Non un bella gara, anzi, sicuramente una delle più brutte intraviste fino adesso. Sul piano squisitamente spettacolare è sembrata una “consecutio mariniana”, intesa come una continuazione del gioco di Marino che – diciamocelo – non divertiva nessuno ed, anzi, a tratti era di uno scoramento disarmante, però occorre anche dire che in due partite giocate male, il Bari ha fatto il pieno di punti, vale a dire sei su sei. E qualcosa vorrà pure dire.
Certe partite, come quella di sabato (ma anche quella col Lecco), sono le classiche gare sporche, difficili da vincere sporcandosi le mani ed i volti come i minatori in miniera, e quando si vincono è senza dubbio un merito perché non sempre si riescono a vincere, anzi talvolta si perdono pure con l’unico tiro in porta degli avversari e noi ne sappiamo qualcosa. Ed invece il Bari ha capitalizzato l’unica vera occasione capitatagli sui piedi, peraltro concepita dopo un cambio di Iachini, ovvero da Lulic che se non fosse subentrato chissà adesso di cosa staremmo a parlare.
Iachini in due gare ha azzeccato tutti i cambi, bisogna ammetterlo, cambi che hanno generato due vittorie, o comunque l’amministrazione del vantaggio conseguito, cosa per la quale, fino a Marino – Mignani incluso – non sempre avveniva. E’ vero, come ho scritto prima, il Bari non ha brillato affatto, anzi non ha convinto per niente, meno che sull’impegno intravisto da un po’ tutti perché con Iachini tutti corrono e si dannano l’anima ciò che non avveniva più coi suoi predecessori allorquando i giocatori sembravano automi, macchine, robot che rincorrevano farfalle senza retino, e al di là degli errori commessi da qualcuno (Maita e Edjouma), abbiamo visto un Bari compatto, concreto, quello del minimo sindacale, del sei politico insomma, capace di ottimizzare il momento che ha spaccato la partita.
Inutile sbilanciarsi, l’ottavo posto, peraltro mutabile oggi dal Modena, è una carica di ossigeno ad una squadra alla canna del gas che per riprendersi necessita ancora di terapie, forse non intensive ma sicuramente necessarie ed indispensabili. I sei punti fanno bene all’ambiente sia del tifo che della squadra perché si può lavorare con più serenità.
Due parole sulla contestazione legittima e civile: l’inno non è di proprietà dei De Laurentiis, va cantato insomma perché l’inno è dei colori, appartiene di diritto alle squadre che, nel corso degli anni, vanno in campo e serve per caricarle, per sorreggerle soprattutto in situazioni difficili come questa.
E poi il silenzio della curva: secondo me è sbagliato tacere. Quello striscione, al pari di quello esposto contro il Lecco, e mostrato urbi et orbi, era più che sufficiente, credo che fosse sarebbe stato il caso di riprendere ad incitare i ragazzi che sono gli unici artefici del destino dei colori biancorossi. Iachini, del resto, è venuto in curva affinché si deponessero le armi quanto meno sulla squadra e sui tecnici, e mi pare che avesse tutte le ragioni di questo mondo. Anche se, giriamo la medaglia, il Bari senza cori e con la contestazione ad oltranza ha ottenuto sei punti. Dunque, in medio veritas. Fate voi, insomma.
Infine una frase di incoraggiamento per tutti: “chi lotta può perdere, chi non lotta ha già perso.” (Ernesto Che Guevara)
Massimo Longo