Per tutti quelli della mia generazione, Tootsie ha il volto e le movenze tenere e buffe del mitico Dustin Hoffman, grande successo al cinema nel 1982, con la regia del grande Sidney Pollack, cui si deve una delle più fulminanti e rivoluzionarie frasi finali della cinematografia che ancora oggi suona come un monito ed un’altissima forma di rispetto per l’universo femminile: “Sono stato un uomo migliore da ‘donna’ di quanto lo sia stato da ‘uomo’“. Quasi quarant’anni dopo, in America si decide di farne una versione teatrale, e la forma è naturalmente quella del musical: la scrittura del libretto è affidata a Robert Horn, mentre la musica e i testi sono di David Yazbek (The Full Monty). Gli autori trasferiscono la storia ai giorni nostri, in una frenetica New York, e più precisamente a Broadway, dove aspiranti attori inseguono successo e sogni di gloria e passano da un provino all’altro, dalla delusione cocente per una esclusione all’esaltazione a fronte della conquista di un ruolo. In scena per la prima volta nel settembre del 2018, Tootsie a teatro ha un successo immediato e travolgente, ottiene 11 nomination ai Tony Awards (sostanzialmente l’Oscar del Musical)e procura a Robert Horn nel 2019 il premio per la miglior sceneggiatura, prima di doversi fermare per qualche anno a causa della pandemia.
Tootsie è la storia di Michael Dorsey, un attore che da vent’anni si barcamena in piccoli ruoli e cerca ostinatamente di emergere. Il suo carattere difficile pian piano gli ha chiuso tutte le porte e il suo stesso agente non riesce più a procurargli audizioni. Disperato dopo l’ennesimo rifiuto, si intrufola travestito ad un provino per un ruolo femminile in una commedia su Romeo e Giulietta e lo vince. Da quel momento, nei panni di Dorothy Michaels inizia un’incredibile ascesa verso la celebrità, ma iniziano anche una serie di problemi. Il suo coinquilino e amico Jeff, commediografo in crisi che per sopravvivere lavora in un ristorante, lo mette di fronte alla realtà facendogli capire che gestire quel successo sarà molto più difficile di quanto possa pensare. E, in effetti, se da un lato Michael diventa punto di riferimento per l’intero cast e conquista l’affetto e la stima degli altri attori e della produttrice (riuscendo cosi a spuntarla sul regista, che ha una visione diversa – diciamo cinica e pragmatica – dello spettacolo e dei rapporti umani), dall’altro la situazione si complica quando si accorge di essersi innamorato di Julie, la protagonista della commedia, anche lei confusamente attratta da quella donna gentile ma volitiva, mite ma capace di farsi valere, che sembra saperla ascoltare e capire. Quando il suo contratto viene prorogato di un anno (e la produzione è disposta a versargli un ricco cachet perchè rimanga nel cast) Michael si rende conto che la situazione è diventata davvero insostenibile, e che dovrà necessariamente scegliere tra il successo, costruito sulla menzogna, o la verità che inevitabilmente sgretolerà quella fama tanto ostinatamente cercata e finalmente raggiunta. Il dilemma sarà tra l’essere e l’apparire. L’amore per Julie sarà il sentimento più forte, quello che da un certo momento in poi guiderà le sue azioni, anche se di fronte alla confessione la giovane donna, sentendosi tradita e ingannata, reagirà con un rifiuto deciso e lo allontanerà bruscamente. Solo col tempo, e con la consapevolezza di un legame prezioso che ormai li unisce, pian piano riusciranno a rientrare in contatto e a riprendere tra le mani la loro storia d’amore.
Massimo Romeo Piparo, regista di gran parte dei musical di successo degli ultimi vent’anni, autore e capo progetto di programmi televisivi, direttore artistico del Sistina (e ci fermiamo qui), è l’uomo che tra le altre cose ha portato in Italia le più belle commedie musicali d’oltreoceano, curandone la trasposizione con indiscutibile fedeltà allo spirito originale. Qui firma la regia e l’adattamento della versione italiana di Tootsie (la prima, dopo quella originale), con la direzione musicale di Emanuele Friello e le coreografie di Roberto Croce. Lo spettacolo è prodotto da PeepArrow Entertainment in collaborazione col Teatro Sistina. E al Sistina approderà a febbraio, alla fine di una tournée che sta toccando tutta l’Italia, in cartellone per un mese, con un’orchestra che eseguirà le musiche dal vivo e una scenografia diversa e più ricca di quella itinerante.
Due ore e mezzo di spettacolo brillante e divertente, quello in scena al Teatroteam di Bari. Forti di un ottimo testo, che forse perde leggermente di incisività solo nel finale, gli attori in scena possono contare su folgoranti battute, situazioni esilaranti e gag comiche che si susseguono ad un ritmo incalzante. Musiche, balletti e brani musicali hanno un grosso impatto scenografico anche grazie ad un ensemble di giovani che rappresentano quella voglia di vivere e la speranza che anima chi cerca in tutti i modi di emergere e conquistare il successo. Tra loro e i protagonisti, alcune figure che normalmente vengono definite di secondo piano, ma che ci hanno colpito per personalità, professionalità, energia e indiscutibile bravura. Su tutti, Beatrice Baldaccini (Julie), Ilaria Fioravanti (Sandy) Matteo Guam (Max) Massimiliano Carulli (Ron), Sebastiano Vinci (Stan). Attori, cantanti, ballerini: giovani ma con un curriculum già ricco di esperienze anche nel mondo della commedia musicale. Ogni ruolo, sul palcoscenico, è fondamentale per la riuscita di uno spettacolo, al di là del numero di battute: qui la loro presenza è preziosa, e il ritmo che riescono a dare tiene alta l’attenzione e concatena efficacemente le singole scene.
Paolo Conticini e Enzo Iacchetti sono i nomi di questa commedia musicale che, anche (e soprattutto) grazie a loro, avrà sicuramente grande successo. Iacchetti, in verità, insiste nel dire che la sua è una partecipazione, e che non può definirsi coprotagonista. E in effetti tecnicamente è così, anche se nel concreto la sua personalità, la naturalezza con cui calca il palcoscenico, l’ironia quasi fisica della recitazione lo rendono fondamentale nell’architettura dello spettacolo, e Jeff ha il suo stesso occhio ironico e malinconico. Infine Paolo Conticini, che negli ultimi anni ha inanellato una serie di esperienze di successo nel mondo del musical. La sua Dorothy è nello stesso tempo accogliente, gentile ma anche intransigente. Ben decisa a farsi rispettare come donna e come attrice, ha un modo di vestire, di ragionare che stride con l’ambiente che frequenta, ma in qualche modo attrae e conquista. Conticini è bravo poi nel raccontare la dualità del personaggio, nel passare dalla rigorosità di Dorothy alla immaturità emotiva di Michael, e a ricapitolare le due personalità nel finale. Qualche incertezza nei brani cantati con voce femminile, ma nel complesso una recitazione assolutamente godibile, divertente, brillante.
Due ore e mezzo di spettacolo che scivolano via, una leggerezza che è il risultato di un lavoro intenso e professionale, di una regia attenta, di coreografie semplici ma molto accattivanti. Tutto perchè Tootsie ci faccia uscire dal teatro col sorriso sulle labbra.
Imma Covino