La settimana sportiva: l’analisi di Frosinone – Bari

Il Frosinone si trova in una crisi profonda: nessuna vittoria fino ad ora, sei titolari fuori per infortunio, e una sconfitta pesante con un poker subito a Brescia. La squadra, giovane e ancora alla ricerca di una propria identità, occupa il penultimo posto in classifica, che è però di fatto l’ultimo dopo gli anticipi di sabato. Partipilo, con il suo desiderio di rivalsa, rappresentava un ulteriore elemento di tensione per una squadra già in difficoltà. Insomma, tutti gli ingredienti per trasformare il Bari nella classica “crocerossina” pronta a risolvere le crisi altrui c’erano tutti. E infatti, nella storia del calcio, non è raro che il Bari, in questi frangenti, finisca per essere la soluzione ai problemi delle squadre in crisi. Eppure, questa volta, le cose sono andate in modo diametralmente opposto.

Chi conosce la storia del Bari sa bene che, in partite come questa, spesso il Bari si trasforma nel miglior “antibiotico” per le squadre avversarie, risolvendo inaspettatamente le loro difficoltà. Tuttavia, nel match contro il Frosinone, il Bari ha finalmente invertito questa tendenza, dimostrando una forza troppo superiore rispetto a un Frosinone decisamente sottotono. Ma qui sorge il dubbio: è stato il Bari troppo forte o il Frosinone troppo debole? La verità, come spesso accade, sta nel mezzo.

Da un lato, il Frosinone è apparso disorientato, privo di sei titolari e in evidente crisi identitaria. Dall’altro, il Bari ha mostrato segnali positivi, alimentati dalla vittoria contro il Mantova e dalla ritrovata coesione di gruppo, un aspetto che era mancato nella scorsa stagione. La vittoria è stata senza dubbio meritata, ma la prestazione del Frosinone, così come quella del Mantova, lasciano pensare che sia necessario attendere test più impegnativi, come il prossimo incontro con la Cremonese, per capire realmente il valore di questa squadra.

La vittoria è stata, in larga misura, figlia del lavoro del tecnico Moreno Longo, la cui impronta è ormai ben radicata sul campo. Il Bari ha dominato il possesso palla, ha imposto un pressing alto, e ha mostrato un gioco geometrico ed esistenziale che ha messo in difficoltà il Frosinone sin dai primi minuti. Gli esterni sono stati vere e proprie spine nel fianco per gli avversari, dimostrando come la squadra sia ormai sulla strada giusta per trovare la propria identità.

Un Bari che è rimasto sempre compatto, con giocatori energici e pronti a recepire le idee di Longo, costruendo così un gruppo che potrebbe rivelarsi determinante per il prosieguo del campionato. Lo stesso gruppo che, lo scorso anno, era mancato. La vittoria allo “Stirpe” è stata netta, sotto ogni punto di vista. Il Bari ha creato numerose occasioni, ha mantenuto il controllo del gioco, e non si è mai lasciato scomporre, nemmeno dopo il gol annullato a Favilli, che con una rovesciata degna di Gigi Riva avrebbe potuto mettere la ciliegina sulla torta.

Anche i subentrati hanno dato un contributo significativo, segno che la squadra sta iniziando a funzionare come un meccanismo ben oliato. Dorval ha finalmente offerto una prestazione all’altezza, e lo stesso Maita ha giocato una grande partita. Ma è stato Falletti il vero poeta del gioco, con passaggi che sono stati autentiche poesie in movimento, determinanti per il risultato finale. Finalmente, il Bari è riuscito a rendersi pericoloso anche sulle palle inattive, un aspetto che era mancato nelle precedenti stagioni.

In questo contesto, la vittoria del Bari è anche la vittoria della mentalità vincente che Moreno Longo sta cercando di instillare nella squadra. Tuttavia, è fondamentale mantenere i piedi per terra: niente trionfalismi, niente illusioni, niente pregiudizi. Vedere il Bari comandare il gioco in trasferta è un’immagine che non si vedeva dai tempi di Ventura e di Conte, e questo dà speranza per il futuro. Le aspettative sembrano finalmente allineate per guardare avanti con un cauto ottimismo. Come scriveva Tacito, “la speranza è il sogno dell’uomo sveglio”: il Bari deve continuare a sognare, ma con la consapevolezza che il cammino è ancora lungo e insidioso.

Massimo Longo

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