La settimana sportiva: l’analisi di Pisa – Bari

Che il Bari potesse capitolare a Pisa, peraltro contro questo Pisa davvero super, era qualcosa da mettere in conto. Come direbbero i latini: nulla quaestio. Ma perdere, si sa, lascia sempre un retrogusto amaro, soprattutto quando la sconfitta è netta e senza appello.
Si ferma a 14 il record di imbattibilità dei biancorossi e, ancora più significativo, si interrompe dopo 31 anni la striscia senza sconfitte del Bari a Pisa. L’ultima volta risale al 30 maggio 1993, quando fu Lorenzo Scarafoni a castigarci. Dati che raccontano di una squadra solida, capace di buone cose. Ma dopo venerdì, l’impressione è che il Bari di Longo necessiti di un serio “tagliando”. Ed invece eccoci a discutere su una sconfitta netta sulla quale non si può dir nulla se non applaudire Inzaghi & C. Occorre dare a Cesare quel che è di Cesare. E senza mordersi mai o recriminare perché si giocava al cospetto di una corazzata, cosa che il Bari non è o per lo meno, non è stata costruita per indossare una corazza. E tutto ciò che è arrivato, anche senza l’apporto dei suoi giocatori cardini (Sibilli e Falletti, tanto per fare due nomi) è tutto oro che cola.

Per 35 minuti abbiamo visto un Bari in controllo del possesso palla, senza però mai impensierire il portiere pisano. Zero tiri in porta: un dato impietoso per una squadra che ambisce ai playoff. Poi il ciclone nerazzurro, una vera e propria tempesta degna del Conte Ugolino che proprio qui, nella sua Pisa, si consuma nell’inferno dantesco. E così, tra tiri da ogni posizione e cross insidiosi, i padroni di casa hanno fatto il bello e il cattivo tempo, sprecando tanto ma meritando di più.

Il Bari rientra dagli spogliatoi, ma il copione non cambia. Anzi, si complica. Al 48’, Moreo trova il gol con un pregevole colpo di tacco, lasciato colpevolmente solo dalla difesa. Un gol meritato, quasi inevitabile, viste le premesse del primo tempo. E la reazione? Assente. Così, al 66’, Piccinini sigilla il 2-0 con un gran destro dal limite.

Gli ingressi di Falletti, Lasagna, Oliveri, Tripaldelli e Bellomo non cambiano nulla come ormai capita da inizio torneo. Il Bari resta inconsistente, senza idee, con giocatori chiave fuori contesto. Un Bari remissivo, incapace di contrastare una squadra come il Pisa, che punta con forza alla promozione. E finché Sibilli e Falletti, dai quali era – ed è – lecito attendersi qualche giocata illuminata, continueranno nel loro apporto pressoché nullo, sarà difficile attendersi un Bari convincente, magari con i limiti noti, ma pur sempre abbastanza pimpante.

Non posso non pensare alla celebre invettiva di Dante: “Pisa, vituperio delle genti”. Nella Divina Commedia, Pisa è luogo di tradimenti, teatro del macabro destino del Conte Ugolino, chiuso in una torre a morire di fame con i suoi figli. Venerdì, al di là della metafora, il Bari ha vissuto la sua personale prigionia: imprigionato nella sua mancanza di idee e sopraffatto dall’intensità del Pisa.

Ora bisogna guardare avanti. L’obiettivo è chiudere l’anno con almeno 5 punti per mantenersi sul lato sinistro della classifica. Gennaio sarà cruciale: servono interventi mirati sul mercato, ma le prospettive (e i nomi che circolano) coi fantasmi di Puscas, Diaw, Ceter e compagnia cantando non fanno ben sperare, gente, paccottiglia fisicamente messa male e fuori condizione e, perché no, anche rotta, ormai un “must” del mercato barese di gennaio. Salve rare eccezioni come fu per Maita 4 anni fa e Guberti in illo tempore. Del resto chi è quella squadra così polla da disfarsi di un giocatore pronto, sano, efficace, decisivo, goleador e che, magari, partendo dalla panchina risulti decisivo? Non mi pare di vedere squadre così ingenue. Poi, magari sarò orbo io. Può darsi.
Per adesso, la consapevolezza è una sola: il Bari deve ritrovare compattezza, idee e soprattutto coraggio. Perché così, senza una vera reazione, si rischia di rimanere in balia del vento, proprio come venerdì sera all’Arena Garibaldi. Con la Torre che pende, che pende e che mai viene giù.

Massimo Longo

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