“Il mestiere del musico è gramo, grigio, greve, grave e finanche grive, se volesse dire qualcosa. In poche parole: diventate musicisti solo se non conoscete un altro modo per guadagnarvi da vivere!”
Tra pochi mesi Sandro Berti, Gianluigi Carlone, Roberto Carlone e Giancarlo Macrì festeggeranno i primi quarant’anni di attività di quella straordinaria macchina che risponde al nome della Banda Osiris, uno dei più perfetti, quantomeno a nostra memoria, meccanismi teatrali che il nostro Paese abbia mai partorito, nato dal folle quanto ambizioso progetto di quattro musicomici ambulanti decisi a mettere la loro altissima professionalità di concertisti al servizio del più surreale umorismo, condito da abbondantissime dosi di ironia, sarcasmo, satira, distillate sempre con vivida intelligenza, anche grazie ad un uso oculato e mai sciatto del calembour. I loro spettacoli sono happening che è davvero difficile dimenticare, sia che condividano il palco con geni loro pari, come fu per l’omaggio a Fred Buscaglione di “Guarda che luna”, realizzato con Enrico Rava, Stefano Bollani ed il mai abbastanza compianto Gianmaria Testa, sia che si producano in una loro strabiliante performance, tra cui d’ora in poi non possiamo non includere “Le dolenti note”, produzione inserita nell’annuale ottimo cartellone dell’Agimus di Mola di Bari, lo stesso che, a breve, annovererà il concerto del mitico pianoforte di Michel Camilo.
Nata dalla trasposizione teatrale del libro omonimo edito nel 2014, a ben vedere la pièce sta tutta nel sottotitolo, in quel “Il mestiere del musicista: se lo conosci lo eviti” che, richiamando un terrorizzante slogan dedicato in passato a patologie che si credevano incurabili, vorrebbe farci credere di voler immediatamente chiarire gli intenti dell’operazione, vale a dire l’acclarata impossibilità di riuscire, nella nostra martoriata nazione, a vivere facendo della cultura la propria professione, dovendosi infine ritenere fortunati se si riesce a “tirare a campare”, tra mille vicissitudini ed altrettanti tagli ministeriali; è chiaro che, anche in questo caso, l’argomento si trasformi ben presto nel pretesto per permettere ai fantastici quattro la “solita” vorticosa, esplosiva e caleidoscopica miscellanea di vecchio e nuovo repertorio, il cui asse portante, naturalmente, resta sempre la musica, o, meglio, la possibilità di divertirsi con la musica, quella composta da Cajkovskij o dai Beatles, passando per Carosone ed il citato Buscaglione, e poi scomposta e ricomposta a piacimento dai migliori rappresentanti della moderna clowneria.
La cifra stilistica della Banda Osiris, ormai riconoscibile anche a occhi chiusi per quel loro stralunato modo di fare spettacolo, quell’aver perfettamente assimilato la grande “lezione marxista” (tendenza Groucho, ma non mancano chiari riferimenti anche ad Harpo e Chico), ne fanno un gruppo più unico che raro, che, tra raffinate esecuzioni, visionarie trovate e tratti di pura e poetica follia, coinvolge e conquista sempre lo spettatore, come è accaduto anche con l’attento, preparato ed osannante pubblico che ha assiepato in ogni ordine il Teatro Niccolò van Westerhout di Mola di Bari, già sold out da giorni.
Pasquale Attolico