Antonio Faraò ospite d’onore a Laterza della rassegna “Sotto le stelle del Jazz 2024” diretta da Michele Sannelli

In un posto incantevole quale l’atrio del Palazzo Marchesale di Laterza, per la prima edizione della rassegna “Sotto le stelle del Jazz”, il primo agosto ha avuto luogo un concerto straordinario del quartetto del vibrafonista Michele Sannelli (che è anche Direttore Artistico della rassegna), con un ospite di eccezione: il pianista Antonio Faraò.

Qualche giorno prima la rassegna era iniziata con un altro progetto guidato sempre da Michele Sannelli, denominato Mediterranean Waves con ospite d’eccezione il sassofonista Javier Girotto (replicato il giorno successivo anche per il Festival Bari in Jazz” a Sannicandro di Bari). Questa volta l’ospite di Michele è stato Il grandissimo Antonio Faraò che si è prestato con entusiasmo a “dialogare” con il vibrafono di Sannelli. 

Il modo migliore per presentare Faraò a chi non lo conosce, sono le seguenti parole: “Non mi capita spesso di essere sorpreso da registrazioni di musicisti, come lo sono stato quando per la prima volta ascoltai uno degli ultimi CD di Antonio Faraò. Ciò che mi ha colpito è stata la sensazione che ho sentito dentro di me. C’è talmente tanto calore, convinzione e grinta nel suo modo di suonare.  Mi ha immediatamente attratto la sua concezione armonica, la gioia dei suoi ritmi e il suo senso di swing, la grazia e il candore delle sue linee melodiche improvvisate. Antonio non è solo un ottimo pianista, è un grande”.  Non sono prole mie, ma è un’affermazione del grandissimo Herbie Hancock, uno dei più grandi pianisti Jazz di sempre ed ancora attivo, al quale si deve l’istituzione dell’International Jazz Day da parte dell’Unesco il 30 aprile di ogni anno.E anche quest’anno, nel suo svolgimento ufficiale, Faraò è stato l’unico musicista italiano invitato a partecipare.

Di certo ci sono pianisti italiani più noti al grande pubblico, ma avere la possibilità di poterlo ascoltare dal vivo apre nuovi orizzonti e lo colloca tra le nostre punte di diamante.  Non è mia abitudine fare confronti o classifiche, ma la sua tecnica e la sua capacità compositiva lo rendono Unico. Le sue collaborazioni sono importantissime e si è sempre circondato da maestri del Jazz come Chico Freeman, Jack DeJohnette, Joe Lovano, ma l’elenco è smisurato.

Già nel 1991 ha vinto il prestigioso referendum indetto dalla Rivista Musica Jazz nella categoria “Nuovi Talenti”, suggellato nel 1998 dal più prestigioso dei riconoscimenti: il primo premio al “Concorso Internazionale Piano Jazz Martial Solal”, indetto dalla Città di Parigi ogni 10 anni. Un evento che ha lanciato Faraò ancora più intensamente nei circuiti europei della musica contemporanea.

Già nel 2015 Antonio Faraò ha partecipato per la prima volta a Parigi all’ International Jazz Day evento mondiale del jazz organizzato dall’Unesco e dalle Nazioni Unite assieme a Herbie Hancock, Wayne Shorter, Dee Dee Bridgewater, Marcus Miller, Al Jarreau e molti altri.

Nato a Roma nel 1965, vissuto nei pressi di Milano ma con qualche radice familiare in Puglia è nato in una famiglia dalle radici musicali ben salde (la mamma, nota pittrice e poetessa, e il padre, batterista jazz). Inizia a studiare pianoforte all’età di 8 anni, e subito si dimostra un bambino prodigio.

Nell’ultimo suo disco, registrato a Parigi a luglio 2023 e pubblicato a giugno 2024, dal titolo “Tributes”  è accompagnato dal bassista John Patitucci e dal batterista Jeff Ballard (non sono due nomi qualsiasi).

Il suo stile è inconfondibile: una brillantezza tecnica con un’impetuosa carica emotiva, una notevole vena compositiva e un travolgente senso ritmico.

La sezione ritmica che ha accompagnato Farò e Sannelli era composta da due musicisti che suonano abitualmente do Faraò, ma forse possiamo dire che con Pasquale Fiore (materano trapiantato a Milano) sono cresciuti insieme presso il Conservatorio di Matera dove il nostro Sannelli, prima di dedicarsi al vibrafono, ha studiato percussioni.  Al contrabbasso Carlo Bavetta, ventisette anni, catanese ma di stanza a Varese. diplomato con il massimo dei voti e la lode sia al triennio di basso elettrico

La scaletta del concerto prevedeva sei brani più ovviamente il doveroso bis. Due standards (Seven Steps e “All the things you are”, due composizioni di Michele Sannelli, la prima dedicata alla madre (Waltz for my mother) e la seconda al padre (Run, Mingo, run) e tre composizioni di Faraò: il brano di apertura, Evan, dedicato al figlio ed inciso nel 2013 con Joe Lovano, Ira Coleman e Jack Dejohnette), il secondo Domi, e il brano di chiusura, prima del bis, con lo splendido Black inside.

Dal punto di vista delle composizioni, Michele Sannelli ha dimostrato una professionalità e una padronanza senza alcuna remora e questo si è potuto avvertire da come, anche su questi brani, Antonio Faraò abbia dato sfoggio di lunghi assoli.

Encomiabile la caparbietà e la padronanza di Michele nel gestire il suo ruolo (di musicista, di compositore, di Direttore Artistico della manifestazione). Ci auguriamo che possa avere una lunga vita. Un mio personale appunto nei confronti del pubblico presente che ha riempito il cortile del Palazzo Marchesale: un pubblico attento e silenzioso, cosa non scontata quando de manifestazioni sono gratuite. Attendiamo l’ultimo tassello, il 16 agosto, con Sabatino e Abbracciante.

In coda all’articolo, vorrei ringraziare i responsabili della rassegna per avermi dato l’opportunità di esporre alcuni miei scatti fotografici, ovviamente dedicati a questo genere musicale. Non sono un professionista, non ho mai fatto cose del genere, ma sono tanti gli apprezzamenti che ho ricevuto e per questo ringrazio tutti. Non avrei mi pensato di fare queste cose, ma le faccio con passione.

Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro

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