.

Il Bari ha stentato nella manovra in avanti e non si è mai acceso. Non è possibile non tirare in porta nemmeno una volta, in casa, contro un avversario neopromosso, alle spalle in classifica, senza sei titolari e con altri due usciti per infortunio. No, questo non è possibile nel calcio, è fuori dal normale a prescindere dal tipo di rosa che si ha a disposizione. Son venuti a galla tutti i limiti di questa squadra, anzi di questa rosa perché le responsabilità si allargano alla panchina, ed anche le mezze bugie dette fino adesso, ovvero che era Mignani il colpevole cacciato dopo sole nove giornate con una sola sconfitta sul groppone per giunta in casa della prima in classica (ma dove s’è visto mai una cosa del genere?!), quelle del direttore sportivo che più volte ha dichiarato che questa rosa sarebbe stata più forte di quello dello scorso anno, che questo sarebbe stato un anno di transizione (mai frase fu tanto inopportuna al punto che si è insediata nella mente dei giocatori che, probabilmente, si son sentiti svuotati da ogni obiettivo: sfido chiunque a giocare a pallone se la propria dirigenza afferma coram populo che “si, si giocate, tanto quest’anno non puntiamo a nulla”: con quale spirito, poi, si affrontano le partite?), che si sarebbe aggredito il mercato, della colpa dei tifosi che mettono pressione e alle rassicurazioni verso la piazza che il subentro di Marino sarebbe stata una garanzia in quanto “maestro di calcio”, lui che, ovviamente, non è un allenatore scarso, ma, diamine, che si eviti di circuire la piazza con affermazioni pericolose e perniciose in un momento storico del campionato dove si vive sul filo di lana.

Con Marino il cambiamento, la versione di rotta, non ci sono stati, anzi, si, ma in peggio non tanto per i risultati scadenti quanto per l’atteggiamento messo in campo dai giocatori che hanno rinunciato a giocare per tre quarti di ogni partita fin qui vista, se non per tutta. Tralasciando le gare di Mignani dove, bene o male, l’elettrocardiogramma, tutto sommato, non era completamente piatto dando segnali di vita, hanno cominciato da Piacenza, passando per altre partite in casa, arrivando ad Ascoli e finendo sabato, tranne casi occasionali (Ternana). E chissà cosa ci riserverà il futuro che si prevede ancora nero dal momento che venerdì si va a Palermo dove, per definizione e per antonomasia, il Bari ne uscirà con le ossa rotte salvo miracoli occasionali, soprattutto se la squadra che scenderà al “Barbera” sarà la stessa di quella scesa in campo sabato con lo stesso atteggiamento remissivo e mai propositivo. Come si può pensare ad una vittoria o ad un pareggio venerdì? Nemmeno i più ottimisti potrebbero pensarlo, ripeto, a meno che non scenda in campo un’altra squadra che, al momento, con tutta la buona volontà, non riesco ad intravedere.

Il Bari ha perso malamente contro la Reggiana che ha meritato di vincere dimostrandosi squadra vera che ha fatto delle difficoltà la sua forza da dove è uscito tutto l’orgoglio che una squadra dovrebbe uscire in circostanze complicate. Davvero un’offesa alla città vedere questo Bari.

Bari è stata capace di riempire di 120mila spettatori le ultime due gare di playoff facendo incassare tanti soldi alla società, naturalmente insieme agli altri spettatori (e ad altri milioncini) delle gare dell’anno scorso che, partita dopo partita, aumentavano numericamente. E con questi soldi, oltre ai ricavi di Caprile e Cheddira non son riusciti ad allestire una squadra quantomeno decente quasi la piazza fosse quella di Lecco o di Salò. Come si può scrutare un orizzonte che, ad oggi, si ferma al tetto? Come si può pensare positivo con i nuovi che stentano e che avranno bisogno del solito mese, mese e mezzo di tempo per entrare in forma (mentre il Bari continuerà a perdere punti e partite), con Maita che azzera quel poco di buono che si era intravisto ogni tanto in questo campionato, con Dorval che continua a difettare in fase difensiva al pari di Ricci che saprà pure correre sulla fascia ma quando c’è da difendere lui non c’è mai, con i centrali difensivi, a prescindere che si chiamino Di Cesare, Vicari, Matino o Zuzek , continuano a beccare due gol a partita, con Brenno che si sarà pure ambientato, che sfodera qualche bella parata ma continua a peccare nelle uscite, con gli attaccanti che non segnano, con Menez che si crede un Dio venuto dal cielo e come tale intoccabile nonostante le pessime prestazioni, con Aramu che è uno spettro, con la panchina assolutamente inaffidabile, con gli infortunati che pure non avrebbero alzato il tasso tecnico? Ditemi voi come si può sperare in positivo. A ciò aggiungo l’eventualità che arrivino entro il 31 gennaio altri giocatori poco utili alla causa, giocatori fuori condizione, convalescenti, giovanissimi speranze spesso rimaste tali. Di Guberti ne capitano una volta ogni mille. Insomma, qui se non si prendono seri provvedimenti si rischia di arrivare tra ultime quattro, ben che ci vada tra il quintultimo ed ii sestultimo posto perché da una squadra che decide di non giocare in campo, che non tira in porta, c’è poco da sperare. E non datemi del pessimista, io descrivo e faccio considerazioni sul presente, non sul futuro, e se il presente è delimitato da una squadra che rinuncia a giocare, faccio difficoltà ad esternare ottimismo sia pur soffuso.

Infine una considerazione, o meglio la richiesta di una soluzione ad un mistero tutto barese: ma com’è che quando arrivano a Bari alcuni giocatori non rendono e stentano ad affermarsi quando è il loro turno, poi una volta cambiata aria diventato tutti forti ed titolari intoccabili? Penso a Frabotta ma l’elenco sarebbe lunghissimo.

Massimo Longo

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