Al Teatroteam di Bari, nell’ambito del cartellone dei “Fuori programma“, è tornato in scena “Caino e Abele“, il musical scritto dal compianto Toni Cucchiara nel 1972, nella riedizione curata da sua figlia Annalisa, forte di un cast consolidato dall’esperienza di “Forza venite gente” (che sarà a breve al Team) con il quale condivide anche la produzione, per la regia di Ariele Vincenti.
La trama è formata da una serie di episodi che partono dalla biblica Genesi, con la creazione di Adamo ed Eva, fino al primo fratricidio della storia nei confronti di Abele per mano del fratello Caino, arrivando poi alla storia di Gesù narrata attraverso il tradimento di Giuda e l’Ultima Cena.
Seguono le vicende dei Santi Francesco e Chiara, con il loro messaggio di amore universale e povero, di Giovanna d’Arco, la pulzella di Orleans morta per la sua Francia e per mano di quella Chiesa che prima l’accuserà di stregoneria ed eresia e poi le riconoscerà la Santità.
Ma non trovano posto nella pièce solo personaggi realmente esistiti, ci sono anche Romeo e Giulietta, il cui amore, se non nella morte, nulla può contro l’odio reciproco delle rispettive famiglie. E infine si giunge ad Anna Frank che, con la sua straziante storia, ci trasporta dal 900 ai giorni nostri con l’importante accenno ai profughi delle guerre.
Il cast, di ottimo livello, è riuscito a coinvolgere il pubblico in sala, meritandosi appieno applausi ed ovazioni, sia a scena aperta che nel finale, a cominciare dalla splendida voce della narratrice, Benedetta Iardella, al convincente Giuda di Luca Bacci, alla dirompente Giovanna d’Arco di Francesca Innocenti ai Gesù e San Francesco di Michele Perrotta e al sempre commovente duo Romeo e Giulietta interpretati da Michelangelo Nari (suo anche il virtuoso e limpido Abele) e Asia Retico, cui deve aggiungersi Giacomo Rasetti, il narratore.
Parte attiva e fondamentale quella del corpo di ballo, coreografato ottimamente da Dalila Frassanito, che si muove nella scenografia pulita ed essenziale di Alessandro Chiti e nei costumi di Dora Occupato.
Invero, lo spettacolo deve davvero tantissimo al cast, in quanto l’operazione, nel complesso, risulta notevolmente datata, se non d’antan; tanto la trama quanto i temi musicali risultano studiati come una sorta di miscellanea di esercizi di stile che, pur lasciandosi apprezzare, spesso sono slegati tra loro. Quel che è peggio è che questa riedizione non riesce a scrollarsi di dosso la polvere accumulata nel tempo, al punto che, soprattutto musicalmente, non sembra essersi mai mossa dagli anni ’70, ed è davvero un gran peccato, perchè la scrittura di Cucchiara avrebbe tutti gli stilemi per entrare di diritto nel novero della tradizione italiana dei grandi musical, ma occorrerebbe avere il coraggio di affrontare una modifica più radicale, potendo, come detto, già contare su di una Compagnia di altissimo livello: glielo e ce lo auguriamo.
Gabriella Loconsole