Ancora spettacolo in grande stile al Duke Jazz Club di Bari con il trio del chitarrista Gianmarco Ferri, con la partecipazione straordinaria del pianista americano David Kikoski. Un concerto sold out per un gruppo di ragazzi marchigiani che hanno avuto la fortuna di condividere il palco con uno dei più straordinari pianisti americani.
Gianmarco Ferri, per la prima volta al Duke, si è presentato con un modello di chitarra stratosferico: una Gibson Custom L-5. Per intenderci, lo stesso modello utilizzato da Wes Montgomery. Scherzando (mi suggerisce qualche amico chitarrista), è come se si fosse presentato sul palco con una Ferrari. E anche Guido Di Leone, da ottimo padrone di casa, non ha potuto fare a meno di esaltane le caratteristiche. Cercando in rete, trovo che la Gibson L-5 “non è soltanto uno strumento: è un’emozione. Il suono profondo e vellutato, ed è stato scelto dai più grandi chitarristi jazz. In questo modello la qualità costruttiva di una chitarra acustica si combina ai vantaggi di una chitarra elettrica”. E debbo ammettere che, a prescindere da tutto, il suono dello strumento è stato cristallino come non mai, ammaliando il pubblico presente.
Ma torniamo a parlare dei musicisti. Gianmarco Ferri è un giovanissimo musicista molisano (classe 1999, ormai residente a Roma), che ha dimostrato di avere idee molto chiare. Con lui, sul palco, una sezione ritmica composta da Stefano Battaglia al contrabbasso, anche lui marchigiano e formatosi negli Stati Uniti, e il batterista Luca Santaniello (classe 1978, molisano anche lui), con una lunga permanenza negli States. In più di vent’anni, oltre oceano è riuscito a conquistare un curriculum invidiabile, suonando con tantissimi musicisti internazionali.
Ma chi non ha bisogno di presentazioni è il pianista americano David Kikoski. Sono gli altri che devono vantarsi di aver collaborato con lui. Nato a New Brunswick, New Jersey , Kikoski ha imparato a suonare il pianoforte da suo padre suonando con lui nei bar sin da adolescente. Ha studiato al Berklee College of Music nei primi anni ’80, per poi trasferirsi a New York City nel 1985, Il suo nome tradisce l’origine europea della sua famiglia, ma ha anche affermto di avere nonni italiani e pertanto suonare dalle nostre parti, per lui è un po’ ritornare alle radici. Il primo CD (di una lunghissima serie) a suo nome l’ha inciso a 28 anni (1989). Kikoski ha vinto un Grammy Award 2011 con la Mingus Big Band per il miglior album di ensemble jazz dal vivo, “Live at the Jazz Standard”. Ha anche avuto una nomination ai Grammy con Roy Haynes per il CD “Birds of a Feather”. Il suo stile è caratterizzato da un ritmo ed uno swing incalzante, unito ad una straripante energia.
Più volte ho affermato che la musica dal vivo ha sempre qualcosa in più. Vedere suonare Kikoski dal vivo è davvero un’emozione unica. Con il suo ritmo, il suo swing, ogni suo assolo diventa uno spettacolo da sentire ma anche da vedere. Non riesce a stare fermo sullo sgabello e con tutto il corpo segue il ritmo della musica. La sua mano destra è di una velocità fuori dal comune. E’ davvero un’emozione vederlo suonare.
Con l’occasione del concerto è stato presentato l’album opera prima di Gianmarco Ferri, dal titolo “On the scene”, pubblicato in primavera e realizzato con la stessa formazione ma con l’aggiunta del tenor sassofonista Marcello Allulli. Più della metà dei brani sono composizioni originali di Ferri, mentre gli ultimi tre sono standards.
Gianmarco Ferri ha acquisito pienamente lo stile Be-bop e tutti gli insegnamenti dei grandi chitarristi del tempo, primo fra tutti Wes Montgomery. Ha studiato a Boston presso la Berkeley School of music (insieme ai fratelli gemelli Cutello che abbiamo avuto modo di ascoltare in tempi recenti a Francavilla è Jazz, a Corato e Casamassima e in altri contesti). Stiamo parlando di musicisti giovanissimi che si stanno imponendo sulla scena musicale nazionale ed internazionale.
La cosa straordinaria del concerto è stata la presenza sul palco di tre giovani musicisti molisani che hanno suonato in perfetta simbiosi con un mostro sacro del pianismo internazionale. I ragazzi sono stati bravissimi. Ognuno ha dato il meglio di sé, senza mai sovrapporsi, prendendosi ognuno i propri spazi.
Nella scaletta del concerto, una metà dei brani eseguiti sono tratti dall’Album “On the scene”. Le composizioni originali di Gianmarco Ferri sono solo alcune: “New hope”, “Mirage”, “So close”, “3-11-2020” (non presente nel CD). Sono stati altresì eseguiti alcuni standards di J. Kern (The song is you), di Lou Donaldson (Autumn nocturne) o di Chick Corea (Bud Powell, ovviamente dedicato al grande pianista americano di origini calabresi).
Anche questo concerto è da ricordare a lungo. Per uno splendido pianista che torna al Duke dopo qualche anno, ma anche a questi giovani musicisti che ormai hanno conquistato la ribalta con una professionalità davvero pulita. Ho avuto l’impressione che stiano vivendo un sogno. E certe volte, i sogni si avverano. Bravi tutti!
Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro