Parto subito dicendo che il film di cui sto per parlare, “Nicola, Cozze, Kebab e Coca Cola“, una produzione OzFilm, potrete vederlo eccezionalmente domani, domenica 12 dicembre 2021, al Multicinema Galleria, qui a Bari, alle ore 20 e 45.
Tanto domenica che tenete da fare, avrete bisogno a un certo punto di sottrarvi ai lunghi pomeriggi in famiglia o alla passeggiata in centro tutta assembrata in mezzo alle lucine, ai regali da fare, la gente da salutare (dite la verità, anche voi avete dei sentimenti non proprio ortodossi verso il Natale, come me!?!); quindi prenotate i posti e andate a vedere questo film documentario sul nostro Santo Patrono.
Nostro?
Mica tanto.
Ma andiamo con ordine.
Ho avuto lumi sull’esistenza di questo film ad aprile 2018, anno in cui ho compito 40 anni. Per festeggiare sarei voluta andare a Istanbul, in Turchia, ma in aeroporto a Bologna, al gate, hanno fermato me e il mio trolley dicendomi che il mio documento presentava un piccolo taglio e che Istanbul me la potevo scordare.
Tornando verso casa tra le lacrime e le risate isteriche dissi: vuoi vedere che in una vita precedente sono stata uno dei marinai che sono andati a fregare le ossa a Myra e mò in Turchia non mi vogliono più?
Neanche il tempo di dirlo, apro Facebook e mi salta fuori il trailer di questo film “Nicola, Cozze, Kebab e Coca Cola” e la relativa campagna crowfounding.
Così mi sono appassionata a questo film di Antonio Palumbo, già noto per il suo bellissimo film documentario “Varichina“, ancor prima che fosse finito, ancor prima di sapere quando sarebbe uscito, perché sarebbe dovuto uscire prima, molto prima di dicembre 2021, ma come ben sapete nel frattempo sono successe cose a dir poco stravolgenti a livello mondiale, e quindi eccoci qui: il film è finalmente uscito al cinema, nonostante ci fosse la possibilità di farlo uscire sulle piattaforme streaming.
Ma invece no: questo film merita la visione sul grande schermo, merita il silenzio della sala, merita i 7 euro e 50, merita la nostra totale attenzione e la merita perchè celebra il nostro Santo in modo documentale, appassionato e curioso.
Lo stratagemma narrativo da cui Palumbo parte è dei più consueti e terribili: lui, il regista, si ritrova senza un tema, senza un argomento, senza un’ispirazione. Su cosa farò il prossimo film? Di chi o cosa parlerò? Cos’è che ho voglia di raccontare? Nebbia fitta.
Com’è, come non è, nel suo girovagare nella città vecchia si ritrova nella Basilica di San Nicola e qui viene avvicinato da un vecchietto, un – mai abbastanza compianto – Teodosio Barresi tenerissimo e in stato di grazia in questa parte un po’ grillo parlante, un po’ fantasmino dispettoso, un po’ voce interiore, che gli dice: ehi, tu devi fare un film su San Nicola.
Dopo le prime resistenze, come da perfetto copione del Viaggio dell’Eroe, Palumbo parte alla ricerca di San Nicola: chi è? che ha fatto? perchè è così amato? in quali altri posti lo venerano? come siamo arrivati a Babbo Natale? ma le ossa, quelli di Myra, le rivogliono indietro?
Questo viaggio toccherà la Francia, la Germania, l’Olanda, gli Stati Uniti e, ovviamente, la Turchia, la nazione che ha dato i natali al nostro Santo e in ognuno di questi posti ci saranno studiosi, religiosi, sindaci che racconteranno cosa è San Nicola per le loro comunità, raccontando di riti e feste da far quasi impallidire la nostra.
No, ma non è possibile, San Nicola è il santo nostro che ne capiscono gli altri, è impossibile che lo festeggino meglio di noi.
E invece guardando il film si rimane estasiati davanti alla devozione dei paesi del Nord Europa verso il nostro Nicola, una devozione che si è sedimentata nei secoli dando vita a liturgie che di religioso hanno giusto quel tanto che basta per legittimare feste, luminarie, cortei, giostre e circhi, travestimenti (anche politicamente scorretti, di questi tempi), regali da dare ai bambini, andando anche a intaccare la vera storia del Santo di Myra.
Il Santo che, come spiega uno dei suoi più grandi studiosi, il padre domenicano Gerardo Cioffari, direttore del Centro Studi Nicolaiani della Basilica, conosciamo sia da un punto di vista leggendario che da documenti veri.
San Nicola è la favola e la realtà che si mescolano e danno vita a qualcosa capace di attrarre e affascinare nel profondo le persone, la gente, i popoli interi.
E poi la spiegazione dettagliata, antropologica, su come la figura di San Nicola sia la fonte generativa di quel signore che tutti aspettiamo alla fine dell’anno, quel Babbo Natale, l’americano Santa Claus, vestito di rosso.
Non faccio spoiler.
Il film va assolutamente visto e gustato in ogni suo fotogramma, in ogni sua musica (la colonna sonora è strepitosa), in ogni sua storia raccontata da voci e lingue diverse.
Un film in cui religione, antropologia, agiografia, iconografia, capitalismo, curiosità, voglia di sapere e conoscere si mescolano e ci restituiscono un’immagine del nostro Santo e di noi stessi più completa, più piena.
E – perché no? – un film che ci rende ancora più orgogliosi delle gesta di quei marinai che nel 1087 se ne andarono mare mare dall’altra parte del Mediterraneo a rubare le ossa di colui che ha poi regalato alla nostra città una seconda vita, di cui noi, nel 2021, siamo ancora protagonisti.
Alida Melacarne