Film da (ri)scoprire. “Una breve vacanza” di Vittorio De Sica con Florinda Bolkan: una attenta analisi della condizione femminile italiana negli anni ‘60

La trama 

 Clara (Florinda Bolkan) è nata in provincia di Cosenza e si è sposata per amore in giovane età con il conterraneo Franco (Renato Salvatori). E’ anche madre di tre figli ed è emigrata con tutta la sua famiglia a Milano per trovare fortuna. Nella casa vive con il marito, con un suocera che le è contro e con il cognato. Lei lavora come operaia in una fabbrica del milanese dove viene trattata la gomma in un ambiente assolutamente insalubre e manda avanti tutta la famiglia costretta,  come è, a mantenere, con molti sacrifici e stenti, la suocera, il cognato e tutta la propria famiglia perché il marito è momentaneamente invalido e ingessato alla gamba  per un incidente stradale. La salute di Clara (una bellezza sfiorita per gli stenti disumani in cui vive) sta per crollare, ma lei non molla perché da una parte deve mantenere la sua famiglia e dall’altra è consapevole che le assenze per malattia producono il licenziamento.

 Comunque spinta insistentemente  dalle compagne di lavoro, Clara si fa visitare presso  la mutua dell’epoca che la trova affetta da un nodulo tubercolotico. Il medico le prescrive il soggiorno presso il sanatorio di Sondalo in Valtellina per due-tre mesi. A questa malattia non credono né il marito né i propri parenti conviventi. E tuttavia Clara decide di partire per Sondalo.

Clara, fin dalle prime scene, appare nel suo aspetto molto sciatta, quasi un uomo, quindi una donna che sembra aver perso la propria femminilità; è molto stanca,  il suo matrimonio ha eliminato  la propria bellezza e la  prigionia viene esaltata, in tutta la sua evidenza, dalla fatica del lavoro e anche e soprattutto dalla mentalità ultra maschilista del marito, del cognato e della suocera che la controllano sempre fino allo sfinimento fisico e mentale. Si tratta infatti di un matrimonio pieno di doveri, tra cui quello di non opporsi al marito, che è geloso, la schiaffeggia e poi pretende la notte di fare l’amore al quale Clara tenta, invano, di opporsi

Dopo la diagnosi di TBC e la cura proposta dal medico presso il Sanatorio di Sondalo, Clara  decide lo stesso di partire nonostante che il marito e i suoi parenti non vogliano. Qui si apre per Clara un momento veramente felice, una malattia grave che si trasforma in vacanza. Una vera parentesi da dedicare a sé stessa perché lei nel Sanatorio non soltanto non lavora, ma anche non deve pensare  alla casa.

Nel Sanatorio tutto il tempo è per lei e lo si vede già nella stanza che occupa pulita e linda rispetto a casa sua  sudicia e buia. In questo tempo tutto suo Clara riesce persino a leggere i Promessi Sposi saltando alcune pagine e a farsi delle amiche, ad uscire con loro. Insomma Clara si sente così “libera” nel suo spazio fisico e mentale tanto  da innamorarsi di Luigi, un operaio incontrato mesi prima dalla mutua

Luigi è un ragazzo bello, serio e innamorato, vuole  da Clara un futuro ben diverso. Ma Clara che gli fa subito capire, a malincuore, che lei  non può, che il divorzio non se lo potrebbe permettere per la mancanza di soldi, che soprattutto non potrebbe mai abbandonare i suoi figli e gli dice esplicitamente che lei vuole continuare a vivere quella loro storia senza chiedersi nulla, senza dover per forza pensare al domani, perché è consapevole che prima o poi quel sogno, quella breve parentesi finirà.

Ed infatti quel giorno arriva con la bella notizia dell’avvenuta guarigione che si trasforma in una brutta notizia, cioè la realtà di dover ritornare a casa, arrivando perfino a dire a Luigi, forse falsamente, che il suo uomo è un bravo ragazzo che ne ha sopportate tante di sventure.

Clara non trova nemmeno il coraggio di salutare il suo amore, il suo Luigi.  Prende il treno e ritorna a casa, vittima del dovere del lavoro e della casa, del marito, del cognato e della suocera.

 E’ finito quel sogno di vita vera.

Le mie riflessioni

“Una breve vacanza” è un film del 1973 di Vittorio De Sica dopo che il grande  regista aveva  finito di girare il “ Giardino dei Finzi Contini” dove aveva rivisitato Giorgio Bassani con tanta delicatezza sia pure con un finale non condivisibile.

Il film è stato ricavato da un soggetto di Rodolfo Sonego e tratta di  un dramma sentimentale scritto da Cesare Zavattini. E’ stato molto avversato dalla critica dell’epoca e di fatto poco seguito nelle sale cinematografiche. Soltanto nel 1975 Florinda Bolkan ottenne un premio internazionale e Adriana Asti guadagnò un nastro d’argento come attrice non protagonista.

Infatti  Vittorio De Sica fu “accusato” di voler tornare alla poetica neorealista, mettendo in scena la tragedia di una donna ridotta allo sfinimento fisico e mentale, costretta a subire continue vessazioni.  Ma venne sottolineato dalla stessa critica una sorta di pseudo-femminismo, nonché un’apocrifa  denuncia sociale consistente nelle condizioni disumane del lavoro in fabbrica. Insomma il film veniva accusato di trascinarsi faticosamente, contrassegnato da un tentativo, poco riuscito, di rappresentare l’alienazione moderna.

Ma è tutto vero questo?

Secondo il mio parere no. E questo film oggi deve essere rivisto e rivalutato per una serie di motivazioni di non poco momento.

Clara/Florinda Bolkan rappresenta con la sua splendida interpretazione la vera essenza del femminismo ben in contrasto con il femminismo di facciata o meglio radical chic.

Clara vive in una vera Milano (non una Milano da bere) dove lo sfruttamento delle donne in fabbrica e il ritmo frenetico del lavoro era la regola e non l’eccezione.

Clara denuncia socialmente tali condizioni perché è tuttora vero che l’assenteismo delle donne dovuto a malattia è stato sempre mal sopportato. E la malattia, grave all’epoca, che si trasforma in una  breve vacanza mentale e fisica, un allontanamento  dalle costrizioni mentali e fisiche del lavoro e della casa, non è un espediente vacuo, ma la condizione vera della donna all’epoca.

Una breve vacanza” è una risposta al femminile a Lulù della “Classe operaia va in paradiso” di Elio Petri uscito nel 1971 con un grande Gian Maria Volontè che, non a caso, era stato il compagno di Florinda Bolkan nel film “Un cittadino al di sopra di ogni sospetto”.

Quindi una denuncia sociale di grande respiro poetico cui fanno da cornice due grandi storie: l’amore tra Clara e Luigi, tenero, intenso e non  melenso e l’amore verso i figli che comunque non si possono negare che siano nati da un precedente amore ormai finito e imbastardito dalla povertà, dallo sfruttamento sul lavoro e da una mentalità e atteggiamenti maschilisti ancora presenti nella nostra società.

E fanno da sfondo i colori dei paesaggi che riflettono lo stato mentale e fisico di Clara: prima una Milano vera, uggiosa, nebbiosa e scura e poi il bianco delle montagne e delle strade di Sondalo e del suo famoso sanatorio. Cioè l’anima nera e buia di Clara nella vita di Milano e lo splendore e il pulito (il bianco) delle  montagne della Valtellina.

E poi il tocco musicale e magico di Manuel De Sica ancora attuale, sensuale e drammatico.

Infine una domanda: il film “Una breve vacanza” è quasi sovrapponibile alla condizione femminile di oggi visto l’arretramento di fatto della donna condiviso, guarda caso, dalla mentalità maschilista della prima donna a capo di un governo? E’ soltanto una domanda e non un accusa. E la domanda avrebbe un nutrito fondamento nel numero dei femminicidi, sempre in ascesa esponenziale.

Nicola Raimondo

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