Secondo l’ideologia popolare, sognare la pasta da pane significa trovarsi in una situazione in cui ci vuole silente pazienza.
Proprio il pane è il terzo comprimario, protagonista della performance “Filles Petrole” di Nadia Beugré, nell’ambito del programma del BiG Festival.
Il BiG – Bari International Gender festival è il mese di cinema e arti performative su differenze di genere, identità ed orientamenti sessuali della città di Bari. Giunto alla sua decima edizione, il festival esprime sempre novità e freschezza nelle performance che offre a un pubblico che sa di trovarci cose completamente diverse da tutto ciò che si può trovare in giro, non dimenticando mai, nel concetto sulla base del quale il festival è curato, la rivendicazione del corpo politico e dei diritti civili e sociali che da esso e su esso discendono. Il programma, codiretto da Tita Tummillo e Miki Gorizia, è promosso e organizzato dalla Cooperativa sociale AL.I.C.E. (Area Arti Espressive), sostenuto dal FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), Regione Puglia, PACT Puglia Culture a valere sul Fondo Speciale Cultura e Patrimonio Culturale L.R. 40/2016 art. 15 comma 3, Puglia Culture, Comune di Bari, dall’Ufficio Tecnico – Tavolo Tecnico LGBTQI del Comune di Bari, oltreché con la collaborazione con decine di interlocutori artistici, istituzionali e non solo.
“Filles Petrole”, in collaborazione con DAB, Danza a Bari, è una coproduzione La Briqueterie CDCN-du-Val-de-Marne, Le Théâtre de Rungis, Théâtre Molière Sète Scène nationale Archipel de Thau, CCN2 Grenoble, ICI CCN de Montpellier Occitanie, con il supporto di Goethe-Institut Abidjan /A(RT)VENIR fund e DRAC Occitanie / Ministero francese di Cultura e Comunicazione. Sul palco, Anoura Aya Larissa Labarest, Christelle Ehoué, rispettivamente La Chinoise Pimentée (La Cinese piccante) e Grande Camion (La Grande Camion). Beugré mette in opera percorsi dedicati alle giovani artiste ivoriane, per imparare a rivendicare i diritti, attraverso il lavoro sulla performance. Assieme a loro, una grande, informe, invadente, pasta di pane, che viene foggiata di volta in volta a mo’ di calzari, di parrucca, di boa da sciantosa; diventa delle pagnotte scagliate come un’arma verso lo schifo della vita.
Eh sì, perché le due danzatrici, del quartiere Abobo di Abidjan, ne hanno di schifo contro cui prendersela: lo sfruttamento del lavoro femminile, e al proprio interno un ruolo decisivo nello sfruttamento lo gioca il maschilismo nel trattamento delle lavoratrici dello spettacolo. Un tema, questo, che mi ha ricordato una delle peculiarità nella musica napoletana gergale, quella di prendersela con l’impresario che non vuole pagare. Chissà se Napoli Centrale, e Pino Daniele, nero a metà, avrebbero trovato lo stesso filo conduttore con queste due danzatrici e con le loro rivendicazioni, nere per intero.
Ehoué si vende, vende i suoi capelli, vende un pezzo di sé, giocando con gli stigmi della società su un corpo grande e nero, mette in vendita i salti di Labarest, per aiutare a riflettere tutte e tutti sul valore del lavoro e del corpo impiegato nel lavoro.
Una performance esaltante, piccante come la Cinese, debordante come la Grande Camion, che non manca di divertirci, e assieme farci pensare a cosa non va, perché lo sfruttamento e la discriminazione non sono mai un solo fenomeno legato a un piccolo gruppo di persone, ma una discriminazione le trascina tutte dietro di sé.
Lo sprint è pronto per l’ultima settimana di BiG X.
Beatrice Zippo
Foto dal sito del BiG