Si è conclusa la terza rassegna “Musiche Corsare – L’Esplorazione musicale di Marco Polo” a cura dell’associazione “Nel gioco del jazz” presieduta da Donato Romito sotto la direzione artistica del Maestro Pietro Laera. L’ispirazione al leggendario esploratore voleva fungere da guida simbolica all’itinerario musicale di questa breve rassegna che si è conclusa meravigliosamente grazie al sassofonista Raffaele Casarano che, facendo tappa nel Teatro Forma di Bari con il suo tour “Anì Live” ci ha fatto vivere un’esperienza musicale meditativa al limite del misticismo sonoro, in formazione con musicisti del calibro di Mirko Signorile al pianoforte, Gianluca Aceto al basso, Marco D’Orlando alla batteria ed Alessandro Monteduro alle percussioni.
“Uno per tutti, tutti per uno”, come farebbe dire Dumas ai suoi moschettieri. Casarano, che è anche ideatore e direttore artistico di uno dei più importanti festival nazionali di musica jazz – il Locomotive Jazz Festival di Lecce – è un talentuoso interprete della New Jazz Generation italiana, che, dando tra l’altro sfoggio della sua innata e spontanea simpatia, ci ha presentato parte del lavoro dedicato alla figlia Anita, nata agli inizi del 2022, che ha dato impulso al suo settimo album da solista, dopo ben tre anni di gestazione musicale, e che dà il nome ad uno dei pezzi dei quali siamo stati fortunati fruitori.
Il concerto si apre con un suono elettronico dolce che ci fa subito intendere in quale dimensione sonora saremo accompagnati dai magnifici cinque che, con suono felpato ma deciso, con tempi diversi ma all’unisono entrano ed escono sapientemente in una narrazione musicale dal sapore meditativo orientale che spesso ci induce a “sentire” col cuore gli stilemi jazz del linguaggio Casarano.
Le composizioni giungono con estrema immediatezza, non fanno parte di quei territori musicali irti e poco praticabili se non dai più esperti, tutt’altro, ed è questa la cifra stilistica che abbiamo apprezzato questa sera e che definitivamente ci rapisce con l’esecuzione del tema che ha ispirato ed ha dato la luce all’album “Anì”. La genesi è presto raccontata con estrema tenerezza da Casarano che condivide con noi il ricordo di quella mattina in cui la moglie, alle sette, regalandogli “una specie di termometro” gli diceva che era incinta. E su questo tuffo nel passato il suono elettronico iniziale si trasforma, divenendo battito veloce, di quelli che non si dimenticano perché battono il tempo della vita che sta per prendere forma. L’esecuzione che segue è magica, lieve, da brivido, sembra accompagnarci nel miracolo che si compie al concepimento ed al suo divenire, alla gioia ma anche alla paura che porta con sé. Ed il silenzio in sala che segue lo spirare dell’ultima nota per diversi secondi, restituisce il fiato al pubblico caduto evidentemente in uno stato d’estasi pura.
Il riconoscimento di un sentimento di fratellanza che Casarano nutre nei confronti di Signorile, con cui non riesce mai a litigare, nemmeno quando mette a confronto i pasticciotti leccesi alla focaccia barese, come quello di “cuginanza” nei confronti degli altri interpreti, e soprattutto verso lo Special Guest della serata, diventa per il sassofonista occasione per sottolineare il regalo ed il privilegio che ritiene di aver ricevuto dalla vita quando ha incontrato Dhafer Youssef – artista di fama mondiale costantemente impegnato nel portare in giro per il mondo un messaggio di pace con la sua musica che infonde con il suo tipico strumento arabo, l’“oud” e con la sua voce dai toni suadenti.
Il viaggio, a questo punto, si arricchisce di nuove sfumature tipiche tunisine grazie all’uso del liuto panciuto dal manico corto che ben si associa al canto graffiante del sax. Ma è quando si elevano gli echi amplificati di Youssef, che l’atmosfera si carica di melodie medio-orientali facendoci immaginare di essere nella grande moschea richiamati, al tramonto, dalla preghiera islamica del muezzin.
L’alchimia sul palco è più che evidente, tra gli interpreti ci sono indubbie affinità elettive che consentono a ciascuno di potenziare le proprie capacità; tra gli stessi è spiccato sicuramente il giovane batterista Marco d’Orlando (udinese, classe 1994); notevole, altresì, l’apporto delle percussioni di Alessandro Monteduro e delle corde del basso di Gianluca Aceto.
Allo stato non sapremmo eleggere il brano più bello tra quelli offerti, ognuno di essi è stato come ricevere in dono una perla, la cui luce, apparentemente neutra, ha riflettuto tutti i colori che solo le terre che si specchiano nel nostro Mediterraneo sanno generare, e “Malaspina” è una di queste.
Ma la serata è volta al termine con un omaggio ancor più particolare, e con modalità assolutamente inusuali poiché il maestro Casarano, a luci spente, ha chiesto al pubblico di accendere le torce dei telefoni cellulari. E così, in una riprodotta notte di stelle, ci ha fatto intonare uno struggente e dolcissimo refrain della “Preghiera al mare”, sulle note del suo sax, quasi ci inducesse a cullare tutti quei corpicini senza vita e senza colpe che troppo spesso diventano involontari protagonisti di guerre tra adulti ormai emotivamente anestetizzati e sui quali evidentemente anche la musica se ne deve fare portavoce.
E su questo brano, scritto nel 2016 ed ispirato alle migliaia di storie vere che rimbalzano quotidianamente tra le notizie dei servizi di informazione, la musica ci stordisce e ci lascia non solo con un nodo in gola, ma con l’immagine di una performance irripetibile, dal valore unico, talmente compiuta nella sua perfezione da subire, incolpevolmente, una leggera deminutio a seguito dell’acclamato bis che, pur essendo stato molto accattivante e molto apprezzato dal pubblico osannante, a parere di chi scrive non doveva avere luogo.
Gemma Viti
Foto di Gaetano de Gennaro