Il Festival “Soul Makossa” 2024 si è fatto “Solenne” con il concerto di Carlo Maver nella Chiesa di San Pasquale di Bari

E’ tornata anche per il periodo natalizio del 2024 la rassegna “Soul Makossa” che ha portato la musica d’eccellenza nei quartieri della città di Bari. Dal 10 al 27 dicembre il Festival, organizzato dal Centro Interculturale Abusuan, sotto la sapiente direzione artistica di Koblan Amissah e con il sostegno del Comune di Bari e di Amgas, ha presentato quattro concerti gratuiti, in quattro luoghi di culto in quartieri diversi della città di Bari, dando la precedenza alle periferie, per promuovere il dialogo tra le culture attraverso l’arte e la musica.

Soul Makossa offre uno sguardo particolare nei confronti del “sud del mondo”, portando nei rioni periferici di Bari un’offerta culturale e musicale di altissima qualità: concerti capaci di connettere gli artisti con il loro pubblico, in una dimensione intima e dalla forte carica evocativa. È così che, grazie allo scenario offerto proprio dal luogo di culto, gli artisti sono chiamati ad interloquire, a dialogare e a trovare, insieme, intese inedite. Il titolo della rassegna è preso in prestito da un brano dell’indimenticabile artista camerunense Manu Dibango. La makossa è una musica tipica di quei luoghi, molto ritmata, che ben si sposa con i suoni dell’anima.

Un festival itinerante che, attraverso la scelta di spazi delocalizzati rispetto al centro cittadino, torna a far suonare la musica e ad accendere un riflettore d’arte e cultura nelle periferie cittadine, rinsaldando il dialogo con le comunità di riferimento già intrapreso nel corso delle precedenti edizioni.

Il flautista, bandoneonista e compositore Carlo Maver è stato il protagonista del concerto di sabato 21 dicembre alla Chiesa di San Pasquale, uno dei pochissimi musicisti al mondo ad essere stato allievo del grande bandoneonista argentino Dino Saluzzi, Carlo Maver ha presentato il suo ultimo album dal titolo “Solenne”, registrato dopo cinque anni di silenzio.

Dopo i saluti del parroco della chiesa ospitante, don Dorino Angelillo, e quelli inaspettati della Presidente del Municipio 2, Alessandra Lopez, sin dai primi istanti i numerosi partecipanti al concerto che hanno gremito la chiesa, si sono trovati in un’atmosfera rarefatta, facendo calare il silenzio più profondo. Nella presentazione iniziale, Maver ha sottolineato che tutti i brani eseguiti sono stati scritti da lui, frutto delle sue esperienze e delle sue emozioni, con il desiderio di condividerle con il pubblico. Una musica un po’ particolare e rarefatta, eseguita in perfetta solitudine, sviluppando il concetto che “della musica, la cosa più importante è il silenzio che crea”. E’ una musica che ripercorre i sentieri di montagna, i deserti sconfinati e i posti più sperduti del mondo, alla ricerca di emozioni nuove.

Carlo Maver, cinquant’anni appena compiuti, nasce come flautista. Dopo una collaborazione con Daniele Di Bonaventura rimane affascinato dal bandoneòn, iniziando a suonarlo da autodidatta. Per più di un anno e mezzo ha preso lezioni da Dino Saluzzi, uno dei più grandi bandoneonisti argentini insieme ad Astor Piazzolla. Il suo percorso musicale, che coincide con un percorso fisico nei posti più disparati del mondo (il Kurdistan, il Mali, il deserto del Sahara, l’Uzbekistan, il Turkmenistan, la Turchia, l’Indonesia), lo ha portato, alla fine, a realizzare un album (“Solenne”) solo con il suo bandoneòn ed i suoi flauti, nel quale solo in due brani vede la collaborazione di musicisti del calibro di Paolo Fresu ed il maestro iraniano di kamanche (violino verticale del medioriente) Hesam Inanlou.

La collaborazione con Fresu è iniziata perché Fresu era alla ricerca, per la tournée estiva, di una sostituzione di Daniele Di Bonaventura e durante la quale avevano eseguito insieme il brano “La morte non esiste”, poi riproposto nell’album. Nel pezzo con Hesam “Back then, we also had been”, la voce è quella originale di Ahmad Shamlou, uno dei grandi poeti iraniani, che declama una sua poesia. Un brano è nato durante il Covid. Maver aveva conosciuto Hesam in occasione di alcuni concerti realizzati in Iran. Una volta è capitato di condividere il palco e ne è nata un’amicizia. Durante il lockdown, il brano è stato realizzato incidendo ognuno a casa propria, su una tematica improvvisata.

Con le prime note del bandoneòn, il silenzio è immediatamente sceso nella chiesa gremita. Oltre le note, si poteva avvertire solo il soffio del mantice del suo strumento che si richiudeva per emetterne delle nuove.

Il concerto è iniziato con il brano “Andino Gregoriano”, che apre anche l’album Solenne. Lo sfondo con i mosaici del discusso artista, ex teologo sloveno Marko Ivan Rupnik, con il Cristo che sfonda la tomba ed entra per aprire tutte le tombe, ben si addice alle sonorità prodotte dall’artista bolognese, sia con il bandoneòn che con i flauti (basso e traverso). Di certo il momento più emozionante della serata è stata l’esecuzione di un brano scritto per ricordare la morte della madre, ma è che è divenuto un brano dedicato a tutti i suoi cari e persone vicine non più presenti. Un brano, come ha voluto spiegare, che racchiude tutta l’energia umana che si crea durante il commiato di una persona cara, in un unico punto. Un riferimento anche alla data del concerto (il 21 dicembre) e al solstizio d’inverno, momento in cui le giornate iniziano ad allungarsi e la luce, pian piano, comincia a prendere il sopravvento sulle tenebre. Bis finale con il brano “Repetita juvant”, con la sovrapposizione del flauto basso e il flauto traverso. Il giorno precedente, Maver è stato protagonista di un laboratorio musicale  presso la sede di Abusuan.

Gaetano de Gennaro
Foto di Gaetano de Gennaro

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