Le sorprese spesso vengono fuori da un cappello a falda larga, sotto le sapienti mani di un Signor Mago. E questa ja situazione che abbiamo vissuto al Duke Jazz Club di Bari, con il quartetto di Tom Kirkpatrick, from USA, accompagnato da un trio tutto pugliese, da Taranto al Salento alla Daunia. Alla Batteria il tarantino Alessandro Napolitano, al contrabbasso Giampaolo Laurentaci (nato a Brindisi, cresciuto a Lecce ma ormai stabilitosi a Bari) e alla chitarra il foggiano Antonio Tosques. Un concerto denso di ritmo, verve, blues, che ha riportato il numeroso pubblico indietro nel tempo, in un’atmosfera musicale tipica degli anni sessanta.
Thomas Kirkpatrick è nato a Springfield, Ohio (USA) nel 1954 da una famiglia di musicisti. Il suo primo strumento è stato il pianoforte, ma un precoce interesse per il jazz lo ha portato successivamente allo studio della tromba. Thomas si descrive come “essenzialmente autodidatta”, anche se ha frequentato la Bowling Green State University e la Julliard School Of Music.
Grazie all’incoraggiamento del grande Chet Baker, Thomas decide di trasferirsi a New York nel 1977 tentando la fortuna in una città difficile per il jazz. Ma ancora oggi, dopo quasi cinquant’anni, è considerato uno tra i più importanti musicisti jazz a livello internazionale. Dall’alto dei suoi settant’anni festeggiati in sala al termine del concerto (non appena passata la mezzanotte), dobbiamo prendere atto di uno stile del tutto personale, con una facilità di fraseggio ed un timbro cromatico del tutto cristallino.
Ha lavorato e suonato con alcuni tra i più grandi jazzisti internazionali tra cui Chet Baker, Harold Mabern, Billy Higgins, Lou Donaldson, Charles Davis, Walter Bishop, Max Roach, George Coleman, Clifford Jordan solo per citarne alcuni. Dopo molti anni vissuti a New York, con lunghe tournée in tutto il mondo, si trasferisce per un anno e mezzo in Danimarca, a Copenhagen, dove si è dedicato all’insegnamento. Dopo essere stato referenziato da Billy Higgins al manager Aberto Alberti, Thomas inizia a fare molti concerti in Italia ed in Europa. Si trasferisce successivamente a Ferrara dove conosce la sua attuale moglie e si stabilisce a Bondeno (FE) dove ora lavora e insegna. Ha ha ricevuto una laurea honoris causa dalla Lizst Academy in Ungheria. Sin dalle prime note ha mostrato il suo attaccamento ai grandi musicisti jazz degli anni ‘60, primi tra tutti i trombettisti Kenny Dorham e Lee Morgan. È un rinomato insegnante di tecniche jazz.
Antonio Tosques, dopo i primi debutti su fronti diversi, dal 2000 si dedica completamente al jazz e musica improvvisata, suonando con tantissimi musicisti di fama nazionale e internazionale come Mike Melillo, Fabrizio Bosso, Paolo Birro, Robert Bonisolo, Ernst Rijseger, Luciano Biondini, Daniele Scannapieco, Gianni Lenoci, Max Ionata. E’ fondatore, insieme al pianista Marco Contardi, del gruppo ArtJazz quartet che è risultato fra i tre vincitori del concorso Nazionale di Musica Jazz comune di Baronissi sezione professionisti, con la giuria presieduta da Giovanni Tommaso, classificandosi al secondo posto. Nel giugno 2002 viene selezionato al concorso “Premio Massimo Urbani” e,sempre nello stesso anno, viene selezionato al 4’ Concours International de Soliste de Jazz di Montecarlo dove partecipa e si classifica 3° riscuotendo gli elogi della giuria specializzata. Nell’estate del 2003 vince con l’Artjazz quartet il prestigioso concorso internazionale di jazz ”Barga Jazz” (Toscana) .
Il suo primo disco da leader”Synopsis”nel 2007 porta le note di copertina di Paolo Fresu ed è stato recensito dalla famosa rivista americana “Jazzreview” che ha definito Tosques come uno dei nuovi talenti a livello mondiale. All’attività concertistica ha sempre affiancato la passione per l’insegnamento presso il Conservatorio U.Giordano di Foggia, il Conservatorio di N.Piccinni di Bari, di Potenza, Benevento e di Lecce. Non è la prima volta che i due suonano insieme. A gennaio 2020 Kirkpatrick aveva aperto la rassegna “Prospettive Sonore” presso il Piccolo Teatro di Foggia (sotto la Direzione Artistica di Tosques). Ottima è stata l’intesa tra i due musicisti.
Alessandro Napolitano è un batterista, originario di Taranto, ha vissuto a Roma, Milano e New York. Ha all’attivo numerose esibizioni e registrazioni nel corso della sua carriera professionale, iniziata professionalmente all’età di 20 anni. Tra le sue collaborazioni: Franco Cerri, Giovanni Tommaso, Maurizio Giammarco, Tony Scott, Bob Mintzer, Javier Girotto, Paolo Fresu, Mala Waldron, Robben Ford, Jerry Bergonzi, Fabrizio Bosso, Flavio Boltro, Tiziana Ghiglioni tanti altri. Attivo nella sua città come animatore di un jazz club (Stazione 37). Insegnante di batteria presso l’Accademia dei Due Mari di Taranto e presso il Conservatorio di Matera. L’ultimo lavoro di Alessandro Napolitano & Five Vibes ha il titolo “Everythings is Changing” ed è uscito ad ottobre su tutte le piattaforme digitali (dal 22 dicembre disponibile anche su CD)
Di Giampaolo Laurentaci abbiamo già detto che è salentino di origini ma bsrese di adozione. Molto presente sul palco del Duke Jazz club, abbiamo avuto spesso il piacere di ascoltarlo insieme a tanti musicisti internazionali, nonché componente stabile dell’Orchestra del Pentagramma diretta da Vito Andrea Morra. Ha collaborato con Andrea Sabatino, Peter Bernstain, Max Ionata, Aldo Bagnoni (con il quale ha inciso l’album “The Connection”), Piero Dotti (con il CD Ol’ blue eyes), Roberto Ottaviano, Martin Jacobsen, Scott Hamilton, Jim Rotondi, Andy Watson.
Lo abbiamo ascoltato tante volte, ma l’esibizione con Kirkpatrick è stata a mio avviso straordinaria, con il suo “walking bass”, più volte messo in evidenza dal leader del gruppo, E’ questo un termine con il quale si intende, in relazione al contrabbasso, il tipico accompagnamento jazzistico che prevede la scansione di tutti i quarti della battuta. Questo consiste nella creazione di una linea di contrappunto estemporaneo che segue e spesso definisce l’armonia del brano, mettendone in risalto la ritmica.
Il concerto è scivolato via con un ritmo accattivante, iniziando con “Blue friday”, “Sky blue” e “Blue bossa” di Kenny Dorham, “Go lightley” e “Ceora” di Lee Morgan, o “Yardbird suite” e “Stepplechase” di Charlie Parker, con un immancabile omaggio a suo mentore, con “Bernie’s tune”, un brano inciso da Chet Backer e Gerry Mulligan. Non sono mancati anche brani in cui ha dato sfoggio delle sue capacità canore come “Get out of time” di Cole Porter (definito un genio, matto, ma nessuno come lui), o un brano in stile Las Vegas Show, durante il quale si è anche divertito a far cantare il pubblico. Di certo gli piace scherzare e spimolare reazioni nel pubblico. Ha sempre dialogato in un italiano, non sempre perfetto, invitando uno spettatore della prima fila, sempre pronto a suggerire il termine corretto da utilizzare, a seguirlo in tournee per fargli da traduttore. Straordinario un blues eseguito senza alcuna prova e completamente improvvisato, che ha veramente affascinato tutti.
Anche il bis finale, “There will never be another you” è stato un altro omaggio a Chet Baker, per una versione (anche cantata) incisa nel 1956 e diventata un suo cavallo di battaglia. Davvero una bella serata, con un un quartetto ben strutturato, con un leader un po’ “istrione”, che ha captato l’attenzione del pubblico che prima di andar via, sopraggiunta ormai la mezzanotte, gli ha voluto dedicare un sentito “Happy birthday to you” per i suoi primi settant’anni.
Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro