“What’s that, foregone conclusion then you reckon, sir?” said the barman. “Arsenal without a chance?”
“No, no”, said Ford, “It’s just that the world’s about to end.”
“Oh yes, sir, so you said,” said the barman, looking over his glasses this time at Arthur. “Lucky escape for Arsenal if it did.”
(“E quindi signore, quale ritiene sia la conclusione scontata?” disse il barista “Che l’Arsenal non abbia possibilità?”
“No, no”, disse Ford, “è solo che il mondo sta per finire.”
“Oh, sì, signore,” disse il barista, scorrendo con lo sguardo i bicchieri questa volta verso Arthur. “Sarebbe una bella scappatoia per l’Arsenal se finisse.”)
(Douglas Adams, “Guida galattica per gli autostoppisti”, 1979)
Ne scomodiamo di metafore, sul mondo. Ci crolla addosso, ne portiamo il peso sulle spalle, quando una cosa è particolarmente bella, diciamo che ne è la fine. Il perché non l’ho mai capito, dal momento che dovrebbero essere le cose belle a far andare avanti il mondo, invece di farlo finire. Viste le sessanta guerre a varia intensità che lo interessano oggi, e quelle più piccole e quotidiane che tutte e tutti combattono, verrebbe da pensare che non è il mondo ad autodecretare la propria fine, bensì la nostra specie. Ne abbiamo avuto un piccolo assaggio durante il primo lockdown: le strade cittadine erano popolate di flora e fauna che si appropriavano di spazi altrimenti loro negati, erano ricomparsi perfino i pesci nei canali di Venezia. O ancora, nei dintorni di Chernobyl, ancora zona di alienazione, lupi, orsi, cinghiali, ma anche pioppi e betulle, ci regalano immagini fiabesche. Dovremmo essere consapevoli di questa situazione, invece continuiamo a costruire e mettere in opera trappole per noi stessi, spesso più per diletto che per necessità, come se le conseguenze di ciò che siamo e che facciamo non riguardassero noi e chi ci seguirà.
Su questi temi verte “Salveremo il mondo prima dell’alba”, neonato spettacolo della compagnia mantovana Carrozzeria Orfeo, una produzione Teatro dell’Elfo, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Bellini di Napoli e Marche Teatro, che arriva al Teatro Kismet di Bari nell’ambito del cartellone “Bagliori 2023-2024” a cura di Teresa Ludovico. La drammaturgia è di Gabriele Di Luca, che cura la regia assieme a Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi.
La nuova frontiera della rehab di lusso è una navicella spaziale. Qui si trovano ospiti ricchi, in clinica più per moda, che per convinzione. C’è la popstar tossicomane che ha mandato madre e manager a farsi friggere mentre era sulla cresta dell’onda; c’è la coppia formata da un tycoon delle farine di grilli, dipendente dallo smartphone, alle prese con una strage in una delle sue fabbriche in Vietnam, e il suo compagno, geisha devota, il cui bisogno di considerazione viene somatizzato in ansie e compulsioni; c’è il fabbricante di fake news, il più mercenario degli spin doctor, il più fluido dei lobbisti, affetto da perversioni raffinate quanto pericolose, assieme al suo maggiordomo, sulla carta esente dalla riabilitazione. Su di loro e sulle loro terapie interviene un coach, la cui apparenza da capoanimatore olistico nasconde in realtà l’anima con gli scompensi peggiori. Osservatrice, ma non solo, la voce femminile di un’assistente digitale fuori campo.
Una concatenazione di eventi finirà per legare le vite a bordo della rehab spaziale. Invece di estirpare il male da se stessi e dai propri affetti, i ricconi finiscono per causare casini ancora più grossi, in un’applicazione della teoria del caos che invece di mettere in relazione ali di farfalle e terremoti, recepisce le conseguenze più nefaste delle disfunzioni dei pazienti. E così, mentre finalmente la terapia fa il suo corso sulla psiche degli ospiti, è il pianeta ad avere bisogno di aiuto. Come riusciranno a gestire i pazienti della rehab questa responsabilità fatale dalla loro exclave terrestre? Baderanno al loro orticello, riprodotto in gravità rarefatta, o si ricorderanno dell’esistenza di un bene comune?
La pièce, come da sempre altissima cifra Carrozzeria Orfeo, si avvale di un interplay di precisione micronica e costante, particolare non irrilevante in uno spettacolo di due ore e mezza, grazie alla maestria di Alice Giroldini, Sebastiano Bronzato, Sergio Romano, Roberto Serpi, Massimiliano Setti, Ivan Zerbinati. La scenografia è ricca, soprattutto nel light design.
Soprattutto, lo spettacolo ci insegna che non esistono microcosmi davvero isolati, che salvare i mondi individuali, interiori e planetari non è un gioco solista. E quando e se non è possibile salvarli, anche la responsabilità di crearne di nuovi e migliori dipende da tutti.
Beatrice Zippo
Foto dalla pagina web della Compagnia