Una delicatissima partita giocata da un imbattibile campione di scacchi che elabora una formidabile strategia per salvare il suo matrimonio: al Teatro Piccinni di Bari Emilio Solfrizzi e Carlotta Natoli incantano il pubblico con il classico della commedia brillante “L’anatra all’arancia”

L’anatra all’arancia è un piatto delicato, la cui preparazione richiede cura e attenzione: bisogna sorvegliarlo, non perderlo mai di vista. Un po’ come un amore, una convivenza, un matrimonio di lunga data. Questo Gilberto lo ha dimenticato.

Autore televisivo, uomo di successo, campione nello sport, imbattibile giocatore di scacchi (in sintesi, un uomo brillante e ingombrante) negli anni ha trascurato la “manutenzione” dell’amore per Lisa, sua moglie, e di recente ha scoperto che lei sta per partire con un altro (Leopoldo Augusto Serravalle Scrivia. Colto, aristocratico, attento: praticamente e noiosamente perfetto). Non una scappatella come quelle che negli anni lui si è concesso, ma un innamoramento per il quale la donna è disposta ad un radicale cambio di vita. Mille piccoli indizi lo hanno portato a scoprire la verità, ma neanche per un momento ha ceduto alla disperazione, alla gelosia o alla rabbia: è pur sempre un imbattibile giocatore di scacchi. Si tratterà di stabilire una strategia, di giocare una partita che gli consenta di screditare il suo avversario agli occhi della moglie e di riconquistarla, recuperando il suo matrimonio.

L’anatra all’arancia” nasce alla fine degli anni ‘60 in Inghilterra a firma di W. D. Home, con il titolo di “The Secretary Bird” e viene ripresa anni dopo dal commediografo M. G. Sauvajon, che la adatta al pubblico francese e le dà il titolo con cui oggi la conosciamo. È il classico feuilleton con circostanze e personaggi che si muovono in un racconto fatto di incastri, di situazioni che progressivamente si complicano e si ingarbugliano, per risolversi e ricomporsi solo nel finale.

La commedia arriva per la prima volta sui palcoscenici italiani negli anni ‘70, subito dopo l’approvazione della legge sul divorzio, con una magistrale interpretazione di Alberto Lionello e Valeria Valeri, e Luciano Salce dirige la versione cinematografica con l’indimenticabile coppia Tognazzi-Vitti.

Claudio ‘Greg’ Gregori cura questo allestimento, prodotto dalla Compagnia Molière insieme al Teatro Stabile di Verona, con una regia attenta, esaltando il ritmo serrato dell’ottimo testo, minimamente adattato per portarlo ai nostri giorni, evitando cadute nel caricaturale e mantenendo un registro sobrio ancorchè brillante. Dopo il debutto dello scorso anno e forte di una stagione in giro per l’Italia, lo spettacolo è in questi giorni al Teatro Piccinni di Bari, con una decina di repliche previste e grande successo di pubblico.

Il sipario si apre sul salone di una bella casa di campagna del Varesotto, arredata con gusto. Sobria, elegante e sofisticata, la scenografia di Fabiana di Marco racconta di una vita agiata, apparentemente perfetta.

Elementi degli scacchi sono disseminati in alcuni angoli, sottolineati dalle luci di Massimo Gresia, per ricordare, sin dalle prime battute, che qui si gioca una partita virtuale ma tesa e delicatissima. Lisa e Gilberto ne hanno appena finita una, conclusa come sempre dalla vittoria dell’uomo, nonostante la moglie avesse per un momento creduto di avere la meglio (avendogli mangiato la regina). Chiacchierando con tono leggero Gilberto la porta alla confessione del tradimento che già conosce e, a fronte della “rivelazione”, si dimostra addirittura comprensivo e dignitoso nella sconfitta. Nessuna scenata, nessuna recriminazione, ma anzi il nobile desiderio di tutelare in qualche modo la donna dalle maldicenze, proponendole una via di fuga che salvaguardi il suo onore. Inviteranno l’amante di Lisa per il fine settimana, e ci sarà anche la procace segretaria di Gilberto, con la quale lui si farà scoprire a letto dalla governante. La flagranza del reato giustificherà la repentina partenza di Lisa, e farà ricadere sul marito la colpa della rottura del loro legame. Lisa aderisce quasi con gratitudine al piano proposto da Gilberto, che in realtà da quel momento muoverà il suo competitor e la donna come pedine su una ipotetica scacchiera, senza che se ne accorgano. Riuscirà così a screditare l’aristocratico agli occhi di sua moglie e a farla desistere dal suo progetto di fuga.

I due attori protagonisti si muovono sul palcoscenico con grande affiatamento e sinergia. Emilio Solfrizzi, che potrebbe correre il rischio di calcare troppo l’aspetto gigionesco del suo personaggio, mantiene in realtà un registro brillante ma estremamente equilibrato per tutto lo spettacolo. Se da un lato sembra risaltare, anche a motivo della trama, dall’altro si incastra ottimamente con Carlotta Natoli, impegnata in un ruolo apparentemente subalterno ma con una personalità ben definita. Il personaggio di Lisa attraversa infatti tutta una serie di stati emotivi, in un percorso che la porta ad evolvere più degli altri, e dà alla pièce un tocco di eleganza leggera e struggente poesia, che la Natoli sa porgere con estrema naturalezza.

Bravi ed efficaci gli altri attori. Compassato l’antagonista amoroso, Ruben Rigillo, simpaticamente ingenua (ma non troppo) la segretaria di Gilberto, interpretata da Beatrice Schiaffino, puntuale e precisa nei pur brevi interventi Antonella Piccolo nel ruolo della governante.

Dunque un imbattibile giocatore che, da uomo vinto, prende in mano la situazione e con un abile strategia riesce a recuperare il suo matrimonio, del quale improvvisamente scopre il valore (o forse, da incallito giocatore, non può accettare l’idea della sconfitta). Un amante che vede il suo ruolo di iniziale vincitore della contesa sgretolarsi, senza che ci sia una guerra aperta ma grazie ad una raffinata tattica di gioco. Una moglie che sembra avere preso in mano il suo destino, ma che alla fine sceglie liberamente (liberamente?) di restare accanto a suo marito, pur nella consapevolezza dei limiti di questo rapporto di lunga data, pieno di difetti. La danza leggera che chiude la pièce è metafora del loro ritrovarsi, del riconoscersi in fondo più simili di quanto credessero, entrambi ancora disposti a giocarsi la vita in una nuova partita.

Imma Covino

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