La sera del 10 settembre, Giove, Dio del fulmine e della pioggia, non poteva immaginare chi stava sfidando e a chi ha tentato di rovinare un concerto ed una serata che, viceversa, è stata unica nel suo genere, assolutamente imprevedibile, ma non solo per le avverse condizioni atmosferiche che fino a pochi minuti prima dell’apertura del cancello avevano messo a dura prova l’instancabile e stoico staff, la strumentazione, oltreché tutti coloro che di lì a poco avrebbero dovuto esibirsi.
Ma a Raffella Ronchi e Fiorella Sasannelli, anime resilienti ed indomite del Festival di musica contemporanea “UrtiCanti”, che quest’anno è dedicato al “Cantico delle Creature”, a 800 anni dalla sua composizione, ci vuole sicuramente ben altro per interrompere quel dialogo artistico che nutrono costantemente al fine di dare luce, ogni anno, a nuovi musicisti che divengono, con il passare degli anni, non solo amici ma anche e soprattutto protagonisti delle edizioni successive.
Frequentando ormai le fila di questa originale kermesse, in cui ho avuto ed ho continuamente modo di appezzare bellissime persone, mi sono resa conto che questo festival, ormai giunto alla sua diciannovesima edizione, vanta un’altra mirabile caratteristica, ovvero quella di riservare spazio e voce anche a giovani virtuosi e piccoli talenti che hanno voglia di vivere e condividere i loro primi passi sul palco. Per l’occasione, infatti, abbiamo sicuramente apprezzato Vito Saulle, uno dei maggiori talenti del conservatorio di Bari, che al pianoforte ha fatto risuonare con misurato slancio “Etude Tableaux op 33 n.2,4,6” di Sergei Rachmaninov. A seguire altri due ancor più giovani ragazzi, Francesco Giuseppe Doria e Marco Giuliani, preparati dall’attore Giacomo Dimase – presenza costante ed attenta nel Festival – hanno dato voce a due bellissime letture di Mariangela Gualtieri dedicate a San Francesco.
Sotto una pioggia incessante, il concerto è entrato nel vivo con la presenza in scena di tre splendide donne, artiste e prima ancora amiche, unite dalla passione per la musica che le ha condotte al progetto “Amor Sacro, Amor Profano” in cui sono stati coinvolti compositori cresciuti anche con le precedenti master class “Urticanti”, quali Domenico Turi ,oggi direttore artistico della Filarmonica Romana, Leo Gadaleta, Carmen Fizzarotti e Benedetto Boccuzzi, per non parlare dell’apprezzatissimo Maestro Francesco Scagliola (preziosa e laboriosa presenza del festival) e Massimo De Lillo, presenti tra le fila del pubblico in sala.
E così Giovanna Carone – cantante, Marilena Liso e Gemma Di Battista – pianiste, mostrando carattere, tenacia ed uno spirito di adattamento senza pari, sono riuscite a portare avanti ed a concludere un repertorio dolce e romantico quasi esclusivamente composto per l’inedito trio all’interno del noto Castello Caracciolo di Cellamare.
Già amplificate dalla volta a botte che caratterizza l’androne seicentesco del piccolo e suggestivo maniero, dove vengono posizionati pianoforte e leggio, le corde del pianoforte tra le quattro sapienti mani del duo Liso-Dibattista e quelle vocali della Carone, risuonano ancor più suggestive, impreziosite dalla ritmica della pioggia che inconsapevolmente ne diventa quarta protagonista.
L’atmosfera si fa subito incantevole con “Fiori notturni” di Massimo de Lillo e con testo di Giuliana Altamura, introspettiva con “Pleasure and delight” di Domenico Turi (pezzo per voce e pianoforte) il cui tempo sembra scandito da quello assunto dall’acqua scrosciante.
Ma è con il “Salmo 102” – composto dal Maestro Francesco Scagliola – che il percorso dedicato a canti d‘amore sacro, ha fatto vibrare le nostre corde più intime avvolgendoci con un dolcissimo e meditativo inno al Signore che ci ha piacevolmente coinvolti in un’aurea inaspettatamente mistica che ci ha da subito indotto, quasi per un’automatica reverenza, all’ascolto con gli occhi rigorosamente chiusi, anche grazie alle preziose doti canore della Carone.
Con “Hesitation tango”, suite per solo pianoforte a 4 mani, tratto dalla serie di Souvenirs Op.28, composto da Samule Barber, riviviamo un’ambientazione spensierata ma con un idea che porta con sé un mood sentimentale vagamente triste; il suo movimento quaternario ci riporta ai tempi (lontani) in cui il tango muoveva i suoi primi passi nelle feste in cui le coppie ballavano con fare elegante e composto. Dello stesso compositore vengono eseguite la gioiosa “Walts”, e la classicheggiante “Pas de deux” per solo pianoforte a 4 mani, tutte tratte dalla medesima serie.
Il repertorio continua a snodarsi tra composizioni che ci cullano, come nel caso della dolce “A quiet soul” di Leo Gadaleta o che ci fanno sognare come in “Costei per certo” di Marco Nodari su testo di Angelo Poliziano “Costei per certo è la più bella cosa che ’n tutto ’l mondo mai vedesse il sole;lieta vaga gentil dolce vezosa, piena di rose, piena di viole, cortese saggia onesta e graziosa, benigna in vista in atto et in parole. Così spegne costei tutte le belle, come ’l lume del sol tutte le stelle.”.
Altre ci sorprendono per le particolari assonanze create grazie ad un pianismo in cui la messa in risonanza del pianoforte, direi “sincronico” in cui le quattro mani sapienti si alternano nell’uso della tastiera ed in quello della cordiera che diventa parte integrante di partiture d’effetto ed estremamente originali, fa da cassa armonica alla splendida voce della Carone (messa a dura prova dall’incessante pioggia), come nella lenta “Remember me” di Carmen Fizzarotti o nella contemporanea ed ecclettica “Le bienfaits de la lune” di Benedetto Boccuzzi, simpatico e giovane compositore, anch’esso presenza costante ed apprezzata del festival.
La chiusura della serata, non a caso, è affidata alla eterna “Bocca di Rosa” di De Andrè, che, al pari del finale del testo della canzone – che vede la protagonista prima allontanata dal paesino in cui la sua “libertà di costumi” aveva creato scompiglio tra le famiglie del luogo e di poi, alla stazione dei treni successiva, accolta trionfalmente perfino dal parroco che la vuole accanto a sé nella processione – suggella l’unione tra l’amor sacro e l’amor profano, filo conduttore scelto dalle artiste che ci auguriamo di ri-ascoltare quanto prima in medesima formazione e delle quali vi invito a leggere i curricula.
Gemma Viti