E’ stato pubblicato il 21 gennaio “Piperita”, il romanzo d’esordio – edito da Fandango – di Francesco Mila, un giovane romano di 25 anni.
E’ un romanzo di formazione che ci racconta la storia di due fratelli, Lapo ed Emma, del loro padre e della loro madre ingabbiati in un matrimonio sbagliato, che renderà infelici sia i genitori che i figli. E’ il primogenito, Lapo, a raccontare e a raccontarsi, ricordando i luoghi reali della loro vita (Roma, la Calabria, la casa al lago), i rifugi della fantasia, dove poter trovare riparo alle sofferenze, le letture dei Peanuts. Negli occhi del protagonista sembrano accumularsi istantanee di un passato tra cui affiorano anche i momenti più importanti delle esistenze dei due fratelli, dai più piacevoli, come l’amicizia con Amedeo e l’incontro con Greta, di cui Lapo si innamora, a quelli che li hanno segnati in maniera indelebile e feroce, come i tradimenti e le assenze della madre Lucrezia, una donna che non riesce ad insegnare ai propri figli il linguaggio dell’amore perché del tutto assorbita dai divi del cinema che ama, come James Dean, dai film che guarda in maniera
ossessiva, dall’idea di viaggiare e dal sesso extraconiugale, o le liti furiose tra i genitori stessi, in cui viene in primo piano la figura del padre, Gioacchino, un medico che non riesce ad accettare l’idea di separarsi dalla moglie e perciò condanna l‘intera famiglia ad una convivenza forzata, intollerabile e distruttiva per tutti.
Lapo ed Emma si amano come possono amarsi due fratelli infelici e feriti, che trovano il giusto sostegno l’uno nell’altra; purtroppo, però, crescendo, la mancanza di amore che si respira nella loro casa li porta ad allontanarsi e a lasciarsi divorare dall’indifferenza; mentre Lapo vive la sua storia con Greta, con cui scopre le gioie e i tormenti dell’amore e del sesso, Emma si lascia invece consumare dalla bulimia. Ma è proprio l’amore che salva i due fratelli e li fa ritrovare più uniti e più legati che mai, in una rinnovata fisicità, dopo che “una cortina di silenzio, spessa e grigia” li aveva separati. Il giovane vuole tornare a parlare con lei e a comportarsi da fratello, come quando erano piccoli e non avevano fatto ancora i conti con la devastazione del dolore.
“Di lì in avanti avrei preso quel dolore di petto”, decide Lapo alla fine.
Ed è il dolore, infatti, il vero protagonista del romanzo, un dolore così intenso che quasi diventa materico, prendendo forma nei loro corpi, che mandano – ognuno attraverso il proprio linguaggio – segnali di un disagio esistenziale.
Spesso, nella vita, sono proprio le cose di cui facciamo esperienza a farci paura e Lapo ha vissuto l’esperienza dell’abbandono da parte di una madre “distratta”, perciò ne teme il reiterarsi, il replicarsi, ed è spaventato dal rapporto d’amore con Greta, che potrebbe essere causa di nuove terribili, e forse insanabili, sofferenze. Ed ecco, pertanto, che le parole – sotto l’abile penna di Francesco Mila – vibrano di dolore e di rabbia, sentimenti ed emozioni che accompagnano ogni personaggio.
E’ un romanzo che cattura con prepotenza, che fa stare il lettore avvinto alla narrazione, in attesa dell’epilogo. Non può non sorprenderci la maturità espressiva dell’autore, insolita in un giovane della sua età, che in maniera sorprendente riesce a calibrare le sequenze narrative con quelle dialogiche, lasciando meno spazio a quelle riflessive e descrittive. La caratterizzazione dei personaggi avviene, infatti, prevalentemente, attraverso i loro comportamenti e le loro azioni. Il lessico che accompagna la narrazione è equilibrato, non è semplicissimo, è ricercato, ma senza eccessi.
E’ difficile leggere questo romanzo senza sentirsi completamente coinvolti nella storia dei due giovani, senza sperare in un futuro migliore per Lapo ed Emma, un futuro che riesca a restituire loro ciò che la vita gli ha tolto, un futuro che li veda corazzati contro il dolore. Non si può non sperare che ritrovino la capacità di aprirsi alla vita e al suo rumore. Perché, forse, la conseguenza più devastante del dolore è proprio il silenzio, quello che impedisce ai due giovani protagonisti di urlare al mondo la propria rabbia, la propria sofferenza, il proprio malessere.
“Lieve è il dolore che parla. Il grande è muto.” (Seneca)
Ornella Durante
Beh capolavoro di recensione. E’ un libro che devo acquistare per leggerlo e per omaggiare la giovane età del suo brillante autore.