“La lirica, più che conoscenza, richiede curiosità” faccio mie le parole di Sebastian F. Schwarz, direttore artistico del Festival della Valle d’Itria dal 2022, che rappresentano fedelmente lo spirito del concerto dedicato ai classici della canzone napoletana presentati in una delle date de Il canto degli ulivi, sezione del festival dedicata alle incantate masserie pugliesi, da Anna Cimmarrusti e Davide Zaccherini.
Nato dal genio e dalla passione di Paolo Grassi e Franco Punzi, quest’anno il festival dedicato al mondo della lirica compie cinquant’anni e porta ancora con sé la voglia di presentare al pubblico opere meno conosciute accanto ad opere di fama ma, soprattutto, mantiene sempre intatta la voglia di attrarre da tutto il mondo in Valle d’Itria i conoscitori del genere, così come la volontà di appassionare il pubblico locale. A giudicare dal tutto esaurito che ha registrato un evento fuori dal cartellone delle grandi opere – quale è stato Ser(en)ata Napoletana – direi che l’obiettivo è stato raggiunto: la corte della incantevole Masseria Polesi infatti era al completo, le sedie, ordinate sotto le catene di luci, al fresco di una sera di mezza estate, ospitavano un pubblico silenzioso ma attento e partecipe.
Il soprano Anna Cimmarrusti e il tenore Davide Zaccherini, accompagnati al pianoforte dal maestro Ettore Papadia, hanno interpretato con brio il repertorio classico napoletano con musiche di Tosti, Costa, di Capua, de Curtis, alternandosi in esibizioni soliste e duettando con sempre maggiore intesa avvicinandosi al finale. Nella tradizione musicale napoletana il belcanto si fonde alla tradizione popolare spostando continuamente i confini tra l’alto e il basso, tra l’espressione più colta della musica e la più verace espressione del sentire popolare, non meraviglia quindi il fatto che le stesse canzoni interpretate comunemente da voci popolari, come quella di Roberto Murolo, possano toccare l’animo anche se interpretate da voci votate all’opera.
Primo brano del concerto, Marechiare, interpretato dalla voce argentina di Zaccherini solo sulla scena; segue l’ingresso della Cimmarrusti con una dolcissima ‘A vucchella; sul terzo brano, la scanzonata, Salomé (Una rondine non fa primavera) comincia il repertorio a due; la languida I te vurria vasà non convince nell’interpretazione della soprano, senza la profondità vocale necessaria a sostenere il brano ma Anna Cimmarrusti dà prova di grande potenza, abilità e trasporto in Voce ‘e notte dove invece il tenore resta più superficiale nell’interpretazione. Molto bella l’esibizione muscolare di Zaccherini in Dicitencello vuje in cui sul finale le voci e le intenzioni espressive dei due si fondono in maniera armonica iniziando a scaldare il pubblico già però garbatamente partecipe. La soprano torna in solo con Reginella in una interpretazione leggera e profonda e partono i primi “brava” dalla platea; elegante e fresca l’interpretazione a due di Torna a Surriento per scendere poi nei meandri della disperazione con Tu ca nun chiagne in cui Zaccherini dà prova di profondità e Cimmarrusti di grande trasporto. O sole mio e Core n’grato sono i bis a chiusura del concerto quando il pubblico applaude, felice e soddisfatto.
Immerso nella campagna di Martina Franca dove il telefono perdeva la connessione, questo concerto è stato un perla nella programmazione del festival e una perla nella notte estiva della bellissima e silenziosa Valle d’Itria: sarà perché soffro un po’ di bovarismo e in questi giorni sono completamente immersa nella lettura dell’opera dell’Ortese, ma nel bel mezzo del concerto una bambina di bianco vestita è comparsa accanto alla platea, dal mio lato, seduta per terra su un cuscino, e per un momento ho pensato che, insieme alle melodie e alle parole fulgide della canzone d’autore napoletana, fosse arrivato tra noi anche un simpaticissimo e sognante monaciello.
Simona Simone