Tipi da teatro. L’Occasionale.

Perché non parlare una volta tanto degli spettatori invece che degli attori?
Perché non rivolgere lo sguardo verso la platea?
Da questa inversione del punto di vista è partito Silvio Donà, appassionato di teatro, che  ci racconta una galleria di personaggi che ognuno di noi ha incontrato almeno una volta sulla sua strada. Molti riconosceranno in questa carrellata di “tipi da teatro” un amico, un conoscente o, perché no, se stessi, descritti dalla penna ironica di un autore che inizia cosi la sua collaborazione con la nostra rivista. Sei appuntamenti settimanali da non perdere. Al termine dei quali, bazzicare il foyer dei teatri non sarà più la stessa cosa.

Nato nella provincia di Venezia ma ormai radicato a Bari, lavora nell’ufficio legale di una società di servizi, conserva da qualche parte una laurea in giurisprudenza e coltiva ostinatamente la passione per la scrittura. Ha pubblicato per Leone Editore i romanzi di fantascienza distopica Pinocchio 2112 (2009) e Extasia (2015) e il romanzo breve Luisa ha le tette grosse (2011). Come finalista del Torneo “Io Scrittore” ha pubblicato per GEMS l’ebook Nebbie (2012) e per Edizioni Cento Autori il romanzo per ragazzi La ragazza che non sapeva respirare le nuvole (2017). Nel 2023 è uscito per Delos Books il racconto lungo Lucem diem et tenebras noctem, nella collana Innsmouth. Ha vinto concorsi letterari a livello nazionale e seminato racconti all’interno di numerose raccolte di autori vari. Ha scritto insieme ad Antonio De Santis soggetto e sceneggiatura del film comico “Mi rifaccio il trullo” con Uccio De Santis e Lorena Cacciatore, uscito nelle sale a marzo 2016.

Il pubblico che frequenta i Teatri è molto spesso composto da un gruppo più o meno fisso di spettatori, specie nelle piccole città. Uno zoccolo duro di appassionati che si incrociano e re-incontrano di volta in volta, spettacolo dopo spettacolo, come gli adepti di una setta segreta.

Raramente (purtroppo) compaiono facce nuove e il più delle volte questi volti nuovi sono autentiche meteore: passano, vanno e non tornano più.

Li possiamo definire: gli occasionali.

L’occasionale è talvolta un neofidanzato, nella fase iniziale di una nuova storia d’amore, preoccupato di fare bella figura con la ragazza, studentessa di Lettere ad un passo dalla laurea, conosciuta qualche settimana prima a una festa tra amici, dove l’ha intontito di chiacchiere su Brecht, Ionesco e Pirandello. Stordito dalle curve della bionda, il poveretto non ha avuto il coraggio di confessarle che del teatro non gliene è mai importato una beata mazza e che la cosa più “culturale” che ha fatto in vita sua è stato visitare il “museo” dell’Inter allo stadio di San Siro.

Altre volte l’occasionale è una cinquantenne, patita de Il Grande Fratello VIP, trascinata dall’amica, insegnante di Lettere. A dirla tutta si è fatta convincere a seguirla e a comprare il biglietto perché l’attore protagonista ha recitato in una fortunata fiction televisiva di cui non si è persa una puntata, specie quando il tipo si toglieva la maglietta e si gettava in mare per qualche corroborante nuotata.

“Vedrai” le dice l’amica “è un interprete shakespeariano pazzesco”, mentre lei nella sua mente rielabora: “è un tocco di manzo pazzesco!”.

L’occasionale tende pericolosamente a toppare il look della sua prima esperienza teatrale. Perciò capita di incrociare nel più prestigioso teatro della città ragazzotti in jeans strappati, camicia fluorescente e catenazza dorata su petto mal depilato, o attempate signore in pelliccia di visone e guanti di capretto in un teatrino d’avanguardia frequentato da giovani animalisti e da militanti di Femen a seno nudo.

All’ingresso del teatro l’occasionale si fa notare per l’aria smarrita da deportato convinto di trovare la sala delle torture dietro l’angolo o perché, appena entrato nel foyer, inizia a chiedere a gran voce dove si comprano i popcorn (“io li voglio col burro fuso eh?”).

Raggiunto il posto assegnato e registrata l’informazione che lo spettacolo dura due ore, l’occasionale si accascia sulla poltrona e manda di nascosto un messaggio nella chat del calcetto: “raga, nun ce posso crede… dura più de na partitaaaaa”.

Gli amici del calcetto lo confortano con risposte del tipo. “Carlè resisti che, dopo sta prova d’amore, te la deve dà ppe fforza!!!”; oppure, perfidi, gli girano l’immancabile clip di Fantozzi che sale sul palco a urlare che “la Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca!”.

Nell’attesa che lo spettacolo inizi, l’occasionale prova a reggere improbabili conversazioni con commenti dolorosamente fuori luogo, tipo come si sia conservato bene quel teatro nel tempo (costruito e inaugurato tre anni prima…) o come gli sia sempre piaciuto quell’autore lì, che lo segue fin dai suoi primi lavori (la commedia di quella sera è di Goldoni…).

Per fortuna (la sua) finalmente lo spettacolo inizia.

E a questo punto possono accadere due cose: che il giocatore di calcetto spacciatosi per intellettuale si faccia beccare a metà dello spettacolo a sbirciare sullo smartphone il risultato dei sedicesimi di Coppa Italia oppure, inaspettatamente (per lui in primis), che resti a bocca aperta, incantato dal primo all’ultimo minuto, come neanche alla finale di Champions.

Può accadere che la maniaca dei programmi di gossip del pomeriggio televisivo, che dalla fila in cui si trova non riesce a gustare l’occhio azzurro dell’attore, si addormenti a ridosso del finale con la testa sulla spalla dell’amica, ma anche che rida e pianga tutto il tempo e si scordi persino dei pettorali del protagonista e salti in piedi a consumarsi le mani di applausi appena si riaccendono le luci.

Non si può mai dire; non si può mai scommettere.

Perché il teatro è magia e ogni tanto gli incantesimi colpiscono nel segno.

E così capita che l’occasionale molli la bionda tutta curve (che a fine serata non gliel’ha data…) per una bruna con le labbra a canotto e la tessera degli Ultras, ma anche che, dopo quella prima volta, si aggiunga al (purtroppo) piccolo gregge di coraggiosi spettatori che migrano di teatro in teatro, sera dopo sera, alla ricerca di maghi e fattucchiere capaci, una volta ancora, di stregarli da sopra un palcoscenico con la loro misteriosa magia.

Silvio Donà

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