La Stagione concertistica 2024 della Fondazione Teatro Petruzzelli si è chiusa con un capolavoro scaturito dalle mani di Frank Peter Zimmermann, con il suo il violino Stradivari “Lady Inchiquin”, e di Dmytro Choni con il suo pianoforte

Un concerto evento quello che ha chiuso la Stagione concertistica 2024 della Fondazione Teatro Petruzzelli: sul palco il violinista tedesco Frank Peter Zimmermann, uno dei più grandi virtuosi viventi, e al pianoforte l’ucraino Dmytro Choni, un talento di 31 anni, vincitore di prestigiosi concorsi internazionali come il Van Cliburn.

In programma le Variazioni sul tema del Lied “Trockne Blümen” di Franz Schubert D.802, i Tre poemi per violino e pianoforte, op.30, di Karol Szymanowski Mity, la Sonata n.1, in fa minore, op.120 n.1 (trascrizione dell’autore dall’originale per clarinetto) di Johannes Brahms e di Béla Bartók Sonata n.2, per violino e pianoforte, BB 85, Sz 76.

Zimmermann, l’ex enfant prodige che ha debuttato a soli 16 anni con i Berliner Philarmoniker, ha interpretato Schubert con lirismo, regalando, attraverso l’agile ascesa e discesa delle scale sotto l’archetto, un’esecuzione di autentico romanticismo della composizione originariamente nata per il flauto di Ferdinand Bogner e recentemente in versione per violino e pianoforte ad opera della violinista Jacqueline Ross. Discreto e sapiente il tocco di Choni che ha mirabilmente fuso le vibrazioni martellate delle corde del pianoforte a coda a quelle del violino di Zimmermann.

I tre poemi di Karol Szymanowski Mity hanno riportato in scena le suggestioni del classicismo mitologico in forma di poema dialogato tra pianoforte e violino. Un’interpretazione giocata tra l’impeto emotivo e i pianissimo sussurrati, le note picchiettate, la fluidità del pianoforte e le dissolvenze del violino.

I quattro tempi di Brahms sono stati eseguiti con sentimento e matematica poesia, gestendo musicalmente un piglio deciso e un magistrale cesello del violino.

Il gran finale in due tempi di Béla Bartòk ha rivelato pienamente il talento a quattro mani di questi due musicisti. Esecuzione fedele: agile, puntuale, lirica, un dialogismo teatrale sintonico. La sonata n.2 ha trasformato quel teatro permettendo al pubblico di ascendere verso le alte sfera dell’armonia.

Il plauso del pubblico è esploso al dissolversi dell’ultima nota, tanto da richiamare gli artisti più volte sul palco.

Il bis finale dedicato a Ravel. Impeccabile. 

Un concerto memorabile, degno di gratitudine per bellezza e bravura, merito di un già noto virtuoso e di un pianista di gran talento. Curiosità, non  di poco conto, nelle mani di Zimmermann il violino Antonio Stradivari “Lady Inchiquin” del 1711. Insomma, un capolavoro nel capolavoro.

Alma Tigre

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