“I Thàlassa Mas”: il Mediterraneo in musica di Francesco Mascio e Alberto La Neve

Sono convinto che mai come oggi, pur vivendo in contesti sempre più dilatati, nei quali i contatti sono velocissimi, per resistere non dobbiamo mai abbandonare le nostre radici. Per diventare internazionali, dobbiamo appartenere a un Paese. Quel Paese, per me, è il Mediterraneo, che è sterminato patrimonio di culture e di visioni.”(Mimmo Paladino)

I Thàlassa mas, così lo chiamano i Greci. Akdeniz i Turchi, Deti Mesdhe gli Albanesi e Abahr al’abyad almutawasit gli Arabi: modi diversi per chiamare lo stesso Mare.”; l’affascinante incipit dell’album “I Thàlassa Mas”, firmato dal chitarrista Francesco Mascio e dal sassofonista Alberto La Neve, coprodotto da Manitù Records e Concertone, già fotografava l’iniziale dichiarazione d’intenti che alimentava il viaggio del duo, questo nuovo percorso artistico affrontato nel tentativo di lambire le coste, approdarvi, visitare ed infine appropriarsi di innumerevoli località, geografiche o dell’anima, talvolta già battute e familiari, talaltra ancora vergini ed inesplorate, traendo da ognuna un’esperienza di vita che potesse essere tramutata in musica.

A seguito dell’ascolto del lavoro discografico, poi, non si può non convincersi del compiuto realizzarsi di quel viaggio, crediamo non inteso come punto di arrivo, ma come nuovo straordinario inizio, trampolino per un nuovo e più energico salto verso nuove sfide, nuove avventure, nuove esplorazioni.

Realizzando, di fatto, un “concept album”, una miscellanea di nove brani che appare perfettamente circolare, certamente frutto di uno straordinario lavoro di scrittura alla ricerca di assonanze e corrispondenze, ma anche di pura improvvisazione, il duo Mascio / La Neve, in taluni casi egregiamente affiancati dalla kora africana di Jali Babou Saho e dalle voci di Fabiana Dota e Esharif Ali Mhagag, allarga la visuale e sposta gli orizzonti, scandaglia gli incontaminati fondali della tradizione musicale per profanarli, violarli, contaminarli ed, infine, riconsegnarceli con sonorità inedite e sperimentali, raffinate ed ipnotiche, sensuali e carnali, non sempre di facile ascolto, ma indubbiamente interessanti e stimolanti, intenti ad intraprendere nuovi cammini, cercare nuovi percorsi, tracciare nuove rotte, “per – come avrebbero detto De Andrè e Fossati – la stessa ragione del viaggio: viaggiare”.

Pasquale Attolico

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