Attraversare il mondo con la voce: così Elena Boillat in “P A R T I T U R A Z E R O” per la XXXIII edizione del Festival Internazionale del Teatro e della Scena Contemporanea di Lugano

Con questo articolo comincia il breve ma intenso viaggio della nostra redattrice Beatrice Zippo in quel di Lugano ove è stata ufficialmente invitata per recensire le performance della XXXIII edizione del ‘Festival Internazionale del Teatro e della Scena Contemporanea’; a lei vanno i complimenti della Redazione tutta per questa sua affermazione che ha consentito al Cirano Post di tagliare un nuovo importante traguardo. (N.d.D.)

Il mio primo impatto con le immagini del FIT (Festival Internazionale del Teatro e della Scena Contemporanea) di Lugano è stata un’evocazione di qualche estate fa.

Il gorilla dipinto e immaginato da Roberta Dori Puddu e dallo Studio Sectio Aurea 1,618 seduto ai piedi di una scala disabitata mi ha riportata al Bikini Berlin, un piccolo centro commerciale sul Ku’Damm di Berlino. La parete di fondo dell’edificio è una gigantesca vetrata che dà sullo spazio che nello Zoo è riservato ai babbuini. Il risultato è che i babbuini guardano gli avventori dei negozi, che a loro volta guardano i babbuini, e gli uni sembrano chiedersi e chiedere agli occhi degli altri chi sta più inguaiato, chi deve riempirsi di borse dello shopping per sopravvivere o chi per fare la stessa cosa deve rendere la sua vita di pubblico dominio.

La risposta è che il primate può fuggire, può andare a teatro ed eleggerne le scale a sua nuova foresta, il suo sguardo può catturare la scena, la rappresentazione del suo mondo può andare anche oltre la volontà di chi lo guarda allo zoo mentre mangia un gelato. Ed ecco che lo fa a Lugano.

Oltretutto Lugano possiede un luogo, il LAC Lugano Arte e Cultura, che ispira, con la sua grandezza, una vocazione a farne qualcosa di più di un contenitore. Qui vi sono tante mostre, attualmente tra gli altri Ghirri, Klein, Calder, qui si tiene una stagione di teatro, concerti e danza. Qui si respira una cultura che non è ancella dell’intrattenimento o del turismo, che pure vive le sue liturgie della sagra della Festa d’Autunno a tre minuti a piedi dal teatro, senza che un piano debba prevaricare l’altro.

In questo luogo si tiene la prima performance cui assisto, “P A R T I T U R A Z E R O” di e con Elena Boillat, in prima assoluta per il FIT Lugano, una coproduzione PREMIO – Premio d’incoraggiamento per le arti sceniche e LAC Lugano Arte e Cultura, con il sostegno del Premio Schweiz ’24, di DECS Repubblica e Cantone Ticino – Fondo Swisslos, SIS – Fondazione svizzera degli interpreti e Città di Lugano.

Boillat mette in scena una performance che unisce corpo e voce. Il corpo è avvolto nel silenzio e in un bandage di cerotti, evolvendo la tradizione della danza butoh, in cui Boillat in luogo del nudo osa qualcosa di più provocatorio, cui la Storia di tanto in tanto si ispira: dalla mutilazione e fasciatura del seno sinistro delle Amazzoni per poter tirare con l’arco, alle donne che per poter partire in guerra o per nascondere una gravidanza si sono compresse il corpo femmineo, fino ai vestiti di Hervé Leger, al bandage per curare i traumi muscolari e agli arnesi per i giochi erotici. E di fatti Boillat dapprima comprime il suo respiro e i suoi movimenti, per poi inscenare il tentativo di disciplinarli entrambi attraverso una fluida sequenza di movimenti e posizioni che richiamano a tratti delle asana di yoga.

Qui accade però il corto circuito: Boillat fa cose straordinarie modulando la sua voce da richiami inconsulti all’apparenza, in una rabbia e un dolore che tracimano da ogni parte del suo corpo, fino a canti tribalisti scomposti, che pur tuttavia la riportano al punto di partenza. La coreografia riparte, questa volta però il lavoro eccezionale sulla voce ne restituisce un canto di cura che nasce dalla marea del respiro, Boillat diventa una Pizia oracolare il cui linguaggio, che nazione non ha, ripara il presente e ne rende armonici i movimenti.

(spoiler alert) Il finale, gli ultimi istanti della performance, ricadono però in un’afasia, che non relegano la storia di P A R T I T U R A Z E R O al per sempre felici e contenti, ma ci ricordano che nessuna cura e nessuna conquista sono lì per restare, ma che il ciclo vitale è destinato a ripartire con noi o dopo di noi.

Beatrice Zippo
Photo credit sito FIT Lugano

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