Nadia Nadim aveva undici anni quando suo padre è stato giustiziato a Kabul. Clandestina in un camion destinato all’Inghilterra, una fuga che si conclude in Danimarca, Nadim impara a giocare a calcio nel campo profughi.
Non solo. Nadim si sta specializzando in chirurgia, giocando per il Paris Saint Germain ha vinto il campionato, ed è ambasciatrice per le Nazioni Unite, parlando nove lingue. Grazie a queste sue tre vite, sta portando avanti un progetto volto a introdurre il calcio in tutti i campi profughi del mondo.
Lo sport, così vituperato dai talebani, è un vettore di energia pulita, e non solo, è un importante strumento di riscatto sociale.